mercoledì, luglio 25, 2007

Nodi

.. e così ero su uno sgabello davanti a Maria, pensavo alla vita, ad Anna. Pensavo a cosa avrei potuto dire ad Anna, forse ora basta sul serio. Avevo dormito in spiaggia un'oretta, dopo aver nuotato a lungo, mi sentivo sporco, avevo fame.

Un tipo che conosco di vista si avvicina con un bianco in mano. Non può essere.
- bevi con me, amico, mi dice, ale bevi con me
ci rifletto un secondo.
- No cazzo sono manco le sette.
- Le sette?
Pure Maria che ha aperto una mezzora fa conferma. Il tipo cade nello sconforto. Non può avere più di trentanni, lo vedo, gli sento dentro la caratteristica fame di quello che ti sta sfuggendo. La sentivo ogni santo giorno io, il dannato languore.
Finisco a bere per solidarietà.
- sai il mio vecchio beveva sempre di mattina. faceva il massacan, il muratore.
- capisco.
- attacco a lavorare in cantiere tra meno di un'ora. sto sveglio è inutle che dorma.
- il programma è geniale in effetti.
- IERI SERA ERA IL MIO COMPLEANNO, ora sta urlando, Maria ride. Io no. Mi sto stufando e ho sonno. Il tipo inizia a essere invadente mi mette le mani addosso. e' gasato e non lo fa apposta ma a me fa proprio incazzare e così lo spintono più volte. Maria è indifferente, una vodka.
- A quest'ora?
ha gli occhi neri profondi. Non bella ma mi perdo nei suoi occhi, specie quando sto così. il tipo si avvicina e cerca di tirarmi un pugno. finisce sul bancone. lo prendo per il collo e lo schiaccio contro il legno sudicio dalle colazioni. A questo punto mi viene servito il drink. tiro una ginocchiata al disgraziato e bevo. Il tipo comincia a sboccare per terra. E' uno scempio.
- quanto devo?
Maria mi guarda con un certo odio. io pago per tutti e due, lei pulisce. Ha un gran bel culo. Non credo di star troppo bene, l'odore dell sbocco è orribile.
- potremmo uscire quando è il tuo giorno libero, cosa dici?
- fottiti
Proprio un bel culo, comunque. Prendo il tipo in braccio e lo deposito sulla panchina davanti, per un attimo sono tentato da prendermi un risarcimento dal suo portafoglio, ma prevale la pietà. Non sopporto gli ubriachi molesti. Io non voglio esserlo, mi dispiace ma sarebbe inutile dirglielo ora. Vado verso casa. Stavano rifacendo il grand'albergo sulla passeggiata, era un punto strategico, dominava l'ingresso al centro. Ne avrebbero fatto un centinaio di miniappartamenti. Spesso non capisco cosa ci trova la gente qui. Le cose veramente belle, quelle per cui spendere quattrini per venire, a poco a poco se ne stanno andando. In estati come queste si rincorrevano lavori, asfalti spaccati, piante divelte, non bastassero gli incendi puntuali sulle colline, il mare sempre più sporco. Quando ero più piccolo associavo la mia verginità, al paesaggio che potevo vedere guardandomi attorno. Anche per questo allora mi sentivo così, così.

Al grand'hotel quando era dismesso, andavamo ragazzini. In origine era una villa di qualche famiglia nobile, poi un gerarca se l'era comprata, c'aveva tirato su un albergo, milionario ancora da vivo si fece costruire un mausoleo in cima al bosco sulla collina più alta, da cui il suo sepolcretto potesse vedere ancora il mare il suo amore. Mio nonno, che aveva fatto il cuoco lì poco prima della guerra, mi raccontava che più che del mare si era innamorato di una donna. Doveva essere una suora bellissima, così almeno le voci di paese. Anche adesso c'è il convento vicino all'albergo, ma dopo la guerra ci hanno fatto delle scuole elementari. Noi entravamo da un buco della rete che separava la scuola dall'hotel. Era già dismesso quando facevo l'elementari. Ci venivamo di pomeriggio, dopo la scuola, con il cancello del cortile ancora aperto. le prime volte nel giardino, la difficoltà era rappresentata dai rovi e gli sterpi. E dal ribrezzo che ci facevano i gondoni di cui era seminato il cammino intorno. Iniziavamo a esplorare dal basso, le sale i corridoi le stanze. Cercavamo oggetti. Io avevo paura, sapevamo che c'era qualcun altro dentro quando andavamo, sentivamo voci e rumori. Col tempo imparammo ad avventurarci ai piani superiori, mai trovammo nessuno prima del tetto, il solaio, anche se ci vollero mesi per arrivarci. Il gioco che ci prendeva era indagare su misteriosi omicidi che dovevano essere avvenuti lì dentro. Cercavamo le impronte di dita sulla polvere, guardavamo il rossetto sulle cicche, ci perdevamo gli occhi sui pavimenti a ricostruire i passi, il cammino, la direzione dell'assassino. Una volta, eravamo appena usciti, vidi con gli altri un viso donna affacciato alla finestra del quinto piano. Sembrava pallida, lontana chilometri, una visione o un fantasma. Ovviamente noi credemmo istantaneamente alla seconda ipotesi. La rividi alcuni mesi dopo, sempre alla finestra del quinto, questa volta ero da solo e rientrai. Salì fino al piano, ricordo che dovetti pisciare a un certo punto. Sentii delle voci venire dal corridoio. Un rumore come gente che sta scopando, io credo, ora col senno di poi. Scappai sul muro avevo anche visto una spruzzata rossa, sembrava sangue che colava ancora mentre ero lì. Alla fine dell'anno scolastico, per festeggiare decidemmo un giorno di pioggia, che non si poteva andare al mare, di salire fino a sopra. Saremmo andati tutti insieme, per precazione. Chi se la sentiva, chi non se la sentiva, e alla fine cominciammo la salita in cinque, arrivando in tre. Prima di entrare sentivamo musica. Nel solaio, quando entrammo, c'erano poltroncine, qualche sedia, una scopa e un tavolo. Materassi per terra, mucchi di sigarette negli angoli dei muri. la musica era una radio, era una roba credo tipo clash. Lo sporco era vivo e recente. Sentimmo tossire da dietro la porta di una stanza in fondo. Ci avvicinammo. Dallo spiraglio vedevamo un piede steso su un letto. Doveva essere la ragazza. Immobilizzati dal timore, eravamo davvero silenziosi. Una ventata aprì la porta all'improvviso, davanti a noi un tipo sdraiato sul letto, con la siringa, il laccio emostatico e tutto il resto. la prima volta che ebbi a che fare con la robba. Alla fine degli anni 80' era una moda con una sua iconografia. Era il vero spettro. col tempo pensandoci la paragonai alla la peste, per i riti che facevano, per come si sentivano. Scappammo, il tipo seppi poi che era stato alunno di mia madre. Portò il giornale a casa di ritorno da lavoro, lo cacciò sul tavolo e andò a dormire. C'era la sua foto sul giornale.
La cosa in sé fu salutare, io cercai sempre di starne lontano, e ci riusci almeno fino a quando jake non morì come un idiota. Ma questa è un'altra storia.

Poi la moda passò, finalmente gli eredi riuscirono ad accordarsi a vendere, partirono i lavori, anni, adesso stavano per finire. Lore non era in casa. Attaccai lo stereo, kid A dei radiohead. How to disappear completely.
That there Thats not me I go
nel dormiveglia avevo l'ansia, sole poche ore per dormire, poi il lavoro
I walk through walls I float down the liffey
pensavo che Isa chiamasse, mi dava fastidio anche il solo pensiero, sarebbe venuta di sera
Im not here This isnt happening Im not here Im not here
volevo fuggire, pensavo, poi mi rivenne l'immagine di prima, davanti all'albergo
In a little while Ill be gone The moments already passed Yeah its gone
avevo guardato al quinto piano, il viso della ragazza, ho quasi trentanni pensai
And Im not here This isnt happening Im not here Im not here
la ragazza la ricordo, non poteva avere che sedici anni, adesso adesso dove
Strobe lights and blown speakers Fireworks and hurricanes
sento che avrei voglia di piangere, sento solo la voglia di piangere
This isnt happening Im not here Im not here

sabato, luglio 07, 2007

Il sorriso di Isa

Maria ha la faccia stanca e tirata dietro il banco. I capelli sono raccolti in una coda sbarazzina, l'ha fatta di corsa, non ha dormito molto stanotte. Il locale era aperto sei ore fa, c'ero, ho fatto la chiusura. Ieri sono stato all'ospedale tutto il giorno. Quando mi hanno portato al pronto, m'hanno mollato su una seggiola all'ingresso. Ero stanco, mi sono addormentato. Quando l'infermiere mi ha svegliato ero particolarmente molesto, mi ha detto di seguirlo, c'erano degli sbirri o qualcosa di simile, perchè lamentandomi l'ho seguito docilmente. ma ero comunque molto determinato a portare a termine il sonno. Seguo il tipo al piano di sopra, ma sono proprio stanco, quando usciamo dall'ascensore lo perdo definitivamente. Nel corridoio c'è una branda mobile, sbocco un po' di birra dentro a un cestino e mi ci caccio sopra. Mi sono svegliato poi alle tre del pomeriggio in uno sgabuzzino al quarto piano. La porta era chiusa a chiave. Dopo che ho provato a chiamare senza effetto apparente, ho attaccato il pacchetto di sigarette che qualcuno mi ha lasciato in tasca. Io non le avevo. non so neanche chi mi ha portato qui. non ho il telefonino. Ho aspettato un'ora e mezza. Con una certa signorilità quando aprono, esco senza salutare, a cenni.

A l. sono tornato solo per lavorare. Alla sera è venuta Isa. Credo di piacerle, perchè la tratto di merda. non è che a me non faccia senso che stia sulla carozzina. Che non
provo pietà o robe del genere. E' solo che nessuno pensa a me e io non compatisco nessuno. Compatire è una moneta idiota e lascia il tempo che trova. Ognuno di noi ha un arto che non funziona. Lei le gambe io la testa, prossimamente pure i polmoni. Quando raggiungo il tasso alcolico appropriato durante una pausa sigaretta gliene parlo, con lo stesso stile. Luca si incazza, mi provoca, mi fa capire che gli sto sul cazzo. In realtà riesce solo a farmi avvinghiare addosso Isa. Lui a me sta simpatico. Luca deve avere poco più che vent'anni. Mentre Isa mi sta facendo una pistola incredibile su qualche sua amica puttana che sta cornificando il tipo, mi chiedo perchè luca sia innamorato di lei. Lei lo usa. non c'è una definizione diversa da questa.
- Perchè tratti questo povero cristo come uno schiavo?
- perchè è il mio schiavo. mi risponde con aria cazzona.
- te l'hanno dato in regalo con la paralisi?
Ecco a questo genere di battute puoi ridere se sei completamente ubriaco, se sei completamente amorale o se sei innamorato di me. A me fanno molto ridere. Isa sghignazza rumorosamente. Luca si incazza di brutto.
- non sono lo schiavo di nessuno, mi urla in faccia.
bevo una vodka.
- che cazzo ti credi di essere? eh? non sei un cazzo con le tue battute ciniche, i tuoi libri la tua musica di merda! non sai un cazzo!
Io sono a due vodke, la nostra piccola bambina a quattro ruote si sta rendendo conto che è in atto una specie di ribellione, corre ai ripari, ma Luca prende a spintonarmi. Si avvicina gente. io non muovo un dito.
- no ragazzi lasciate che si sfoghi, tranquilli, dico
- Sono stufo! io vado Isa e tu?
- Io credo che resto qui.

Ecco mentre Luca si allontana penso che mi piacerebbe scopare con Isa stasera. Più che altro per far dispetto a quel povero deficiente. L'amore è una roba orrenda, ma molto più orrenda di ciò che lui prova ora, per quanto la situazione abbia nel suo caso margini di originalità. Entro dentro, dietro il banco metto su i Joy division, e rifletto su come si fa a chiavare con una paralitica. Non ne esco fuori. Isa continua a star lì mi fa compagnia e chiacchieriamo per tutta la sera. A un tratto capisco che la dovrò portare in albergo. Isa era una figa della madonna prima dell'incidente. Ha tutte le cosine al posto giusto. E doveva pure essere uno squalo col carattere che ha. Il suo personaggio è decisamente ridicolo, ma a poco a poco lei si apre, mentre parliamo. Riesco a vedere una cosa diversa da quella che è impegnata a recitare. Stasera voleva sembrare davvero carina, ha montato tutto un casino sopra la testa coi capelli, si è disegnata le labbra con un rosa più vivo della sua carne. Ora che stiamo chiudendo dietro la porta della cucina la guardo dallo spiraglio. Lì al tavolo così perduta, così veramente perduta, lei e la sua vita spezzata all'altezza delle gambe. Ma devo lavare i piatti, devo fare presto.

Quando usciamo andiamo al mare, come l'altra sera.
- Quanto sono lontane le stelle?
mi chiede e poi mi chiede quanto sono stato innamorato. Mi chiede di Anna. E io le parlo di lei come di mia sorella. Del bene infinito che ho per lei. Di quanto questo mi faccia soffrire. Di quanto penso di essere inutile.
- Beh stasera non sei inutile
- Si? perchè? le chiedo mentre la luna si pone proprio sopra il campanile. E' piena e irradia una luce di morte su tutto. Quando gli dico queste cose, lei stupisce.
- Perchè di morte? Io la sento così calda. E' intima, forse piagnucolosa, ma è come più personale, più dei singoli. il sole è di tutti, la luna ti sembra che ci sia solo per te. Che guardi te. Anche quando ti baci che c'è la luna lo senti che sta lì per abbracciare tutti e due..
- quando lo hai fatto l'ultima volta?
- era prima del diversivo autostradale. Ma non è stato bello, non è un buon ricordo.
- quanto è passato?
- quasi due anni.
si coricò lentamente su di me, come poteva. Mi faccio schifo, ma mi giustifico. Sono ubriaco. Mi accosto e le bacio la fronte.

Siamo a casa, non sta in albergo, ma in una casa in centro, di quelle con le scale tortuose strette e altissime. Penso a Luca che la porta su per le scale tutte le sere. E' proprio innamorato, povero coglione. Io sono sbronzo e rischio di cadere, una volta due volte e poi cado. Anche lei è carica e non dice niente. Anzi scoppiamo a ridere. Sono di nuovo preso, adoro l'alcool, la droga, e mentre, come mi ha chiesto, la chino sul letto una volta entrati, nel mio cervello qualcuno grida che mi sto per scopare la paralitica.
- hai voglia di baciarmi? mi ha chiesto Isa, Isa stanca e felice sul suo letto in una posa non proprio erotica, ma l'immaginazione ce l'ho messa io. Non avevo tempo per essere imbarazzato.
E' iniziato così. Poi a un certo punto credo di averle chiesto
- scusa ma secondo te si può?
- secondo me si. ha risposto Isa.
- ma senti qualcosa tu?
- si. ha risposto Isa, poi mi ha stetto a se come fa un bambino quando ha paura di perdere la mamma, ha messo la testa sopra la spalla e mi ha cacciato il musetto nei capelli. L'ho sentita piangere. Credo che a modo nostro, e io non posso dire che l'amavo, stavamo facendo l'amore.

Quando si è addormentata mi sono alzato e in mutande sono andato sotto. ero felice, forse. arrivo al mare e mi caccio. Pochi minuti prima dell'alba.