C'è questa stanza, in questa casa distante, solo la strada è rumore, poco tuttosommato. La casa è distante da tutto, troppo lontana e così vicina a qualunque cosa di meraviglioso si possa nascondere nella vita. La stanza ha le persiane chiuse, è giorno, ma la luce è accesa. In casa, a parte il bambino seduto davanti al tavolo dei compiti, non c'è nessuno. I genitori lavorano. I compiti sono sufficentemente facili da essere ritenuti idioti, inutili. Se una cosa la sai fare, la sai fare e quando hai voglia solo di scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che neanche conosci hai solo voglia di uscire, di andare via.
Il tempo è lentissimo, è scandito dai gatti che calpestano il corridoio. Sono un ottimo diversivo di solito. Ad esempio un gatto è molto più divertente da pestare perchè per chissà quale motivo danno sempre la maledetta impressione che ti disprezzino proprio quando anche tu ti disprezzi. I gatti così naturalmente, i gatti che conosce il bambino s'intende, sono docili e liberi allo stesso tempo, e sembravano rinfacciarglielo sempre.
Il bambino, non farà più che le elementari, decide che è ora di fare una merenda. Va in cucina e con un pò di ingengno si prepara un té. Poi si risiede sullo stesso tavolo dei compiti e comincia a ingozzarsi di biscotti. Mentre mangia così tanto, mentre sente tutta la spazzatura che sta mangiando sotto i denti, si sente soddisfatto, è una sensazione piacevole. Accende la televisione, rete pubblica lasciata da ieri sera, il telegiornale. Il telegiornale gli ricorda un pomeriggio di qualche anno prima, quando era morto Pertini, il presidente. Doveva essere domenica perchè i suoi erano a casa tutti e due e lui voleva uscire anche se era pioggia. E li aveva quasi convinti, quando improvvisamente era morto il presidente e allora avevano attaccato quel cazzo di telegiornale e si erano messi a vederlo per tutto il pomeriggio. Lui col tempo, anche dopo, associò la noia a quel pomeriggio, anche quando lui stesso fece cose analoghe.
Cambia canale immediatamente e in sequenza molto veloce si sbrodola tutto quello che sta ancora masticando addosso afferra un gatto passante e lo usa come una salvietta sulla maglietta con lancio finale tipo bomba molotov. Si sente pieno e si sente pure un po' in colpa e allora va al cesso e sbocca tutto o quasi. Poi si mette a cercare il gatto-salvietta per tutta la casa con l'intenzione di pulirlo e di fargli le coccole, ma quel bastardo c'ha quell'aria da nobilotto scozzese incazzato e sfugge ad ogni tentativo di cattura; così il bambino quando riesce a raggiungerlo gli sferra un calcio potentissimo, il gatto sfrutta sapientemente la spinta e si caccia fuori dalla finestra. La casa è a due piani, la finestra in questione è al secondo piano. Dieci metri non sono uno scherzo neanche per un gatto. Il bambino si sporge e guarda sotto il gatto non c'è. Il gatto si sta leccando la coda con una certa classe abbarbicato su un albero, proprio lì di fronte alla finestra. Il bambino sale sul cornicione, guarda il gatto poi guarda sotto riguarda il gatto e maledice la distanza. Aggrappato agli stipiti della finestra si sporge leggermente. In questo momento ovviamente raggiungere il gatto non è più la cosa importante. La cosa importante è.. Qual'è? si chiede. Improvvisamente, in equilibrio precario sul cornicione della finestra al secondo piano di una casa di campagna piuttosto isolata viene investito dall'idea che di importante non c'è proprio niente. Che fin da ora sa tutto della sua vita, sa che si laureerà, sa che si sposerà, sa che farà dei figli, sa che forse si divorzierà. Ha intuito dai telefilm che esiste una cosa chiamata amore che un giorno gli toccherà, ha intuito dai giornaletti che hanno trovato sul tetto della palestra che esiste una cosa molto divertente e "proibita", "scopare", anche se non gli è ancora del tutto chiara la dinamica. Tutto sazio di tutte le cose che dovrà prima o poi fare nella vita ripiomba di nuovo nell'unica cosa vera che c'è in quel momento lì sul cornicione. C'è che lui è solo e ora capisce ora sa che sarà solo anche quando mentre lo sta pensando allunga una gamba nel vuoto e non si aggrappa più a niente. Perchè sei solo sempre. E' una giornata calda di giugno e il bambino sta perdendo sangue stravaccato sul terreno di sotto, ma apre gli occhi e non ha paura. Non sa bene come, ma si rialza e rientra in casa. Nessuno, ma ora ha voglia di compagnia mentre si pulisce e accende la televisione. Non c'è un cazzo manco sulle private gira sul primo e c'è il telegiornale, è la cina. C'è un bordello di sti cinesi radunati davanti a una specie di castello. Le bandiere del castello le conosce, riconosce la falce e martello perchè i suoi sono comunisti tutta la famiglia e nonno partigiano. Gli hanno spiegato che i comunisti sono per la libertà, per la giustizia e per l'uguaglianza. E nessuno come un bambino sfigato delle elementari che vive lontano kilometri dal primo compagno di classe ha un'esigenza così assoluta di queste cose. Lui, il bambino, ha infatti deciso di essere comunista. Ma adesso vede una cosa strana.. Le immagini non sono più della gente, adesso c'è solo un tipo piantato lì in mezzo alla strada e davanti a lui c'è una fila di carri armati che stanno arrivando e il tipo sventola un sacchetto giallo e li fa fermare. I carri armati che sono enormi, si vede che vorrebbero continuare ad andare avanti, ma lui si mette in mezzo e non li fa passare. Il bambino è commosso, quella è una cosa vera, quello sta accadendo e il tipo è la cosa più simile ad un eroe che lui abbia mai visto.
Era il 1989, l'anno in cui crollò il comunismo, il socialismo reale e con esso bruciarono tutte le idee, magari non necessariamente legate, tutti i sogni, tutte le speranze di un mondo diverso. Era il 1989 le illusioni svanivano pensò il bambino quando divenne grande, era il 1989 e nacque una stella che per il finire di un'estate gli avrebbe infiammato il cuore.
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