giovedì, marzo 01, 2012

Porcamadonna sucida

Tanto per tenere in vita questa pagina dio cagone

martedì, giugno 10, 2008

eroina

è figlia del vento
e della nostalgia
è pioggia è silenzio
è il nuovo messia
non chiede permesso
non vuole pietà
non ha mai paura
non da libertà

lei mi stupiva
lei mi abbracciava

lei è qualcosa
che giulia non sa
ha visto la guerra
in afghanistan
è figlia del mondo
e della povertà
è tregua e perdono
che sogni non ha

lei mi stupiva
lei mi stringeva
lei mi curava
lei mi finiva

domenica, giugno 08, 2008

Mi trovavo sdraiato in baia con una birretta
dall'etichetta strana, sentivo l'umido
sui piedi immersi nella spiaggia, godevo un po' di sera,
da solo. guardavo la sagoma lontana della diga,
più lontana nella mia miopia, pensai alla bellezza che sfamava
di quel posto. qualche ragazzetto infuocato
passava correndo sulla battigia, qualche gatto, poche forme di vita.
immaginai lei in casa dietro la finestra a guardare fuori.
un tempo, pensavo
un'altra nell'ombra a spiare fuori da noi
come quando il vino è sceso nel sangue e scalda e protegge
la natura di buffoni
guardi le crude intenzioni, i vili progetti, sentimenti caduchi
gli umori viola delle vite
quella meccanica costanza dell'amare, del loro bruciare e fallire
scimmie brutte tenetevi in guardia
il pugnale ha due lame e il resto è una ruota
non tocca a noi dividere, pensavo
un tempo ero bravissimo a scrivere frasi a effetto sugli altri
su noi oggi non so dire più nulla.

lunedì, marzo 17, 2008

questo non è nel romanzo, non proprio, è dedicato a tutti quelli che amano commentare la vita altrui, essendo la propria un po' arida.

il mio paese sono gli occhiali da sole alla mattina quando piove, è fabry che si va a prendere quindici caffè prima di mezzogiorno, è la baia, il mio paese è la gente che se ne va via, la gente che dice sestri è una merda, la gente che lo dice e ogni sera è davanti al mille, il mio paese è il mille, sono i cimiteri arrampicati sulle colline, sono le colline pelate e brulle dal fuoco, il mio paese è il primario che anni fa si doveva fare un barbecue in mezzo al bosco, il mio paese è lavorare tutti i giorni, sono i vecchi, sono i milanesi stressati, le milanesi fiche, le milanesi troie, le inglesi distratte che passeggiano nell’aria serena, il mio paese sono le famiglie bigotte e straricche del centro, le ipocrisie benedette dall’altare, i posti barca in baia, gli stronzi che galleggiano in baia, il mio paese sono le ragazzine che prendono il sole ai barconi, le ragazzine sui motorini davanti ai bagniliguria, il mio paese sono le svastiche sgrammaticate sui muri, i bulletti nazi che non sanno quello che fanno, i piccoli cornuti che si sfogano in discoteca, il sabato sera, il mio paese sono gli sbirri che fermano sempre quelli sbagliati, i bravi ragazzi che escono la domenica mattina, il mio paese sono 17 chupiti di vodka-amaretto di saronno, i cartelli stradali assurdi, troppi, le rotonde insensate solo per prendere finanziamenti, i politici brutti, i politici vecchi, la sordità, il mio paese è chi pensa di vivere, chi giudica se la vita degli altri sia più-meno-semi vissuta, il mio paese sono i preti disorientati, le suore azienda, i piccoli drogati, i bambocci che non sanno più amare, i ragazzini marocchini che sanno il genovese, gli ubriachi storici che muoiono ad uno ad uno come alla guerra di troia, gli ubriachi storici che danno il nome a nuovi locali, le serate etiliche, il mio paese è la fogna per strada, i gondoni lanciati dal palco, i vigili urbani che si fanno di coca, il mio paese è un posto dove ci si può annichilire dovunque, dove il sindaco è quasi sempre un dottore, il mio paese sono i comunisti che diventano democristiani, le discariche a cielo aperto, il carruggio pieno di gente alla domenica con un po’ di sole, il carruggio deserto al mercoledì notte, il mio paese siamo noi come lupi, i petardi sulla spiaggia, gli stupri segreti nelle capannette, la violenza dei casermoni vicino alle fabbriche dismesse, il porto di cemento tagliato dalle raffiche di vento, dal mare azzurro, sporco come la periferia, il mio paese è anche bagheriva, il mio paese è di rudy, i locali che chiudono alle 2, lo spumante alle 8 di mattina, la barista che è l’unica che ti vuole bene, la fede che impara e diventa grande, le cabine del telefono sventrate, le case costruite sugli argini del fiume, la scritta "in tutte le direzioni" dietro l’ospedale, il mio paese è una sera di settembre ad aspettare lei fuori dal bar, le serate da piccio, la stefania e la messa dai capuccini, è il frate che prima o poi lo suono perchè con quella vespa mi ha rotto il cazzo, sono i gatti addormentati fuori dal cutter, il mio paese è aspettare la noa, sono quelli di chiavari che vengono a sestri, è la loro puzza sotto il naso, il mio paese sono cinque amiche che fanno il bagno a mezzanotte, è la strada parco che non serve a un cazzo, è janchris che spacca la testa a suo fratello, il mio paese è preparare la maturità in spiaggia, le notti lunghe a sognare di andar via, i mattini grigi a prendere un treno, sere marroni in cui torni sempre a casa, è l’aperitivo la domenica sera, tutti in casa dopo, col cuore agitato, il mio paese comes on just like special key, è il prazepam, è l’elopram per due settimane, il mio paese è pieno di avvocati, è l’ipocrisia, sono le archittetture di villani, i pompini a renà, le scopate sulla selva, le feste sulla selva, il mio paese sono le stagnole bruciate nascoste nel caffè, ale che è diventato grande nonostante tutto, la chiara che è tanto buona, le risse davanti al balin, gli abusi, il nepotismo, le chiese in cemento armato, il mio paese è quel che è rimasto di via della pergola, è la croce arrugginita della seau, il precipizio sulla cima della mandrella, è la corsica che vedi da sant’anna, è il peso di esserci sempre tutti i giorni, il mio paese è la droga per dimenticare qualcuno o qualcosa, sono i funerali di chi è andato troppo presto, è il bambino appena nato al mio compagno delle elementari, è la bambina di cui ero innamorato incinta di sei mesi, erano gli occhi di F., il mio paese è pieno di bamba, sono le scritte di carolina sulle panchine, è l’ape su cui portavamo la rumenta all’ecocentro, i coltelli nella tasca, il fucile in cucina, il mio paese è lasciarsi in un vicolo che puzza di piscio, sono le risate della emma della vale e della vai, è la poesia che mi ha scritto la ila, è l’overflash, è aver paura di parlare di eroina, di morte, di politica, di domani.
il mio paese è la condanna e la cura, le madonnette in carruggio, i muri picchiati e le mani rotte. il mio paese puzza di merda.

ieri sono andato a genova e oggi lavoro fino alle sette. domani è festa e sarò solo come un cane.

domenica, gennaio 27, 2008

i bambini prima o poi si annusano

mi svegliai con le labbra appiccicose, sapevo di cioccolato, laura non c'era. mi aveva spalmato, credo, della nutella in faccia prima di andarsene. L'appartamento era silenzioso, in cucina la finestra era aperta e faceva freddo. Un bel po' di caffè sul pavimento, capì che quell'handicappata aveva trafficato. a un tratto si aprì la porticina del mobile dove tenevamo la spazzatura, uno strabordante sacco si rovesciò sul pavimento. bestemmiai. ero distrutto dal viaggio e con le poche forze misi un minimo di ordine. dopo un'ora c'era ancora troppo casino, io intanto ero vestito, mi lasciai la porta alle spalle e andai in centro.

Incontrai Lore al bar, stava parlando con Maria. Erano preoccupati per Tano, da giorni non si faceva vivo nè andava al lavoro. lei lo aveva sentito il giorno prima ma al telefono lui aveva fatto un complicato discorso sulla salvezza dell'anima, voleva convertirsi, diceva.
- non c'è da preoccuparsi, è normale che ogni tanto gli vengano delle paranoie, con tutto quello che si fa.
- in sti giorni è anche uscito lo strozzino, non lo tengono più in galera.
- dite che si è inquietato per questo?
- no credo che il problema sia che lo hanno beccato mentre faceva passare un chilum di bocca in bocca a dei pazienti della casa di riposo
- si a volte fa così.. lo hanno licenziato?
- no, ma lo hanno detto a suo padre..
- ah.

in quei giorni la televisione e i giornali facevano un gran parlare dei trentenni che non riescono a staccarsi dal nucleo familiare, tromboni psicologi con le pezze al culo si affacciavano a spiegarmi che in fondo ero io che non mi sbattevo, che la vita è piena di opportunità e di lavoro. vaffanculo pensavo. lavoravo sempre, mi sembrava, anche quando non lo facevo. e non era un brutto lavoro, conoscevo gente strana ogni sera, era freddo, e con un bicchiere di roba forte chiunque era pronto ad aprirsi un po'. Laura tornò a milano, ci lasciammo in stazione, era stupido, molto da fidanzati, ma quella volta mi venne così. prima di partire aveva fatto pace con nora. Lei rimaneva, cominciai a cercarla spesso. e più la cercava più si allontanava e io mi intestardivo. nelle mie sbronze patetiche la incolpavo di qualunque cosa. persino di come era finita con Anna. nulla era vero, ma non capivo, non capivo proprio allora.

Un giorno, ricordo, stavo pulendo il cesso, salivano su pezzi di sbocco e smarroni ovunque, suonarono la porta. Lore si era sciolto le chiavi a casa, era la seconda volta a distanza di poche ore, mi disse:
- hanno legato Grossi
- ma chi? giuse? feci io, e un po' ghignavo.
- si, l'hanno beccato davanti al caffè, con un kilo di coca sotto il sedile, mi ha detto Gio che se fanno la perquisa a casa in tempo ci trovano anche delle armi quei figli di puttana.
- mi fotte il cazzo, quella carogna merita ogni disgrazia che gli capita
- già, lo sai che mi deve ancora quei 200 euro?
- a me ne deve 100
- canterà? perchè è questo che mi preoccupa, il bastardo farà di tutto per uscirne il prima possibile, è merda, capisci? è merda davvero stavolta..
Grossi aveva 28 o 29 anni, lo ricordo alle medie, era un cazzettino, balbettava, era timido, ma quando si era in gruppo a fare le canaglie era sempre il più feroce. Coi deboli con le tipe. Crescendo si era sbrogliato, aveva iniziato a spacciare a ragioneria, alle superiori. nei cessi. si fece un nome in breve, ma come spesso accade, gli diede alla testa e incominciò ad esagerare. gli piaceva un sacco la figa e le auto. tirava storiacce di hashish da 3 4 kili a botta, i suoi erano ricchi e i nonni ogni settimana lo investivano di soldoni che lui reinvestiva negli affari suoi. Poi si rese conto che non gli bastava e incominciò con la coca, all'inizio per farci le iene per lui poi sempre di più per le amichette. E anche in questo era un figlio di puttana, non si dava regole con nessuna, e in vero, non guardava proprio in faccia nessuno, neanche chi conosceva dall'asilo.
un giorno, anni prima, avevamo fatto un acquisto in gruppo e gli avevamo dato i soldi, in anticipo, come spesso si fa. Sparì per delle ore. ma continuava a rispondere al telefono, a dire che arrivava. il giorno dopo qualcuno lo vide uscire presto dalla caserma dei caramba, verso le sette, bianco in volto come un morto. fatto sta che della droga non ne vedemmo l'ombra, dopo due giorni legarono Tano dopo una perquisa a sorpresa di due in borghese, gli trovarono addosso qualche canna ed andò a finir bene. ma ne arrestarono altri in quei giorni, non per tutti fu così facile. era chiaro che Grossi aveva fatto l'infame. e per non so quale fortunata coincidenza riuscì anche a scampare vendette, ma quando si rese conto della mala aria scomparve per un annetto. In alaska dissero, dissero che era andato a lavorare per conto di una ditta petrolifera italiana, grazie al padre, come interprete. Quando tornò non era certo pulito dal marchio di spia, ma aveva fatto una certa esperienza e si mise a girare con un riccastro fascista con villa sulla baia. un figlio di puttana di prima categoria per cui organizzava festini a base di figa e coca. tutte le fichette del paese prima o poi sono passate di lì, magari a far niente, ma ci sono passate.

ci pensammo un po', ma presto l'argomento decadde, non era un giorno normale quello, cercai Nora quel giorno, ma non la trovai e aveva il telefono staccato. a sera mi presentai al bar un po' prima, un caffè, non mi accorsi subito che c'era il brigadiere, quello della caserma, più in là verso la cassa. non era in divisa. era un uomo semplice adesso, era il papà di Silvia, una compagna di elementari di mia cugina. mi sorrise e ricambiai il saluto, aveva gli occhi scavati dalla vecchiaia e da brutti pensieri, azzuri e freddi su un volto duromagro squadrato. Presi il caffè e andai fuori ad appizzare una marlboro, c'era vento e la fiamma non reggeva, arrivo una mano ad aiutarmi, poi mi chiese da accendere a sua volta.
- ha letto il giornale? mi disse dopo la prima boccata.
- si signore, beh, mi hanno raccontato
- lei sa per cosa
- il giornale parla di cocaina
- il giornale non dice tutto
- i giornali non dicono mai tutto, come le persone, non è così? lei col suo lavoro, dovrebbe saperlo.
- c'è sempre, in effetti, una parte di verità che viene preservata. protetta. una parte che si ritiene di non dover dire
- la verità è una cosa che va capita oltre che ascoltata, signore, io credo che si ha paura di questo. dire la verità non basta, bisogna farla capire.
l'uomo mi guardò, c'era altro, ma dovevo andare a lavorare, e non avevo voglia di ascoltare il resto. glielo dissi, che dovevo attaccare
- è bello comunque ogni tanto fare filosofia, ora mi scusi.
- certo certo, si trattenne un secondo, ma mentre mi voltavo aggiunse, era uno degli ultimi numeri che ha chiamato, e non era un caso..
- cosa sta dicendo?
- dico che la ragazza morta, chiamò prima questo bar e poi subito dopo il grossi. poi non ci sono più chiamate, se non una ricevuta. l'indagine è chiusa su quella storia, ma è un po' che le volevo parlare di questo.
- non ho niente da dire signore, dissi e questa volta andai dritto in cucina a mollare la roba, quando uscii di nuovo, il brigadiere non era più lì.

Arrivò la mezzanotte, e dire che non era proprio un giorno normale, il 22 novembre. era il compleanno di jake, ricordo che pensai a lungo a questo mentre sbrigavo le ultime cose, che comunque chiudemmo presto perchè non c'era gente. superai le ultime indecisioni, alle due andai in autogrill, mi fioccinai una bottiglia di vodka e tornai a casa. Lore non c'era, mi misi in mutande sul divano a scolarmi a poco a poco la vodka, c'era un programma con delle fighe diplastica in tele, una cosa squallida, mi addormentai rapido. e feci un altro sogno strano.

Ero sul crinale di una collina, salivo, ero io, sulla cima potevo vedere una specie di baracca, con una finestra illuminata. io salivo l'erba era alta, molto alta e io potevo essere un bambino, sono arrivato alla finestra e guardato dentro. Dentro c'era il tipo, il grossi, legato come un capro, come un cadavere che avevo visto qualche sera prima tardi in uno speciale sulla mafia, era tutto sporco di sangue e vomitava roba bianca. io ero felice, e feci per entrare dentro. Ma qualcosa mi svegliò uno schianto improvviso, forse lore che era rientrato, stavo dormendo, pensai, richiusi gli occhi ed ero in camera mia, dai miei, ma questo non era proprio un sogno erano ricordi, sentivo dei passi. era una mattina di qualche anno prima. jake era uscito per andare a lavorare, credevo di essere solo in casa, ma c'era lei. io mi alzai. Stava iniziando di nuovo l'estate, la luce filtrava dalle persiane, irradiava di verde la stanza, sentivo i suoi passi nudi, sul pavimento, lei doveva sentire me. Non volevo vederla, da sempre la mal sopportavo, quando era in casa mi dava fastidio, odiavo il fatto che jake fosse cambiato, ed era cambiato per lei. io davvero non capivo.

era in camera di mia madre, davanti allo specchio, provava sul collo come le stava una vecchia collana, un ciondolo di ferro a forma di cuore, che la madre di mia madre le aveva regalato quando era piccola. una delle poche cose che erano scampate quando avevano rapinato casa, anni prima. Giulia aveva i capelli corti allora. stavo sulla porta e a guardavo da lì. improvvisamente lei mi vide nello specchio, arrossì ma non si girò, continuò a guardarmi lì.
toccava il cuoricino metallico, come a carezzarlo,
- jake mi ha raccontato di questo. voleva regalarmelo, ma gli ho detto di no
mi sorrise. era un po' donna e un po' bambina. e forse fu che vidi la bambina.
- in fondo, in fondo credo non ci sia niente di male
- allora parli?
- ogni tanto si.
non le rivolgevo mai la parola, quasi sempre neanche la salutavo, io non approvavo. ricordo che feci un passo dentro, lei si girò e mi venne leggermente incontro, adesso la potevo vedere ancora con gli occhi spalancati a chiedermi
- perchè mi odi Ale?
- io, dissi, io non ti odio.

giovedì, dicembre 13, 2007

L'amore secondo Laura

Quando tornammo, molte cose erano cambiate, anche se era passata solo una settimana. era stata una roba intensa vissuta in apprensione, con lo spirito di avventura.

Ci fermammo all'andata, appena dopo il brennero, ad un'ora assurda del mattino con un freddo pazzesco. La macchina era un ghiacciaio involontario, i parabrezza si erano bloccati contemporaneamente, uscivano strani fumi dalla macchina e Laura ci torturava il cervello ballando e cantando senza posa. Fino a quel punto avevamo bevuto e fumato per sostenerci, avevo attaccato io a guidare, poi verso trento, malgrado la nostra femmina volesse essere protagonista, il volante era passato a Lore. Aveva voluto fermarsi lui, non ce la faceva più voleva dormire. Laura mi chiese di fare una passeggiata fuori.
- sono le cinque del mattino
- e beh?
- siamo in autostrada
- si ma non c'è nessuno, facciamo un giretto, magari vediamo degli animaletti.
era fatta così, ragionava apparentemente come una bambina con voglie assurde. Era brutto contrariarla, però, in fondo, se ero partito era anche per lei. Lei non mi faceva pensare, ovvero uno era sempre preoccupato di vedere che cazzo faceva per evitare che combinasse casini, per pensare a se stesso e alle proprie magagne. stavamo camminando da un po' quando disse:
- non era un racconto o qualcosa del genere ciò che ho letto?
- in un certo senso, ogni vita è un racconto
- ok, ok, ma questo racconto è il tuo?
- direi di si.
- tuo fratello?
- si.
- anche io ho rischiato di perdere Isa. a volte l'ho anche desiderato.. sai lei prima dell'incidente, era la ma dea. poi sono cresciuta.. ma prima era tutto ciò che volevo essere io.
- quindi è cambiata?
- certo, e anche tanto, stringimi che ho freddo.
- Laura sei idiota sei tu che hai voluto uscire cazzo. aspetta andiamo a prendere la bottiglia di vodka in macchina.
Ci sedemmo quindi sul guardrail stretti come piccioncini, a covare la nostra bottiglia che progressivamente finiva. Laura beveva forte da quando mi conosceva. Beveva forte e beveva liscio. Bere liscio è il modo per un alcolizzato di sopravvivvere i primi tempi ai pericoli dell'inflazione, è la prima cosa che impari lavorando in un bar. Nulla fa più effetto che un superalcolico liscio. Una cosa tipo bogart in casablanca.
- è morto così? è morto come dici nel racconto?
- più o meno. una volta ne avevamo parlato, sai prima stavamo spesso insieme, ho imparato con lui a suonare, per quanto fosse più bravo di me. guardavamo un sacco di film, leggevamo le cose e ce le passavamo. L'immaginario era quello. la nostra bella morte era un po' quella lì. Per ammazzarsi non ha senso soffrire, se te ne vai non ha senso provare ancora dolore.
- questo è abbastanza giusto, ma cosa c'entrano quelle righette bianche che hai sui polsi?
guardai le mie righette bianche sui polsi, il freddo o la luna davano un colore argentato, si vedevano bene, anche se erano cose di tanto tempo fa.
- beh, niente credo, niente con tutto questo.
- anche Isa ci ha provato. quando le hanno detto delle gambe. L'ho trovata io, all'ospedale hanno detto che c'era quasi riuscita.
Mi ricordai qualcosa di quello che mi aveva detto Isa, non avevo mai scandagliato bene l'argomento, le chiesi
- e Marco? chi era sto Marco?
- Marco?
- ah ha
- di questo non voglo parlare, te la senti di guidare?
- uhm
- ti permetto anche di ascoltare la tua musica orrenda e infausta.
Era una buona ragione per troncare l'argomento, avevo voglia di qualcosa di veramente cupo. Volume 8. Spostammo Lore dietro, lei si mise davanti e partimmo. Quando partì Nancy, traccia n°3, Laura già dormiva, io la guardai al mio fianco rannicchiata, lei così bella, come un bambino piccino. Laura come Nancy pensai, cosa cercano in tutto questo. La cattiva strada scorreva sotto di noi, avevamo anche pippato, ero sveglio, la situazione era sotto controllo.

Accaddero diverse cose durate il nostro soggiorno a monaco, innanzittutto non riuscii a trovare il mio amico felice, salvo l'ultimo giorno appena prima di partire. ci risolvemmo per le prime tre notti a dormire in macchina dopo sfilze molteplici di piombe da paura. in tutto questo Laura puntava i tipi esattamente come se stesse in giro con Nora. Selezionava all'interno dei locali, poi si muoveva e cacciava. Una volta trovò pure per Lore, i tipi erano fratello e sorella. Non li vidi per un'oretta, poi dato che reggevo più di tutti e due mi venivano a cercare. io nel frattempo mi ero riuscito a far salire una forma particolarmente interessante di depressione, la tristezza riflessiva, osservatrice. E infatti scrivevo ovunque mi trovavo, prendevo appunti, scarabocchiavo poesie, e guardavo la figa tedesca. Mentre ero occupato in quest'ultima operazione riconobbi una ragazza di L. che sperduta nella folla del baraccone dove stavamo, mi stava osservando da qualche tempo.
Si avvicina,
- sei di L.? mi fa. La guardo meglio e con distacco, in altri tempi avrei detto che è un mezzocesso, un po' sovrappeso, ma ero coerente, per quanto bella sono andato con una paralitica. sono cose che ti segnano, inoltre sono abbastanza ubriaco in quel momento, ha un buon viso da mamma. Non mi accorsi immediatamente dell'unico suo vero difetto, è logorroica.
- come, come ti chiami? mi sembra di averti già visto..
- ma si! tu fai il barista da umbe, vengo sempre..
questo è un pessimo segnale, siamo soliti monitorare tutte le tipe che entrano in quel fottuto locale, se mi è sfuggita era proprio al di sotto della media consentita. Poi scopro che ha circa l'età d Laura, forse qualche anno in più. E' molto ricca, lo capisco da diversi particolari, ed è molto gentile perchè rendendosi conto delle mie evidenti difficoltà si spinge a prendermi una media, che si rivela essere una roba da litro. Non mi fa più paura nulla. Il suo secondo difetto più grave è che beve poco. Ci mettiamo a parlare della sua vita sentimentale. E' una frana sotto ogni profilo, ha una cotta per un povero deficiente che da quello che lei mi racconta la prende solo per il culo, ma lei è stata abbastanza furba da non dargliela ancora, questo è l'unica ragione per cui il povero stronzo, un frustrato laureando in ingegneria la cerca ancora.
- E così mi aveva detto che veniva a monaco, io ho convinto un paio di mie amiche e siamo arrivate su, ma lui non c'è, è rimasto a Milano c'era una partita importante dell'inter.
Già, sto pensando, gioca con la reggina e vincerà tipo sei sette a zero. Povera, povera..
- Comunque mi chiamo Veronica, mi tende la mano e sorride. Penso che il tipo per cui è persa sia un povero deficiente, nel mentre ho avuto anche la possibilità di vederne una fotografia, è un bidè pelato, un saccente bidé pelato. Ok lei non è una dea, ma questo suo sorriso che le vedo ora, nasconde una quantità d'amore industriale, si sente. Veronica si darebbe fuoco per farlo felice. Lui, dice lei, è sempre depresso, fa il bel tenebroso su internet, scimmiotta i cantanti che ascolta, scimmiotta qualunque cosa. non ha una sua anima. Immediatamente scuso anche lui, sono sbronzo, e penso che per quanto nullo sia ciò che questo cristo prova, non è colpa sua, come tutti loro che sono più piccoli di me, è venuto su in un periodo di merda, sogni pochi e realtà men che meno. la plastica non è realtà, è un contenitore, la realtà non ce la fanno più vedere.
Arrivò laura. La cosa fu imbarazzante, aveva le scarpe sporche di sbocco e sghignazzava ampliamente, ma si tirò una specie di scenata di gelosia, poi fece amicizia con Veronica. Veronica, e come poteva non esserlo, fu letteralmente travolta da Lei, che si fece raccontare tutto, e trovò la soluzione.
- adesso, disse Laura con voce malferma, ce li facciamo tutti quelli che ci piacciono!
Scomparvero per diverse ore.

il penultimo giorno mi chiamò Nora, mi cercava, aveva bisogno di me, mi venne un groppo in gola, fu allora che laura si infuriò. Non capiva perchè dovevo ancora cagarla, è bella rispondevo io, e lei si incazzava di più. Veronica venne con noi al ritorno, io becciai una amica di una sua amica e mi considerai soddisfatto dell'impresa. Ma in fondo il nuovo acquisto era un animale buono, e non era così male. Scherazava con Lore ubriaco, la cosa mi fece piacere, in quel periodo gli dovevano confermare il contratto in albergo, non fosse accaduto, avrebbe continuato a lavorare in fabbrica, dove c'era anche suo padre. Ne avevamo già parlato era una cosa inevitabile. L'affitto era una persecuzione

Raggiungemmo L. a sera a tardi, Laura e veronica vennero a dormire da noi. Laura dormì con me, era strana, stanca e bellissima. Si accasciò e sotto le coperte cercò la mia mano. la strinsi. Le dissi di raccontarmi tutto, tutto cosa? fece lei, tutto di te le dissi io.
- e da dove comincio? mi chiese cominciando a ridere.
- da quando eri bambina, tutto eh, vogliamo sapere l'amore secondo Laura.
- Ma Laura lo sai, non ci crede a ste cazzate.
- beh, hai ragione, un pensiero cupo mi attraversò la testa, e chi ci crede cosa è disposto a fare per ste cazzate?
Ma Laura iniziò lo stesso a parlare del bambino Giorgio che la aspettava sulla spiaggia, di lei che era goffa e non capiva niente. Del primo bacio rubato in terza media, delle molestie ormonali dei suoi compagni di classe, di tutto insomma. E io le stringevo la mano e così mi addormentai.

lunedì, novembre 19, 2007

donne

in quel periodo cominciai a pensare che fumavo troppe canne a ogni ora del giorno. e la specificità della canna mi rincoglioniva completamente. Non ero praticamente mai lucido veramente, mi trovavo in un confine fatto di reazioni esagitate un continuo susseguirsi di crisi di panico nei momenti concitati, e un caldo e rilassante lungo sonno in tutto il resto del tempo. Cioè mentre vivevo. fumavo troppo punto, avevo sempre il catarro e questo non facilitava le cose. Quando ero ubriaco pensavo a Nora, quando ero molto ubriaco pensavo a Anna e tutte le mie sventure, quando ero in preda a dei postumi finivo in qualche modo da Isa. Lei mi riceveva più o meno sempre, non era più o meno successo niente tra noi, ma c'era l'intimità. E poi con lei il tempo mi passava bene, ascoltavamo musica, bevevamo il vino della cantina dei suoi, e ci godevamo la vista dal suo fottuto solaio liberty. Dopo un paio di volte che andavo cominciai a portarmi dietro il prizzo. lei era riluttante perchè non aveva mai provato, ma io cominciai a prenderla per il culo, sempre più pesantemente e infine fumò. Le prime volte poco, con parsimonia, direi prudenza. Poi una sera, arrivai con Lore e il nostro amico Aldo. Aldo è un chilum che abbiamo racattato in qualche festival alternativo in qualche parte d'italia. un tempo alla spiaggia di notte c'era tutta una popolazione di chilum e tubi leggendari, ognuno battezzato. Qualcuno si ingegnò persino a costruirseli da solo con il forno della mamma, ma questa è un'altra storia.
- questo lo devi provare le dissi
- dai disse lei, non più incerta. erano passati i primi cattolici timori. E' stupido ma è sempre bello svezzare della gente. E' perverso forse per la maggiorparte delle persone, ma tanto non capiscono un cazzo.
- allora, appoggi la bocca al tubo e fai un tirone inspirando poi stacchi senza smettere di inspirare e continui a mandare giù aria finchè puoi.
Lo fece e diventò rossa. Il chilum salì in breve, ed era una bella mina. Lore ci abbandonò per andare a bere, era agitato, aveva voglia di figa. Un po' mi rimproverava Isa e anzi non riusciva a capire la faccenda con Nora.

La verità è che non riusciva più a capirmi con le donne, e in effetti le cose stavano cambiando. Mi era sempre piaciuto avere amiche femmine, ero naturalmente incline a questo, ma ultimamente trovavo che le femmine fossero decisamente più sensibili, così incosciamente mi rivolgevo a loro, se stavo male. in fondo ero alla perenne ricerca di una qualche cura.
Lore questo non lo capiva, forse a volte si sentiva defraudato. Se io bevevo di più, lui beveva sempre di più. E sempre più spesso svariava le serate. Occasioni non ce ne sono se sei alla disperata ricerca di qualcosa. e così era per lui. Si vestiva più elegante però, ero cambiato per quello.

La sera del chilum dormii a casa di Isa. Lei era già bella stuonata all'una. La caricai in braccio. la misi in letto, e senza pensar troppo stetti lì per un po' a guardarmi intorno, nella sua stanza. Vedere la sua vita. Alcune parti della camera erano perfettamente ordinate altre erano in stato confusionale completo. Trovai delle mutandine in mezzo a dei quaderni dell'università. E mi chiesi come faceva a cambiarsi le mutande. Per quanto ne sapevo, salvo quando c'era Nora, era sola in casa. Pensai in effetti come faceva a fare tutto. Poi trovai delle fotografie di quando era piccola, di lei e laura insieme da bambine. Le guardai delle ore tutte le foto. Isa prima dell'incidente era una dea dorata. poi si era tagliata i capelli e la non c'era più una posa eretta. Laura ora assomigliava parecchio a lei pima. Laura la sentivo ogni tanto, mi parlava di qualunque cazzata le succedesse, mi chiedeva consigli, ogni tanto mi diceva di salutarle la fidanzatina, che era nora. Di quello non mi chiedeva mai nulla, anche se penso che sospettasse qualcosa nel periodo in cui ci vedevamo.
fatto sta che quella sera andai sul solaio e, preso un quaderno di chimica poco utilizzato e una penna, mi misi a scrivere. Scrissi un casino, come fossi in trance, scrissi di come era morto mio fratello, scrissi di quello che penso provasse, lo spirito era lo stesso di quando a inizio estate ritornato al paese mi cacciavo in acqua di notte e speravo di rimanerci. Di solito scrivevo solo poesie o canzoni, erano robe saltuarie, che facevano parte del personaggio. Era la prima volta che scrivevo così tanto.

Una sera, alcuni giorni dopo venne da me Nora. Era vestita di tutto punto, autunnale, si era fatta la frangetta, aveva fatto i capelli rossi, dei grandi orecchini. Le aprì la porta e lei si stava fumando una sigaretta nel corridoio. era ora di cena le chiesi se aveva fame.
- Non so, non vorrei..
- faccio due spaghetti per me
- no, beh stai tranquillo, mi disse, io non mangio. si sistemò sul divano e continuò a fumare. Era entrata sgusciando da me, e adesso mentre mettevo su l'acqua guardava distrattamente la televisione.
- Beh, le chiesi, che c'è? perchè sei qui?
facevo finta di nulla, ma ero vagamente emozionato, presi del vino da versare nel soffritto, e me ne sgolai discretamente una certa quantità prima di rimetterlo in frigo. Lei mi guardava e taceva probabilmente cercava le parole. Una pecie di interrogazione doveva essere. Se ne accese un'altra e dopo il primo sbuffo, mi disse
- Mi sono appena lasciata col tipo, non sapevo dove andare, non conosco nessuno, sono venuta qui.
- Potevi andare da Isa
- isa non c'è è andata a prendere Laura in aeroporto.
- Lo hai lasciato tu?
- si
ma non disse altro e io capii che mentiva, ma continuai a fare da mangiare. Lei prendeva delle forchettate dal mio piatto. finimmo a dormire abbracciati, senza parlare, dopo un po' di televisione e parecchie canne, le avevo detto che in casa si poteva fumare solo quello. che se no le sigarette gliele ficcavo nel culo.

Se ne andò prima che mi svegliassi, avevo sentito un bacio, ma non ricordo bene. Mi scoppiai le ultime riserve di un fumo robboso che lasciava gli arti pressochè inerti per delle ore. Non avevo un umore particolarmente triste, ma non avevo troppa voglia di pensare complicato e così mi risolsi a stuonarmi. Poi uscì e beccai Lore che veniva a casa, stavo fumando, lui venne con me. Mentre passeggiavamo verso il centro gli parlai della storia che ci drogavamo troppo.
- ma che cazzo dici?
- no è che veramente forse stiamo un po' esagerando.
- è un fatto, si ma alla fine
- che?
- che io c'ho voglia di drogarmi? capisci? si mise a sghignazzare e io lo capivo benissimo. Non c'erano molte alternative, al ridere dico.

Vidi laura che spuntava da un carruggetto laterale. si fermò mi guardò e corse verso di me. Io, mi si allargò il sorriso, la presi tra le braccia come se fosse qualcosa di prezioso ritrovato improvvisamente, mi staccai la guardai fissa negli occhi e per la prima volta una specie di velo, come di pianto a lato degli occhioni azzurri. Sempre felici, vibranti li avevo visti. Siamo stati abbracciati poi tanto. Bevemmo spumante per festeggiare, ci perdemmo in tanti discorsi e cazzate. Le parlai di Isa, di Nora. Mi chiese poi della ragaza morta com'era la storia.
- I giornali hanno scritto che era morta di overdose, non c'era scritto di cosa. Penso fosse robba però, e questo lo dico io
- la conoscevi tu?
- era stata la ragazza di mio fratello, qualche anno fa.
- tu hai un fratello?
- si, dissi, jake, giacomo insomma.
Eravamo già usciti dal bar da un po', stavamo camminando perdendoci in una serata freddina. Era vestita da viaggio con le scarpette da ginnastica mezze sfasciate.
- Non me ne hai mai parlato, dov'è ? perchè non l'ho ancora molestato?
- perchè, perchè non c'è più laura
Accesi una marlboro e nel farlo mi staccai da lei, lei mi guardò, sembrava come ferita e vidi ancora nei suoi occhi quella specie di macchia di prima. Ficcai la mano libera in tasca e le porsi il braccio perchè si attaccasse di nuovo. Si strinse e cominciammo a camminare. Mi parlò dei viaggi su e giù per l'italia, delle scappatelle, dei tanti maschietti senza nome, delle ubriacature rancide. Aveva costretto uno dei suoi pischelli a rubarle un peluche in un autogrill vicino a modena. Poi ci era andata, credo in una piazzola di sosta, quindi usciti dall'autostrada e giunti nel locale di arrivo lo aveva scaricato. il peluche lo aveva ancora da qualche parte.

Arrivammo sul lungo molo del porto, faceva freddo. A me faceva ridere che sembravamo fidanzati. La sbirciavo ogni tanto e mi dicevo che era troppo bella, faceva davvero ridere che girasse con un tossico come me. Quando fummo in cima e davanti a noi solo il mare scuro e le nuvole, dissi
- se ci stai partiamo per monaco, ci sono dei miei amici, andiamo all'october fest
- quando?
- domani dopodomani, anche ora se vuoi
- anche ora, disse, mi trascinò indietro, il tempo di fare uno zainetto, disse.
la guardai andare davanti a me, mentre camminava lieve, era una cosa che mi distraeva dal resto, pensavo che questa cosa strana era la vita. Il vento cominciò ad alzarsi, ed era maledettamente freddo.

ci mettemmo d'accordo, lei sarebbe venuta a casa mia, già pronta. Lore era dentro quando arrivai io, gli dissi tutto, mi chiese se poteva venire, era ovvio.
- portiamo il prizzo
- si, tanto non ce ne sarà più prima della frontiera..
- già.. tu non eri così, quella tipa di fa impazzire, mi disse, di chi è stata l'idea?
- beh mia, mia, ma lei è una pronta a tutto, così ho detto, se lei viene partiamo..
- ma tu hai intenzioni?..
lasciai cadere la domanda, ora volevo solo lavarmi, ero agitato, e non si trattava di droghe, forse era semplicemente il fatto di viaggiare, ma era un po' che non mi sentivo in qualche modo veramente felice. Laura arrivò mentre ero sotto, quando uscii la trovai stesa sul letto a leggere le cose che avevo scritto sul quaderno di sua sorella. quando si rese conto di me chiuse, si alzò, mi tirò un pugno all'altezza dello sterno e poi cominciò a molestarmi in modo divertito. La cosa si esaurì momentaneamente, quando la macchina, la vecchia e sfasciata macchina che avevamo, si accese.

sabato, novembre 10, 2007

la fine dell'estate

Dopo che, passarono i giorni, finiva l'estate. So che è una cosa che accadeva tutti gli anni, ma quell'anno sembrava un'emozione più forte del normale, lo so è stupido, ma era una di quelle occasioni in cui mi capitava di riflettere sulla vita in generale, sul mio fallimento come progetto umano (dei miei genitori perlomeno). Forse era semplicemente che mi drogavo come un dannato e bevevo come se fossi già all'inferno. Diciamo che mi preparavo la strada. Nora si vedeva sempre più con facilità con i tipi fighetti della sua età o poco più, stavamo insieme solo quando mi picchiava improvvisamente a casa, mi svegliava e ci prendevamo, finchè potevamo. Dopo un po' cambiò anche lavoro e ci vedevamo ancora meno, viveva con isa. un giorno andammo a prendere un aperitivo nel bar che dava sulla spiaggia, era pieno di gente e all'inizio non mi accorsi che c'era anche un tipo che avevo visto con lei sulla spiaggia. Quel giorno, poche ore prima, avevo incontrato per caso al caffè della stazione un vecchio amico che non vedevo dalla visita di leva. Era un tipo di spezia. All'epoca era una specie sfigata di ciellino di quelli che ci credono e quindi manco lo mettono nel culo alle tipe, perchè non si scherza, si arriva vergini fino al matrimonio. Era fidanzato sette anni fa, una vita a pompini. Che è bello, ci sono passato anche io, però a sedici anni è bello dopo è frustrante. Comunque sulle prime non lo riconosco. Mi arriva sto tipo stiloso vestito da punkabbestia che allarga le braccia, è vestito bene nella loro ottica, con una giacchetta bombata piena di quelle fottute taschine piene di sorprese e smarroni. io puzzavo già di alcol e quindi accolsi l'abbraccio senza pregiudizi, solo dopo gli chiesi chi era
- Sono Felice, non ricordi?
- ma veramente no
felice ci rimane male
- ma questo non vuol dire che non ci possiamo scoppiare una vodkina inseme. in fondo se mi conosci siamo amici no?
il ragionamento non faceva una piega e io me ne convinsi. Era un po' che non scopavo, ormai nora si accontentava di baciarmi quando poteva e faceva finta di niente quando sentiva che avevo il cazzo durissimo nelle mutande. Nora mi piaceva tanto in quel senso. ora di più perchè cominciavo a vedere impossibile la cosa, la paragonavo in un certo senso alla storia con Anna che avevo impostato rigidamente sul modello dei miei salvo poi deflagrare nel finale, o sfruttare il fatto che Anna era molto simile caratterialmente a mia madre.

tornando al mio amico mi spiegò finalmente chi era felice e perchè non lo riconoscevo. Felice dominici dopo una decina d'anni trascorsi a fare l'ecclesiasta, e il catechista pure, una sera in un campo scout tipo vide la sua blindatissima fidanzata allontanarsi dal fuoco dove venivano eseguite a più riprese le canzoni di battisti, le canzoni di battisti portano sfiga, con un giovane catechista anche lui lanciato verso la carriera all'interno della setta. Felice si alza e li segue dopo un po' più che per dubbio, con un certo scazzo motivato dalla preoccupazione che lei, silvia, avesse la giacchetta che non le facesse venire freddo che se no il giorno dopo mentre erano in escursione sul monte aiona la menava che aveva mal di collo perchè la notte era rimasta scoperta. potete immaginare la sorpresa quando li vide entrare ion camerata. ma li per lì pernsò che la cosa fosse legata a problemi di cesso, così imperterrito continuò a dare dietro a silvia. Ma silvia dentro non si trovava. non era nel cesso delle femmine, non era nella camerata delle femmine, non era dal prete, era in uno dei letti della camerata maschile insieme al tipo piccolo catechista che gòli stava facendo un bel pompino. Felice non era proprio felice, la battuta è scontata è vero, ma bisogna immaginare che felice sapeva fin troppo bene quanto silvia era capace a fare quello che faceva, considerati gli almeno tre anni di allenamento assiduo.

Il vantaggio che ne ricavò fu una specie di conversione sulla via di damasco. iniziò a cercare dio nelle droghe che sopiscono il dolore, trovandovi un certo sconforto, ma fu la prima volta che arrivò ad un rave che incontrò il suo paradiso. Più precisamente fu proprio l MDMA a compiere il miracolo. E così come un nuovo san francesco cominciò a dedicarsi a tutto quel genere di feste e circuito di esiliati sociali che vi si nascondeva fino ad assumere l'aspetto con cui lo stavo vedendo nel bar della stazione.
- ora vado mi dice, ho un treno per monaco tra 3 minuti
- vai a monaco?
- si in germania, con dei miei amici dobbiamo prepaprare un nostro personale intervento all'october
-è una figata, non credo di esserci mai stato
- ma allora vieni, sarà tra un mese
- non lo so, non ho più voglia di viaggiare a destra e a manca come un figlio di puttana
- non si finisce mai di viaggiare, figlio di puttana.

E così eravamo nel bar, lei sorseggiava l'analcolico alla frutta, io ero già al secondo negroni. mi dice
- ho sentito Laura ieri, penso che picchierà qui nei prossimi giorni.
- l'estate è quasi finita
- si
- e tu cosa farai Nora? non abbiamo mai parlato di questo.
fumava la sigaretta nervosamente, picchiava la cenere nel posello, a un tratto le si ruppe e perse la brace dentro. d'istinto girò gli occhi sul tipo che dicevo prima, fu lì che miaccorsi di lui e mi resi conto chi era, perchè era lì.
- penso che resterò qui
- dove starai?
- boh? da Isa, da te, che importanza ha? ho anche trovato amici che mi ospiterebbero. ho pensato che potrei andare all'università a G.
Pensai che era parecchio che non vedevo Isa, che avevo voglia di vederla, pensai più precisamente che avevo qualcosa da dirle. E intanto sentivo Nora che mancava. All'inizio, e lo capivo solo allora, lei mi adorava in modo puro. quando mi vedeva perso in tutti quei cazzi che mi frugavano la testa, mi sedeva di fianco e teneva la mia mano. poche volte chiedeva qualcosa, le stava bene anche solo stare lì, ed è strano, ma funzionava sempre.
cercai di baciarla, ma si ritrasse. Ecco cos'era che mancava, il calore di Nora non c'era più, per me. Non le chiesi niente, lasciai che l'aperitivo scorresse fino alla fine mentre il sole scendeva piano, preannunciava un tramonto che non avremmo visto, chiusi nel locale a lavorare.

Dopo qualche giorno all'uscita del bar mi disse che era meglio se non ci vedevamo per un po'. Strano fu un lungo addio anche questo, costò molti baci lunghi e laceranti, molti di più di quanti ne erano serviti con Anna, che praticamente neanche vedevo più, scomparsa. Senza accorgermene cominciai a bere di brutto tutti i giorni, senza fare più pause. Era un periodo in cui non c'era prizzo in giro neanche a pagarlo indecenze. Fu un periodo lungo e complicato in cui trascinai anima e corpo Lore che per seguirmi, spesso rischiava di perdere il lavoro per ritardi o improvvsi collassi nelle camere che doveva rassettare. Una di quelle sere stranissime, forse con la speranza di vedere nora, finii a casa di isa. Era sola, lo stereo suonava i sigur ros. C'è di peggio, comunque piuttosto depressivi, mi dissi. Andammo su nel solaio, ce la dovetti portare a braccia.
- non vengo mai qui
- immagino
- è una fortuna che sei passato
- vedi delle cose bellissime da qui
- sono abbastanza stufa di vedere delle cose bellissime
- sputi nel piatto dove mangi
- no, io non mangio, io guardo il piatto e non mangio niente, di questo ti sto parlando. sono stufa di vedere e basta
- luca?
- e' tornato a Milano, ritorna tra una settimana, ma sono stanca anche di lui
- di nuovo? le dissi e lei mi fece uno sguardo malizioso. Credevo che avremmo parlato di lei, di me. Mi sentivo affine a lei in un certo senso. ma il destino è decisamente imprevedibile, o forse a volte facciamo finta di non sapere dove portano veramente le scale che facciamo, gradino per gradino.

domenica, ottobre 28, 2007

disfacimenti e un lungo addio

il giorno dopo, erano le circa le otto di mattina mi trovavo in un baretto nei pressi della stazione. un posto sporco, con tre vecchi al tavolino, tre vecchi al banco, un vecchio dietro il banco e me. Non mi guardavano direttamente perchè incutevo paura. me ne rendevo conto. Avevo passato la notte dopo che ero uscito dal lavoro a bere. Non so quanto ho bevuto, non ricordo più, ho perso il conto dopo la chiusura. non sapevo neanche perchè mi trovavo lì. davanti a me, ricordo, avevo un cicchetto di gin e un caffé, ristretto, che a forza di fissarlo era rimasto freddo. di fianco c'era un biglietto da cinquanta euro. bello di pacca. ero soddifatto.

- vuole dell'altro?
- no bene.
il vecchio resta un po' interdetto, poi lascia correre, arraffa i soldi, dice una battuta al barbiere che fa parte di uno dei due gruppi di vecchi. Anni in queste condizioni ci arrivavamo insieme, io Tano Lore e gli altri, dopo essere andati avanti tutta la notte a parlare di ciò che volevamo, di ciò che pensavamo del mondo infame. Giù nella gola finiva la benzina per tirare avanti e arrivare ad una conclusione, ad un punto, all'alba in fine. Quei discorsi non li facevamo più insieme, io non li facevo più con loro. L'ultima volta che avevamo parlato seri di questo fottuto futuro, di cui si riempono la bocca i giornali, era stato in un giorno simile a questo. il giorno più lungo, il primo della mia vita da quando mio fratello non c'era più.

Il giorno prima alla spiaggia avevo trovato Nora che faceva palesemente la troia con due pezzi di merda della sua età o circa. Che in fondo non me ne fregava un cazzo. non era per lei che mi rodeva. Era che lei era un simbolo, era che lei c'era stata mentre avevo quasi avuto voglia di piangere, di vomitare qualcosa di vero, qualcosa che dovevo dire da tempo. la spiaggia era piena di adolescenti, di questa razza di adulti finti, di bimbi invecchiati a modi a vite non loro. Tutto era una miriade di colori che davano il senso del nuovo o di una certa ricchezza. Ostentata su ogni asciugamano da un particolare, una firma, un lampo. E pochi così pochi che parlavano tra loro. il sole ad a seccarli tutti lì. Mi venne una gran voglia di farmi del male, questa è la verità. Non sopportavo questo, non sopportavo di essere lì e vederlo, questo. Presi a bere, perchè mi stordisse. Ci vogliono cinque sei vodke per cominciare a farmi cigolare le gambe. Poi sul lavoro l'adrenalina mi riscattava il sangue, quella sera capitò anche un tiro di bamba cche asciugò la situazione nella mia testa e mi permise di uscire vivo da là dentro con le mie gambe per cercare dell'altro ancora che sommergesse la mia coscienza. Ed io volevo sopèrattutto che questo avvenisse in solitudine. Che i miei compagni fossero i ricordi, questo volevo. E me lo presi.

Dopo che il gin smise di essere nel bicchiere suonò il telefono, era Lore.
- dove cazzo sei? ci mise anche una madonna particolare, che non ricordo, ma mi fece ridere, questo si. Glielo dissi.
- perchè non rispondi a tua madre? non sono mica la tua segretaria. E' tutto ieri che chiama e stamattina pure mi ha svegliato dopo due ore che avevo staccato dal turno di notte. E' ora di piantarla Ale cazzo!
- ha chiamato dici? che cazzo vuole? te l'ha detto?
- il funerale Ale, il funerale.
- oggi, si
- oggi, tra due ore cazzo fottuto
- tu vai?
- ci saranno tutti Ale. Ci sarà un sacco di gente, lo sai come sarà. Non aveva manco ventanni Ale. lo sai come sarà.
- non me ne è mai fregatao un cazzo di lei
- non è questo Ale. Cazzo. fai quello che vuoi, ma chiama tua madre, se mai ci vediamo dopo.

presi un altro gin, poi chiamai mia madre. lei rispose dopo uno squillo, mi aspettava. Mia madre mi conosce perfettamente, e non sa un cazzo di me. Conosce alla perfezione le cose di me che io non ho potuto formare, se ne approfitta.
- Perchè non mi hai detto nulla?
- cosa ti dovevo dire ma?
Lei incominciò a fare quei discorsi in cui mi fa sentire in colpa, attribuendosi colpe non sue a proposito della mia vita. La troncai:
- Ma non c'entra un cazzo. Non l'ho fatto perchè non l'ho fatto. io ho deciso ok? e non ho voglia di parlare di queste cose e ora devo andare.
- vai in chiesa? mi disse
- no, non vado là, non voglio neanche che tu vada se ti è passato per il cervello, cazzo!
- ma ale
- Ale un cazzo, dissi io, basta mà ti chiamo domani, per oggi basta.
- ma lui avrebbe voluto
io cacciai il telefono giù. nel senso che lo lasciai precipitare per terra a frantumarsi la scocca. Si fotta pensavo, cos'è questo? non è nulla che io abbia voluto, nulla. Tornai a casa, non salutai lore, presi le chiavi della vespa e partii di nuovo. Andai allo scoglio piatto dove di mattino andavamo d'estate con Anna, quando stavamo al mare tutto il giorno. Mi spogliai e nudo mi cacciai in acqua. Ero ubriaco, non l'avrei mai fatto se no.
Appena mi tirai fuori dall'acqua, cominciai a vomitare, sentivo le forze abbandonarmi. mi rotolai di lato e sboccai così per un po' che mi sembrava un tempo piuttosto lungo. Nora aveva cercato di parlarmi tutta la sera, ma io non c'ero, non feci lo scazzato nè altro, non era lei il problema.

Il piazzale della chiesa era un parcheggio. molto affollato, così tanti stronzi la conoscevano, oppure erano lì per lo spettacolo. tutti fuori, parlavano di cazzate, li sentivo. Poi riconobbi mia madre distante, stava andando vicino alla donna che piangeva, l'unica. Mia madre è fatta così, si lascia coinvolgere dalle cose, si prende a cuore un carico degli altri e fa di tutto per rimediare. E' capace di farsi andare in merda una giornata o un'intera settimana dietro ai casini di persone che magari conosce di vista. Magariincontra una tipa alla coop mentre cerca i pelati, questa gli si mette a fare un discorso. Per essere interessante deve esserci una disgrazia, mia madre è una persona buona e odia i pettegolezzi, si fa i cazzi suoi da quel punto di vista. Meglio tumori, anziani malati, incidenti stradali, quelle cose lì. E poi inizia preoccuparsi per la persona, la sente e le sta dietro finchè può. E così lì davanti alla chiesa, con quella sua timidezza me la immaginavo a snoccialargli qualche parola di conforto, e poi le passa una mano sulla guancia. Mia madre ha le mani calde e piccole come una bambina, a volte anche parla come una bambina.

Arrivò la bara. la gente cominciò ad andare dentro. dentro lo ricordavo bene cosa mi aspettava, non era poi tanto che era successo. Allora come adesso non riuscivo a commuovermi. C'era Lore, lo raggiunsi ed entrammo. Gli chiesi perchè era venuto.
- boh, pensavo di trovarti qui alla fine. Poi non sono più riuscito a dormire dopo che ti ho chiamato. Alla fine non sapevo che cazzo fare. qui, aggiunse poco dopo, c'è della figa.
il prete cominciò. per i primi cinque minuti, c'era più di una persona che sembrava seguire i discorsi di messa. Si sforzavano, c'erano due innamorati che si stringevano la mano, una vechia che sbadigliava con aria con aria di rimprovero verso di loro. C'era un sacco di ragazzi, grandi piccoli. mi fissai con le scarpe. c'erano centinaia di scarpe da ginnastica dai colori così disparati, trash a volte, a volte sembravano avulse da tutto il resto. Truzzi, borghesi, studenti tutti con ste cazzo di scarpe da ginnastica. Ce l'avevo anche io, così decisi di non mettermele più. Quando la recita arrivò al punto in cui il tipo con la tonaca dovrebbe distribuire la pastina insipida. ma non c'era nessuno a fare la comunione. In effetti non c'era nessun motivo di fare questo lungo addio lì dentro. forse si dovrebbe stare un'oretta intorno alla bara a parlare di lei, a dire cos'era e cosa non era, pensavo, forse a raccontare i suoi momenti felici, quando era bella. Lore disse
- se desse il vino, io ci andrei di corsa a far la comunione.
- ci hanno fatto delle guerre per sta cosa
- per cosa?
- per la storia di dare il vino alla comunione
- però cazzo, cristo all'ultima cena non ha mica dato solo il pane, agli apostoli ci ha dato anche il vino, l'ho sentito, lo ha detto pure prima.
ora la vecchia davanti guardava scurita noi. Smisi di parlare. La cosa si faceva per le lunghe, cominciai a guardare la gente che c'era. Vidi Maria, insieme ad altre due tipe della sua vecchia compagnia. Un po' lontano c'era Robbie, ha la mia età e ha iniziato a spacciare quando eravamo in terza media. C'erano dei colleghi di lavoro di Pietro, lo zio morto di Giulia, con i vestiti sporchi di calce e ruggine. Chissà perchè erano venuti. C'era anche mia madre, seminascosta dietro un pilastro in fondo. Era tutta commossa, povera stupida.
Quando la sceneggiata fu finita portarono fuori la bara, qualche ragazza si avvicinava alla madre al passaggio, un bacio, qualche parola. Un ragazzo con gli occhiali scuri toccò la bara, col pieno palmo. Non so perchè rimasi in chiesa più del dovuto, Lore mi guardava e poi si guardava intorno. Incisi il suo nome sulla panca con le chiavi. Poi uscimmo anche noi. Appena fuori mi venne incontro mia madre dice
- sono felice che sei venuto
- io no
- non ti vedo mai ale, non ti fai più vedere.
- mamma non attaccare con ste storie perfavore.
- hai ragione, dice e abbassa la testa.
- ora devo andare mà.
- vabene, vabene, tranquillo anche io devo andare, ma ci vediamo, vieni a mangiare domenica?
- non lo so, mà, lavoro
- ma a pranzo
- a pranzo di solito sto dormendo
lei è disarmante. sta zitta e mi guarda. i suoi occhi come i miei. intanto saluto Maria e rifletto sugli innamorati che si stanno baciando. Li invidio.
- Ok, le dico, ora vado però, ciao mà
- ciao ale
vado verso la vespa, Lore è già la con il casco in mano. Mi giro
- Mà
- dimmi ale
- ti voglio bene mà. Poi sono salito sulla vespa ho fatto centometri e sono entrato in un baretto. Bene, mi dico a bassa voce, di nuovo a casa.

lunedì, ottobre 08, 2007

ulisse

Poi feci un sogno. ero in cucina che stavo lavando dei piatti e vedevo le mie mani. Erano vecchie come le mani di mio padre, come le mani di mio nonno. C'era anche una musica che non ricordo e il sole che entrava dalla finestra. A un tratto suonano alla porta. io vado ad aprire, ora credo di essere io da vecchio, davanti a me c'è questa ragazza. ha la faccia emaciata e gli occhi, gli occhi non riesco a capirne il colore, sono scuri molto scuri e grandi. i capelli corti e spettinati sembrano prendere un colore chiaro col sole. lei mi abbraccia e mi stringe. io non le chiedo chi è, io so chi è. la mamma è di là le dico. lei entra va verso la porta poi si gira e mi dice:
- c'è qualcun altro, c'è qualcun altro non chiudere ancora.
io vorrei accompagnarla, capisco ora che sono in un sogno e vorrei vedere chi è mia moglie qui. Ma resto sulla porta, nessuno arriva, allora mi sporgo sul corridoio che è lunghissimo e uguale a se stesso e non riesco ad indovinarne la fine. lo vedo arrivare, è uguale all'ultima volta che lo avevo visto. mio fratello bianco in faccia anche lui, è fermo. Io lo chiamo, lui mi guarda ma non si muove. Sono miope, non riesco neanche ad indovinare un'espressione del viso.
- Perchè jake?
- non può risponderti, mi dice la ragazza, non ricordi? vieni, vieni dentro, lascia aperto deve portare una cosa che ha scritto. vieni mamma ti aspetta di là.
poi mi da un bacio sulla bocca. io mi sveglio c'è Nora su di me. ho i suoi capelli sul viso, la stringo forte.
- ahia! dice, Ale basta mi fai male.
- scusa, scusami.
ho l'alito che sa di pattume. ho bevuto di nuovo come una bestia. Nora mi ha girato una canna, profuma di doccia, ha già il costume addosso.
- vai al mare? dico
- vieni anche tu?
- no tranquilla, le dico, tranquilla ci vediamo dopo.

La sento salutare Lore che è con una tipa nel letto. Penso che è meglio se va al mare, che è meglio se non sta con me, se non si affeziona. In altri tempi avrei definito Nora una troia. Una donna la conosci in effetti molto bene dopo che ci scopi. si capiscono molte cose. Con Nora è come se lei volesse solo compiacerti, mentre lo facevamo pensavo questo e gliel'ho detto:
- scopi come me..
- in he senso?
- nel senso che non te ne frega un cazzo di godere, a te ti frega fare bella figura
- che cazzo dici stupido
e' sopra di me quando glielo dico e inizia a muoversi con maggiore potenza per farmi capire, per farmi vedere che non è così.
- guarda che non imbrogli nessuno, passerina, tu sei così, ma sei brava,non dico no..
- sono brava?
- certo che sei brava, mi metto a ridere
- sono più brava di lei?
- di lei chi?
non smettiamo di scopare, ma c'è qualcosa di sommesso, di statico, ora la conversazione è per lei importante, la dimostrazione di un teorema mi dico. in quel momento avvertivo il desiderio di farmi un acido, lo ricordo come se fosse ora.
- lo sai di chi..
- se te lo chiedo vuol dire che non lo so, cazzo
la giro, ora comando io, lei è piccola e anche se abbozza una certa resistenza si arrende quasi subito, in fondo non pesa proprio un cazzo.
- laura
- io non ho scopato con laura, ho scopato con sua sorella..
- con sua sorella?
- si con Isa
- ma?
- ti assicuro che ci riesce perfettamente. basta avere un po' di fantasia.
ora mi tira a sè e mi bacia. mi chiede come è stato con lei. io le dico che non ho voglia di parlarne adesso, che non è proprio il momento e la giro e continuo da dietro. penso che sono cazzi miei come è stato. che chiedere queste cose è una stronzata.

sono uscito. Ho parlato un paio di minuti con Lore ancora in letto, gli ho detto bene di Giulia gli ho raccontato dello sbirro fascista esaltato, si è fatto due risate.
- un giorno di questi, mi dice, un giorno di questi a quella merdina gli facciamo un servizio come al vecchio eh?
- si, gli dico io, non basta altro, sai dove posso trovare Tano ora? sarà al lavoro?
Lui mi dice che è probabile, ormai Tano sta spesso là. Si fa di morfina e si mette a parlare con i vecchiacci per delle ore. parlano di calcio, di sport di politica. E intanto lui caccia giù pastiglie a nastro, manco fosse un malato vero.
Sono arrivato alla casa di ripo alle tre. poco prima dell'entrata c'è lo spazio per gli annunci funebri. C'è anche il suo, di lei. Ne davano il triste annuncio la mamma e i parenti tutti. C'era anche il giono del funerale chiaramente, tra qualche giorno, pensai per l'autopsia, o forse no. Mi venne voglia di drogarmi, di scappare di lì.
ho chiesto di tano all'entrata, mi hanno dato delle vaghe indicazioni, ho detto che ero suo cugino che gli portavo il cellulare che si era scordato a casa. Non fecero troppi problemi. a venti metri di distanza dall'ospizio c'è la caserma dei carabinieri, a cento metri la scuola dove siamo andati tutti, io, lore, mio fratello, Giulia, Tano, in epoche diverse. A duecento metri c'è il cimitero, non è divertente?
L'ho chiesto anche a Tano, quando sono arrivato da lui, era circondato da vecchi. La sala era larga e spoglia, le pareti verdolino sintentico. Ci saranno state una decina di sedie sparse in circolo, tutte occupate da ottuagenari. Il mio amico era in mezzo si stava girando una canna. Lo guardo stupito.
- ah, dice, se è per loro non ti preoccupare, hanno tutti l'alzheimer. sono molto simpatici e innocui, parliamo per delle ore, non si stancano mai di ascoltare, vero ragazzi?
- sei blasfemo
- no, non vedi sono imbottiti di rumenta per stordirli. E' l'unico modo. In fondo questa è una casa di riposo e allora li fanno riposare. Ma è così triste. A volte li faccio fumare. Dio santo Rapetti smetti di molestare la Rosanna porca puttana!
Il vecchio in questione stava toccando il culo di una vecchina davanti a lui con una stampella corta, e rideva pure. Continuò fino a quando Tano non si alzò gli prese il bastone e gli infilò la canna accesa in bocca.
- che vuoi? mi disse, ho degli acidi se credi, me li ha portati una mia amica che è stata a Torino a un rave.
- volevo solo vederti, era un po'.
- ho sentito di Giulia
- si. una coincidenza vero? ieri gli sbirri mi hanno spaccato il cazzo.
- E' normale. non è una cosa carina quella che è successa.
- sai qualcosa che non so?
- so che la gente di qui non gliene voleva più dare. lei c'era troppo sotto e poi non se la godeva per un cazzo. Si vedeva chiaramente che lo faceva per, beh lo sai anche tu perchè lo faceva.
- già. ma io non l'avevo più vista almeno dal funerale. sapevo che era partita.
- si ma tu sei andato a Milano eri via. Quando è morto suo zio lei e sua madre sono tornate e sono andate a stare nell'appartamento in centro. Che io sappia ha incominciato quando è tornata. Mi aveva anche cercato all'inizio.
- in che senso?
- una volta ero in giro, sto inverno, portavo il cane a pisciare di notte. Me la vedo davanti con quei begli occhioni. mi si piazza in faccia e mi dice che voleva drogarsi. io dico che non c'è problema e dopo un pò siamo finiti a casa mia. Lei non ha soldi, ma l'ho fatta drogare parecchio lo stesso e poi me la sono scopata. Una roba bruttissima. Cioè lei era bellissima, ancora più bella di come me la ricordavo, ma era come se si facesse riempire, era muta. comunque dato che lei non faceva un cazzo ho fatto tutto io, lei era docile. Alla fine mi ha chiesto com'era la robba.
Sono nervoso, mi passa la canna. Mi è venuta voglia di scopare con nora. No mi è venuta voglia di baciare nora, di andarla a prendere e baciarla finchè ce n'è. Ma sto fermo e lascio che finisca la storiella.
- Le ho detto le cose che si dicono sempre. Quelle che dicono tutti. Lei mi dice questo me lo ha già detto anche robbie.
- robbie chi?
- Ghirba, quello che ha fatto il cameriere da Giovanni per un certo tempo saranno tre anni fa.
- Va avanti.
- C'è poco da andare avanti. Le ho detto i tornare il giorno dopo. Ci siamo fatti una stagnola e l'ho scopata di nuovo. Lei mi ha detto se potevamo bucarci. Io l'ho cacciata fuori a calci e le ho detto di non cercarmi più, se voleva della droga, le ho detto da chi andare. io non mi buco, col cazzo che mi buco con la merda. Mi hanno detto che ha fatto la puttana per un po' ma sono voci di paese, sono cazzate secondo me.
- con te l'ha fatto
- si, beh no, non proprio. Lo sai come sono fatto, non ci sarei mai andato così, adesso faccio lo spesso, ma tu dovevi vedere i suoi occhi, era come se fossero affamati di luce, quegli occhi così belli, un peccato Ale credimi. Rapetti hai finito o no?

Cominciò a fare una scenata al vecchio che era evidentemente apatico e non capiva nulla. lo lasciai così e andai al mare a cercare Nora. in un certo senso nora mi ricordava Giulia. Pensai alle cose che Tano aveva detto sui suoi occhi, una volta li avevo beccati insieme lei e Jake, era all'inizio, erano proprio innamorati, avevo sentito una certa invidia a vedere come si baciavano con gli occhi. Lei, erano innamorati, poi è passata, come il raffreddore. passa tutto, penso, passerò anchio.

sabato, settembre 29, 2007

il peggio è passato

Che bello che è, tutto ordinato, tutto lindo, barba fatta alla perfezione, un'espressione seria, convinta. Quello che ho davanti non è un uomo in divisa, uno squallido sbirro, è uno spot vivente per le forze armate. Da cinque minuti mi guarda dietro la scrivania, apre e chiude la penna schiacciandone l'estremità. la penna ha il logo dei carabinieri ed è nera. Così senza parlare mi sta quasi convincendo che ho sbagliato tutto nella vita, che in fondo potrei persino ravvedermi se ne trovassi le energie da qualche parte. Sopra di lui il nuovo presidente mi guarda con faccia anche lui seria. Sono tutti seri qui dentro e mi sto rompendo il cazzo.

Avevo chiamato il prontosoccorso, sono venuti quelli della croce che peraltro erano amici di giulia, l'hanno coperta. l'hanno infagottata su una barella e se la sono portata via. poi hanno chiamato i carabinieri. i carabinieri hanno fatto il sopraluogo ma io non sono stato lì ad aspettare, io e Nora dovevamo andare a lavorare. lo sbirro fa:
- non è il caso di parlarne qua nel bosco, ma domani la chiamiamo, bisogna controllare, bisogna chiarire i meccanismi.
va bene gli ho detto. tanto non pensavo più a nulla.

Il tipo ha venticinque anni, ma io ne dimostro di meno. Gli faccio schifo, me lo sottolinea ad ogni sguardo, me lo ripete silenziosamente da dieci minuti.
- beh? faccio io
- stia calmo, adesso iniziamo
- mi scusi, ma iniziamo che cosa? cos'è? un interrogatorio?
- le domande le facciamo noi
- DIO MIO, io pensavo che non succedessero ste cazzate da film poliziesco.. dai non è vero, è uno scherzo?
Mi rendo conto di aver pensato ad alta voce. Ora il tipo è decisamente incazzato. Si alza, io sto fermo, fa il giro della scrivania a passi pesanti, è veramente stiloso. scoppio a ridere.
- che cazzo c'è che ti fa ridere?
- niente
- ho detto che cazzo c'è che ti fa ridere?!
- senti amico, mi sono appena svegliato, neanche una doccia e sono venuto in sto posto di merda, frequentato da gente molto, molto poco simpatica. posso avere delle crisi di riso isterico o c'è qualcosa che non capisci?
lo sbirro si ferma, mi guarda incredulo e prende a strofinarsi la fondina. io non ce la faccio a trattenermi e gli scoppio a ridere in faccia.
- Che cazzo ti ridi coglione? sei nella merda lo capisci? sei proprio nella merda!
- tu
- tu cosa, idiota?
- tu mi fai sganasciare dalle risate, siamo soli in sta stanza, non c'è tuo padre quindi vedi di non chiamarlo
- che cazzo c'entra mio padre?
- coglione tu ci puoi chiamare tuo padre se vuoi, che ne dici?
il tipo mi afferra un bavero della polo. con l'altra mano mi toglie gli occhiali da sole.
- Ascolta bene tossico di merda, ieri c'era una ragazzina di manco ventanni stesa in un bosco, morta. Overdose, hai capito? aveva le dita dei piedi TUTTE BUCHERELLATE PEZZO DI MERDA!
- ASCOLTA TU fascistello del cazzo, ho il cazzo e le palle piene di questo modo di trattare la gente, se vuoi fare il pistolero chiamami una merda di avvocato, se vuoi spiegarmi che cazzo vuoi me lo spieghi e basta, ma soprattutto lascia stare i miei rayban che costano più di tua madre.
il tipo è proprio un fascista del cazzo, mi mette le mani addosso e fa per tirarmi un ceffone pesante.
- CAPUA!
il coglione si ferma. mi giro c'è un graduato, io non stavo facendo resistenza.
- mi perdoni, dice lo stronzo e poi mi molla.
- prendi del bromuro, dico io
- ora vada Capua, al signore qui ci penso io.

il brigadiere mi spiega per sommi capi la situazione. Giulia è morta di overdose, loro sono spaventati perchè hanno paura che ci sia una partita di merda tagliata con atropina o qualche altra stronzata che si sono inventati gli albanesi per far maggior guadagno. lei si faceva da un po' a giudicare dai buchi, ma ancora con una certa discrezione. il problema stava nel fatto che non avevano trovato siringhe o altri armamentari.

- in sostanza, possiamo dedurre che non era sola quando è morta. Al di là del fatto che per la legge italiana in un ultima analisi chi gli ha venduto la dose o gliel'ha data è il responsabile, la persona in questione doveva aver proprio paura per mettersi a ripulire tutto.
il vecchio è stanco, ha la voce calma, mi fa capire che vuole solo fare chiarezza. c'era anche lui, ricordo, al funerale di jake. io rimetto gli occhiali e dico:
- non so nulla brigadiere. conoscevo la ragazza, ma non sapevo nemmeno che si bucasse.
- come la conoscevi?
- era la ragazza di mio fratello giacomo, stavano insieme due anni fa. Poi lui si è suicidato.
- ah ricordo
lo guardo e sto zitto. non mi piace parlare di mio fratello, infatti non ne parlo mai.
- posso fumare una sigaretta?
- non si può, mi dice il brigadiere e mi offre il pacchetto, poi si alza e apre la finestra e intanto mi dice
- sono vecchio, pensavo di aver smesso di vedere queste cose. Negli anni 80' in un paesino così piccolo facevamo il giro delle strade come spazzini a raccattare gli eroinomani persi.
Si ferma guarda fuori dalla finestra il cielo è luminoso.
- ho una figlia che avrà l'età della ragazza del bosco, di - profonda boccata - di giulia.
mi guarda.
- brigadiere se abbiamo finito io dovrei andare a lavorare. le cose che potevo dire le ho dette, di più non so mi creda. Non mi piaceva tanto giulia, non mi è mai piaciuta. Per mio fratello era diventata tutto, mio fratello era un debole del cazzo, un debole e ci si è aggrappato al volo a quella ragazzina. Quando lei si deve essere stufata lui ha fatto quello che ha fatto. non so se sia amore questo, o se possiamo parlare di amore in questo mondo, ma quando succedono ste cose è sempre perchè ce n'è troppo o perchè ce n'è troppo poco. questo è quanto. sulla robba non so dirle niente e non faccio il cantante, la gente a cui fare le domande la conoscete perfettamente, così se lei permette..
fece cenno di andare.
- grazie. dico e me ne vado
- vorrei solo capire, dice il vecchio alle mie spalle, vorrei almeno un perchè, dice, ma non credo parli con me e abbandono sto posto di merda.

Raggiunsi Nora a casa. Aveva dormito a casa mia, quando la vidi, qualcosa cambiò in me e la miriade di cose che avevo pensato mentre parlavo di jake e di giulia sgorgarono insieme, l'abbracciai con una voglia pazzesca di piangere e basta.
- che c'è Ale?
- forse, forse devo raccontarti una storia
- che storia?
- no, no, nulla
della vicenda non parlavo mai, non ne avevo parlato neanche ad anna, sarebbe stato come tradirla pesantemente. non dissi un cazzo. Nora capì e mi baciò a lungo. poi mentre era a pisciare, mi sparai un paio di xanax e mi feci una canna. dopo un'ora potevo dire che era tutto ok.

mentre andavamo a lavorare lei mi chiese
- stiamo insieme Ale secondo te?
- in un certo senso si.
- devo dirti una cosa
- sono qui, dimmi
- Laura è molto gelosa. non capirebbe, non deve sapere, è un problema?
- no, anche se non capisco, no.
- abbiamo litigato per via di questo, poi se ne è andata a Rimini.
- capisco. Ma Isa mi sa che ha intuito
- Isa non dirà nulla vedrai, isa è strana..

venne la sera, poi la notte. mentre stavo mettendo a posto il tavolo mi chiamò laura.
- ciao vecchio maniaco
- ciao puttana
- cosa stai facendo?
- il solito lavoro, e tu?
- il solito
- cioè stai facendo arrapare mezza rimini
- no, ora sono credo in umbria sono davanti ad una grossa chiesa, ho pensato a te e ti ho chiamato
- perchè te ne sei andata?
- volevo vedere se mi mancavi, dice ridendo, se mi mancavate
- e te ne sei andata senza salutare?
- volevo vedere se te saresti accorto.
- Laura sei una povera malata di mente, con tendenze ninfomane
- è vero, dice lei e ride
- ho trovato una morta nel bosco ieri, ero con Nora.
- incredibile, ecco mi perdo sempre le cose interessanti del tuo piccolo paesino.
- colpa tua, ero con nora
stette zitta un paio di secondi
- salutami la piccina, dille che la amo tanto, ora metto giù che il mio portafoglio mi sta chiamando, domani sono a Napoli.
- ok ok, ti rivedrò?
- chissà, maniaco, ciao
Finì la chiamata. Anche lei un po' mi mancava.
 

lunedì, settembre 24, 2007

il freddo

Passarono i giorni, noi eravamo sempre insieme, noi tre o noi quattro. All'inizio Nora e Laura erano inseparabili. Venivano a svegliarci a mezzogiorno, fumavamo canne e mangiavamo insieme, poi guardavamo la tele, poi dormivamo, insomma eravamo una famiglia. Loro due si presentavano da me al bar ogni sera poco prima che venisse il tempo della caccia a chi gli avrebbe offerto da bere per il resto della serata. i candidati erano tuti dettati dalla possibilità e dalla comicità in effetti, solo di rado si rivolgevano a tipi carini. Andavano bene pure i vecchiacci. A fine serata o poco prima Laura faceva il suo trionfale ingresso nel locale brandendo il solito long island.
-anche stasera abbiamo fatto le cattive bambine.
-mi hai preso per un prete? per te sono un fottuto prete?
E in effetti confessava con dovizia di particolari, con noi era come se fossimo tutti maschi, Laura non aveva fratelli o rapporti simili, noi eravamo un feticcio divertente di questa cosa e allora ci cercava. tra le due era lei la dominante, ce n'è sempre una in un gruppo di donne.
- tu non potresti mai essere un prete, vecchio porco!
Laura era cattolica, da cartolina. E contemporaneamente non gliene fregava un cazzo, ma ci teneva, e lo faceva spesso, a rimarcare questa sua particolare fede.
- E allora cosa diavolo vuoi?
- è chiaro, da bere.. per premio puoi anche sgridarmi se vuoi..

Tano lo vedevamo di rado, sporadici rifornimenti di droga, eccezionali esperienze sintetiche sponsorizzate dalla casa di riposo dove lavorava, ogni tanto passava anche per vedere Maria. Quando ci vedevamo parlavamo del vecchio, lui si sentiva il più compromesso dalla vicenda. ovviamente. Era ancora all'ospedale, sempre piantonato, ma ormai aveva ripreso conoscenza ed aveva ricevuto la visita di un magistrato. Il piantone, diceva tano, era rimasto lì per le foto della bambina. Il vecchio bastardo doveva chiarire, ma Tano era preoccupato.
L'ho già detto vivevamo ai margini, vivevamo molto di droga e avevamo amici sbirri e amici delinquenti. E' normale, si deve sopravvivere in qualche maniera e le informazioni sono essenziali. La gente non capisce, se ti compri un etto di prizzo, può anche non essere per spacciare, può essere che te lo tieni perchè il rifornimento è sempre uno sbattimento rischioso, ma se ti sgamano con un pezzone nelle mutande ti violano il culo in un modo che fa male. per parecchio tempo, tra l'altro. Così diventa un gioco di pubbliche relazioni e di bilanciamenti, nel senso che passare per infame è sempre una cosa sgradevole. Comunque tano aveva paura, aveva sentito qualcosa che lo preoccupava molto a proposito del vecchio, già allora pensava che la vicenda non era affatto chiusa e che qualcosa, qualcosa sarebbe successo.

Agosto era torrido, non pioveva mai. Così era stato luglio, le riserve d'acqua erano sputtanate ovunque e a volte c'erano allarmi blackout per i condizionatori. Quando nmon lavoravo stavamo tutti al mare o prendevamo la macchina di notte e facevamo lunghi giri persi nella campagna dietro di noi. un giorno mi decisi e chiamai Anna. Presi una serata libera e andai sotto casa sua, avremmo fatto un giro, magari a cena fuori come ai vecchi tempi.
- non sono più i vecchi tempi, mi disse
- come stanno i tuoi? - sua madre era malata e suo padre era andato in depressione per la cosa, Anna sclerava a causa di questo e fuggiva appena poteva a Bologna. Non mi aveva più cercato.
- non te ne frega un cazzo dei miei come di me, Ale, lo sai anche tu
- non è che non mi frega
- cosa sei venuto a fare, Ale? sensi di colpa?
adesso non ero più sicuro. adesso le leggevo il freddo negli occhi, il colore dell'abbandono.
- allora? mi dicono che frequenti delle bellissime ragazzine. che diavolo vuoi?
la parola ragazzine indicava del disprezzo. è una cosa che ai barista capita spesso. in un bar mentre lavori non rimorchi delle avvocatesse in carriera o delle professioniste previlegiate. Se ci sai fare tiri su delle ragazzine, questo è proprio vero.
- sono amiche Anna
lei non rspose. si mise a guardarsi le scarpe che non gli avevo mai visto.
- sono nuove?
lei alzò lo sguardo, fece una smorfia per un attimo imbarazzata
- le ho comprate, si insomma le ho prese la settimana scorsa. sono di marca, ma non costano tanto, era una rivendita di merce coi difetti.
Mi guardò e si mise a piangere. Io l'abbracciai. Stette lì per una mezzora, solo a piangere e sentivo come un piccolo vapore sulla spalla. Poi se ne andò.
- deve essere così, disse, non deve essere così?
- lo sai come sono Anna. non so dirti niente
- no, disse, non lo so più. e neanche tu ale lo sai.

Pochi giorni dopo questo Laura scomparve. Nora disse che era tornata a Milano per fare delle cose, ma pensava che sarebbe potuta anche finire a Rimini. Laura era matta diceva, può fare ttto e il contrario di tutto. Dovevano avere litigato, lo credeva anche Lore, per questo era andata. Ma Isa aveva insistito perchè Nora rimanesse con lei nella villa al mare, così la piccola mi chiese aiuto per trovare un lavoretto. non fu difficile perchè Nora è bella e ci sa fare con la gente, l'atteggiamento giusto per una barista o per una cameriera e non fu affatto strano vederla a spillare birra da Umbe appena una settimana dopo. Stavamo spesso appiccicati anche se lei aveva i suoi intorti. E quella testa di cazzo ci mancava, si sentiva.

Una domenica mattina avevamo deciso di andare a fare i tuffi alla Carega grande, un grosso scoglio a puttane lungo il promontorio, fuori dalla baia. per arrivarci bisognava andare in barca o passare dal bosco. Un vecchio amico mi prestava una lancetta di vetroresina ogni tanto una cosa sfigata dello stesso valore di un pedalò in mare. però utile. Andai a prendere Nora da solo a casa, Lore quando io ero uscito stava raccontando al cesso cosa aveva mangiato la sera prima.

- Ciao, disse Isa, come stai Ale?
era tempo che non la vedevo, sulla sedia a rotelle aveva i capelli raccolti all'indietro e la faccia riposata e serena se non fosse stato per una specie di velo grigio sugli occhi che la faceva sembrare assente.
- non so, non so Isa, fa caldo, dissi
- già. Sembri stanco, sei dimagrito?
- Lavoro tanto Isa, tu invece sei raggiante questa mattina
Arrossì.
- Nora sta arrivando. ha detto di dirti che non ci metterà più di cinque minuti, ma se è come mia sorella potrebbe mettercene dieci. Ai tempi felici, mi disse, un maschio poteva aspettarmi sulla porta anche mezzora.
- E' giusto Isa, sei bellissima, anche adesso potrebbe aspettarti anche un'ora un maschio
- si, dice
- Laura che fine ha fatto?
- oh, lei è come me, non le piace legarsi, non ha un posto - rise cattiva - lei sa cosa fare..
- ma torna?
- forse. disse
sentimmo Nora uscire dal bagno e zampettare veloce con gli infradito verso di noi.
- ci potremmo vedere una di queste sere, se mi aspetti, all'uscita
- si, dice Isa, si, quando non hai di meglio da fare, io sono spesso qui, spesso, dice e guarda Nora che è magnifica ed è vestita per modo di dire.
Arenammo la lancetta su una spiaggetta vicina allo scoglio e passammo il giorno a giocare, a parlare e a guardarci negli occhi in silenzio. A ridere anche senza capire per cosa. Mi sentivo un ragazzetto, mi sentivo come lei e non pensavo a cose brutte, mi fermavo prima, poco prima del limite. A sera, quando il sole prendeva a calare alle nostre spalle ci rendemmo conto che il mare era impraticabile. Troppo casino, le sarebbe venuto il mal di mare e dovevamo lavorare dopo. Così nascosi il mezzo sotto a delle frasche e prendemmo lavia del bosco. Era questo un vecchio sentiero che partiva dal centro di l. e si arrampicava su per la collina e finiva con tante picole arterie periferiche in mare. I ragazzi che dovevano scopare o avere robe clandestine passavano di qui. Anche i tossici patentati. i primi tratti di strada erano infatti pavimentati a gondoni e siringhe e affini. Ridevamo e facevamo quelle cose che fanno una ragazza eun ragazzo insieme se stanno per affrontare il punto della questione tra loro due. Era una cosa carnale, chimica. Senza dubbio era una cosa che aveva a che fare con il cazzo, ma era soprattutto che mi piaceva da morire, come un gelato da bambino.

Quella sera dopo tutto il casino che sarebbe successo, venne a dormire da me. Aveva le mani calde e la fronte fredda quando mi disse
- Ci sono volte in cui mi sento perduta, mi sento che nessuno, nessuno.. ho il terrore di non essere importante per nessuno capisci. tu capisci? ho il terrore di non essere niente.
ed era chiaro che non capivo, perchè non potevo non pensare al bosco, e in quel momento non riuscivo che a pensare a lei. A lei che non era niente e baciai quel niente improvviso che era capitato con l'idea che l'avrei baciato anche il giorno dopo.
Nel bosco, ore prima, lei si era fermata e aveva indicato qualcosa appoggiato a un tronco di pino. Una cosa piccola e rannicchiata. Chiamammo e non rispose nessuno, ma fin dai primi passi incontro riconobbi un cappuccio di felpa tirato sulla testa. Quelle felpe grunge uscite dagli anni 90' sopravvissute a tanti rivolgimenti.
- Stai qui, stai ferma dissi
piano piano arrivai vicino all'albero, i capelli lunghi e castani uscivano dal cappuccio e si riposavano sulle spalle. Era una ragazza, le toccai la spalla e vidi lo sbocco sui jeans. Era dura. La toccai di nuovo, con più forza, il corpo cadde di lato, anche il cappuccio cadde.

Aveva la bocca sporca e i grossi occhiali da sole come incastonati in faccia, nella mano sinistra stringeva un pezzo di carta attorcigliato, sulla gamba destra i jeans erano tirati su fin quasi al ginocchio, il piede era scoperto. Era molto bella e molto diversa da come la ricordavo, non la vedevo dal funerale di jake, gli erano cresciuti i capelli, molto. Vent'anni forse, quasi. Era Giulia.