- Guarda che non era proprio importante, ti dico, non conta un cazzo.. non è mai contata un cazzo..
La voce della ragazza non si sentiva. Parlava con la voce più bassa. O forse non parlava affatto.
- Alla fine non posso dire sia successo nulla. Il resto sono cazzate, sono cose che ti hanno raccontato. Non c'eri..
Arriva al tavolo la cioccolata calda e fumante. Al suo tavolo c'è solo Marco. Questo non è il suo posto, ma sta aspettando una persona.
- Come posso spiegare?
Marco tira fuori nervosamente il pacchetto di siga e lo sbatte sul tavolo con le chiavi e il telefono. Nessuna chiamata.
- ti prego..
Il tipo parla sempre più piano adesso. La voce gli trema.
- E' ora devo andare.
dice lei ha la voce squillante, si direbbe preoccupata. Distaccata, volutamente.
- Mi aspettano, dice.
Il tipo anche si alza, dice di mettere via i soldi, dice che paga lui. Dice anche qualcosa che finisce con
- un'ultima volta.. cosa non puoi fare un'ultima volta?
Marco pensa che la scena è patetica, non si gira a guardare, ma sa che il tipo piange. Piangono sempre in quei contesti. A lui non era mai capitato. Fottere è solo fottere. Una volta una tipa gli aveva detto di no proprio sul più bello e aveva chiesto di essere riaccompagnata a casa. Ed era rimasta sulla strada panoramica quella sera, inseme alle altre, come lei.
- Fanno ridere eh?
Gli dice il fighetto agitandogli il giornale governativo davanti agli occhi, con fare sfacciato, come se lo spettacolo, l'irruenza dovessero riguardare tutto il bar. Il fighetto ha una trentina d'anni la testa rasata, nuda. Una faccia squadrata, neanche belloccia, gli occhiali scuri. Ha un fisico atletico, palestrato con intelligenza, è sceso da una TT sbarcata esattamente davanti al bar. E' sfacciato, ha un 88 tatuato sull'avambraccio destro. Molto gentilmente ha chiesto alla cameriera un lagavulin liscio, con acqua a parte.
- A temperatura ambiente per piacere.
- Senza ghiaccio?
- No grazie.
Il fighetto spiega, quando rimangono soli, che il ghiaccio impedisce la degustazione. Poi quando arriva se lo sorseggia piano, tirandosela in un modo talmente pacchiano da non essere nemmeno odioso.
- Allora sei un volenteroso, eh? Sei stato a Genova?
- Si ma non mi ha dato molta fiducia, dice Marco.
Marco sotto sotto è molto razzista anche nei confronti dei meridionali. Le riunioni praticamente condotte in idioma calabrese lo avevano infastidito fin da subito. E poi erano solo dei rozzi sbirri, scacciati da un qualche sindacato di destra.
- E la cara buona e vecchia madama eh? Pensa ne parlavo con mio padre e il questore di P., quest'estate in sardegna. Gli sbirri sono delle pettegole invidiose l'uno dell'altro. Divisi, divisi, ma in fondo è meglio così..
Gli fa un occhiolino. Poi gli lascia un indirizzo e un numero di telefono e gli dice:
- Domani alle 3. Ci sarà qualche amico, ma avremo occasione di parlare.
Matteo dice che non può venire. Domani deve fare delle commissioni. Domani si vede con quella troia della Barbara che se lo porterà a spasso con il miraggio della figa, e magari alla fine ce lo farà affogare dentro quello stronzo coglione. Quando pensa questo, del tutto incazzato, dopo qualche secondo si accorge di sorridere.
Il giorno dopo esce di casa in bicicletta, sa dove è la villa e la raggiunge in un tempo che lo fa sentire fiero di sé. Dopo guarda in giro, vede le macchine, vede le telecamere, vede la ricchezza. Suona ad un videocitofono. Nota che i lavori per metterlo sono stati fatti con una certa disinvoltura, non rifiniti. In compenso il modello è nuovissimo con un sacco di funzioni inutili.
Lorenzo, il proprietario lo aspetta sulla porta e lo fa entrare. Con una certa non curanza, facendo finta di non farlo, gli spiega la casa, lasciando cadere l'accento su alcuni piccoli particolari. E' vestito solo di un costume firmato, è palestrato e sorseggia amabilmente un bicchiere di vino rosso in bicchiere largo. Con un paio di giri di parole si trovano nel cortile interno con piscina. Quattro o cinque tipe con dei fili plastica addosso che sguazzavano in piscina scoccodeggiando.
- Mi fanno ridere, dice Lorenzo guardando le tipe.
- Veniamo al dunque, perfavore.
Interviene un tipo che Marco non aveva ancora visto.
- Lò hanno rovesciato della vodka sul letto quelle puttane.. io non so..
- Stai tranquillo. Poi lo dico Bali, ci pensa lei, si rivolge a Marco, sai mi sono portato da Milano la colf di mia madre. E' brava, una grande lavoratrice, eh eh.
Il suo riso non dice niente di buono. Niente di buono è intorno. Tutto è sinceramente affascinante e disgustoso.
- C'è questo gruppo di ragazzi, gente esperta.. carabinieri, diciamo, speciali..- ride - io posso metterti in contatto con loro - una tipa gli si avvicina e lo abbraccia alle spalle, è bagnata - loro si occupano di infiltrazione, sono cose importanti, cose necessarie..- la tipa ora gli è girata attorno, è strafatta di cocaina, è divertente - lo devi vedere come un passo necessario, è inutile prenderela sempre con l'ideologia.. i fatti, solo i fatti contano davvero, capisci? - entra da una porta laterale una ragazza che Marco conosce - ..se noi vogliamo delle cose, sono reali, vive, queste cose le dobbiamo realizzare..
- Anche tu sei dentro a questo? chiede Marco, mentre la ragazza lo riconosce in un occhiata.
- No, per me vedi.. io proprio non ci credo.. per me sai, dipende da mio padre, sai lui ci credeva proprio un tempo.. morte ai comunisti! colonelli bombe e ricotta.. poi tutto è cambiato nella facciata e ..- s'interrompe per baciare la ragazza - solo in certi ambienti sono rimasti ancora alcuni, fedeli alla linea..-
- Io avevo pensato a una cosa diversa. Proprio diversa, lo dice sommessamente.
Lorenzo taglia qualcosa sul tavolo, il pomeriggio parte di nuovo. Un vago senso di niente si impadronisce di lui, tanto che si caccia su di una sdraio.
Arreso non declina il saluto verboso del fighetto che porta con se quella. Lui la conosce quella, sta con uno stronzo. E' bella, cosa importa? il sole è troppo caldo, e lui non resiste più a nulla e si concede una serata libera. Và giù tutto. Ha una rabbia fredda e viscida che gli cola in gola mentre ghigna. Allora comincia ad ubriacarsi con metodo. La festa è molto molto divertente e nel giro di qualche minuto Marco si sente per circa un'ora come un bambino, ancora una volta.
Sta tornando a casa, vagamente brillo, col respiro affannoso della confusione. Arriva in piazza dalla discesa, con la bici sta andando abbastanza velocemente. Un pallone crossa improvvisamente sulla strada e subito dietro, il pakistano che di giorno vendeva vestiti proprio lì davanti. Poteva avere vent'anni sugli occhi, ma il corpo era ciccione e paffuto e l'espressione era quella di un bambino disperato. Era sporco e sicuramente se ci fosse andato vicino avrebbe senti la puzza di fritto che si portano addosso. Eppure..
Si girò a guardarlo un'altra volta all'altezza della svolta, forse un piccolo squilibrio, la bicicletta che sbanda improvvisa, c'è una macchina, la frenata è corta, ma dura a lungo nelle orecchie, sempre più a lungo. Il pallone scivolò in un tombino.
Nessun commento:
Posta un commento