mercoledì, dicembre 27, 2006

La bambina impara a giocare
coi coltelli, la guardo sempre
nascosto, mentre s'allontana
s'è messa in testa di combinare
guai ed era bellissima perchè
lo era per me.
I polsi si possono squarciare
oggi si vende orgoglio
per comprare buio
e mi fanno sorridere i ragazzi
che cura, quando frignano
mi fa ridere il dolore loro
mi fa ridere.
Ha perso della pietà
mentre camminava distratta
finta corrotta come si vuole
come è la natura delle cose
chissà se ci pensa ogni tanto
se ogni tanto piange
per la poesia vera.

mercoledì, dicembre 20, 2006

Cenere

L'altro ieri un vento forte ha portato l'inverno. Ricordo che la sera prima mi perdevo nelle strade con una maglietta e una felpa sopra come ancora fosse estate, col coraggio testardo di un bambino, aggiustando il tiro ogni tanto, a botte di amaro o chissà quale altra schifezza. C'era l'arcobaleno l'altro ieri quando sono tornato a casa, ma era vicino come mai l'avevo visto. Dall'altra parte della valletta di casa mia. Potevo vedere anche dove toccava terra, in un piccolissimo bosco di quercie, lo scampolo di una riserva che i marchesi avevano secoli fa da ste parti. io ho bisogno di un nome per chiamarmi, perchè lei mi chiami, i marchesi, tutti i previlegiati di sta terra non ne hanno mai avuto l'urgenza. io ho sempre sognato di andare a vedere dove iniziano gli arcobaleni. Alla fine non ci sono andato anche se ci avrei messo a piedi pochi minuti, lanciandomi a correre nelle piane sotto la pioggia e il sole. non l'ho fatto. Questa è la mia vita. Vorrei distruggere tutto, ma sono innamorato di ogni cosa in cui riesco a trovare della bellezza, vorrei affondare in tutto questo e perdere finalmente coscienza. la gente non apprezza mai. L'arcobaleno è scomparso poco dopo. Auguri di buone feste se non ci vediamo più.

sabato, dicembre 16, 2006

Il suo quaderno

ha strappato le pagine del diario. Le pagine con il mio nome non ci sono più, chissà dove le ha cacciate, e così non saprò mai cosa pensa veramente di me, cosa pensava allora. Se io sapessi, potrei farmene una ragione. Le chiesi di scrivere tutto, credevo nelle parole e mi innamoravo di lei al ritmo cadenzato delle note basse di chopin nei notturni. Ci sprofondavo nelle fottute note di chopin e a volte volevo solo annegare in lei. Cominciò così. Cominciò che volevo sparire completamente, la mia natura normale, stabile, in malfermo equilibrio, il lavoro già il lavoro, io odiavo me e tutto questo. Odiandomi infatti la cercai. Lasciai che venisse a me e la solleticavo con la vanità. Mi nutrivo della sua bellezza, lasciavo che fosse un'anima pura che le disegnavo addosso a colmare il vuoto che lasciavo lasciandomi andare via a poco a poco. Per questo, perchè tutto non fosse dimenticato le chiesi di scrivere di noi. E lei ha cancellato tutto. Ha stracciato tutto.

giovedì, dicembre 14, 2006

è tutto ok

La ragazza non deve essere maggiorenne, sotto gli occhiali da sole ha la faccia un po' sfatta. Non è maggiorenne perchè si è truccata di brutto per dimostrarne trenta di anni, mentre cammina lascia il profumo, i tipi la guardano come una visione. E' mattino e la strada per il parcheggio dell'ospedale è frequentata da macchine, non da esseri umani. Cammina decisa, seria, ma quando incontra qualcuno che la conosce saluta contenta. E' eterea. E' presto e oggi c'è scuola, ma lei ha detto a sua madre che doveva andare a parlare per un lavoro, solo di mattina si poteva parlare.

E di mattina all'ospedale lei sta andando al consultorio. E' sorprendente da un certo punto di vista, tutto è stato abbastanza strano e improvviso. Ma lei conosce la strada, ci ha già accompagnato un'amica una volta, è semplice, umiliante, ma semplice. Poi non ci sono alternative. Forse la cosa triste è che è sola.

- beh mi è successa questa cosa qua. E' tutto..
Lui ha la radio accesa e non ha sentito benissimo. Spegne la radio, spegne il telefono, va all'armadietto e si sgola un bel po' di calmante. Si caccia in letto a dormire mezzora. Quando esce va in stazione, la gente torna da scuola, è ora di pranzo, c'è il sole, c'è puzza, è tutto ok.
Scende alla stazione di Genova, ha un paio di idee in testa su come trovare dei soldi, si guarda in torno, non ci sono gli sbirri, ma c'è una moto con le chiavi inserite. E' una visione estatica. Va al bar. Chiede al vecchio un bicchier d'acqua, gli caccia dei soldi sul banco senza contare. Caccia una pastiglietta nell'acqua, se c'è da cagarsi addosso, pensa, è meglio non essere lucidi, passar per matti, per tossici. Magari, pensa mentre esce sulla strada e la rivede lì bellissima come prima ad aspettare chissà chi, magari se racconto la storia si commuovono. Ci si ferma davanti. Ce n'è di gente, ce n'è un sacco, li scruta tutti, se il tipo è da ste parti lo potrebbe riconoscere, tutelarsi. Niente, ora ha le mani sul manubrio, sincronizza le gambe, salta il cavalletto, gira le chiavi e parte. Quando fa il sotto passo verso lo stadio si rende conto di non avere il casco, ma nessuno se l'è data, abbastanza lontano ora, un paio di traverse così giusto per bossarsela, cazzo tossisce, il motore ha la tosse cazzo, la moto saltella, saltella e poi inesorabilmente si ferma. Pensare. C'è un meccanico a duecento metri. Spinge la moto a tutta velocità e gliela porta. Sfodera un sorriso da bravissimo ragazzo, perchè il tipo sta chiudendo, c'ha fame.
- C'ho fame anch'io, mi scusi, ma magari è una cazzatina, me la risolve in due secondi così torno a casa.. cazzo devo chiamare mia madre.
La parola madre suscita spesso un bel senso di fratellanza tra gli uomini lui lo sa e quiondi se ne approfitta sempre quando può. Con gli sbirri in particolare è decisamente efficace.
In effetti il lavoro è una mezza cazzatina, se la sbriga in dieci minuti, la moto è pronta a ripartire. Tira fuori quei cento che c'ha ancora in tasca dell'ultimo stipendio e glieli dà, si compra anche un casco duraleo, di moda.
Autostrada piuttosto incasinata e prendendo un freddo terrificante, ma almeno si risveglia un minimo, bisogna fare il punto della situazione decdere cosa fare della moto, a chi darla, gli vengono in mente un paio di nomi da cui andare, gente un tantino sporca, ma efficente. C'è pure suo cugino che gira nel losco da qualche mese. Allora decide di puntare sulla famiglia.
Ci vuole più di mezzora perchè suo cugino lo raggiunga nel baretto all'uscita dell'autostrada. Si è appena svegliato ed è venuto lì senza mangiare. Ha la faccia in mano.
- Anche io non ho mangiato.. dai piantala, hai capito il problema?
- tu scopi cazzo! io se non mangio divento una bestia lo capisci o no? e poi è un casino, che cazzo ti è venuto in mente.. ma secondo te si vende la moto così al primo che passa o magari la vendiamo su ebay? eh? ma credi di aver chiamato mike bongiorno? cazzaccio! oltrettutto pure coi casini al motore.. se vabene non è utile neanche per uno strappo..
- che?
- uno strappo, uno scippo, cazzo.. hai presente Napoli, motorino, tossici, eh? hai presente?
- uno strappo.
- eh uno strappo, alle poste è l'unica.

Era l'unica. Soldi facili brillanti, soluzione del problema, felicità. Lo convince, facciamo fiftyfifty, è una cazzata, noi non siamo tossici.
- parla per te
Partono, direzione ufficio poste, ma prima si fermano a prendere il casco della Emi. Arrivano in centro baldanzosi, ma sanno che devono essere più svegli che mai. E' una cazzata comunque, c'è una vecchia che è uscita, borsa piccola. Non va bene, quella tipa là no che si incazza. Il vecchiaccio non ha di borse, ma c'è un orologio d'oro. Si ma dobbiamo strappare hai capito smettila di fare il cazzone, non stiamo scherzando, quella va bene, vai, vai, tun, fatto, scappa cazzo cazzo.

Il brigadiere Modica sta girando allo stop. A un certo punto si incuriosisce per un tipo in moto che lo guarda terrorrizzato e fa cenno all'altro di scappare, sembrano esterefatti. Il brigadiere Modica sorride pensieroso e li segue. I ragazzi scappano di brutto. Suo cugino lo caccia giù dalla moto gli dice di andare a piedi, è l'unica, non cantare per dio gli urla mentre infiamma il motore. Corre, non ha tempo per voltarsi, l'adrenalina è a mille, pensa che vorrebbe della cocaina per sentirsi invincibile, per non avere questa cazzo di paura che frega sempre. Corre c'è una porticina di palazzo aperta si infila dentro, prima rampa di scale guarda di sotto gli sbirri si sono fermati. La novità in assoluto più divertente è che il quartino di ore fa ha deciso di salire proprio ora. In modalità decisamente sconvolgente. altre scale, porta sbuca in cima. C'è una tipa che sta stendendo il bucato sul tetto. Ciao gli dice lui si avvicina alla grondaia c'è una scaletta a muro ci rovina sopra tragicamente. Piede in fallo dopo neanche un metro perde la presa. E' andata, non ha neanche il tempo di bestemmiare. Un boom fortissimo, ha spaccato il tetto del pollaio di sotto. Senza pensarci si alza, fa male tutto, ma cammina, non si è rotto niente, oggi muoio pensa, oggi fa finire che muoio. Esce dal cortile corre di nuovo non sembrano esserci sbirri. A Genova vado a Genova e scappo non mi possono prendere. Alla stazione non c'è gente, atrio tre sbirri sulla scala che va ai binari salgono, non l'hanno visto, si precipita fuori disperatamente legato all'idea di scamparsela. 500 vecchio tipo, cazzo che acido in testa, boom boom ancora i rumori dela botta di prima, 50 vecchio tipo davanti alla porta della stazione. Ci sale sopra. Ha fatto il meccanico, sa come si fa. Radunando gli ultimi grammi di lucidità che navigano nel suo cervello la fa partire in qualche modo. E scappa di nuovo. non vede la corriera a cui taglia la strada, non vede nulla. Si pianta alla rotonda davanti ad una carrozzina e incrocia lo sguardo della mamma. Non è né incazzata né spaventata. E' atterrita, qualcosa avrebbe potuto distruggerle la vita, qualcosa che si è fermato a una decina di centimentri dalla sua bambina.
Lui riparte, oggi muoio pensa e io non voglio morire, è nel panico, suda freddo sugli occhi, anche le forze nel braccio si disperdono a poco a poco. Improvvisamente gira verso la via che conosce bene. La via della scuola, dell'asilo e dei carabinieri. Quando parcheggia e spegne tira la testa indietro. Crolla. E' tutto ok, sogna, è tutto ok.

domenica, novembre 26, 2006

Sai dirmi come mi dovrei sentire?

Dove stava andando? cosa cercano in mezzo alla gente, si arriva al cinismo per rassegnazione, per noia. per chè è importante e non lo è?

Delicatamente si adagia sulla superficie liscia unta umida. Penso ai pali e agli alberi sradicati. Un niente che riempe, sempre. una settimana fa non ero qui. Non ero qui. E l'unica cosa da fare sarebbe andarsene via. Andare via senza scegliere la strada, come nascondendo qualcosa. Come un ladro. Almeno non sarei qui.

Qui tutto è sfocato, breve sensazione di sete, la bocca pare arrostita. Il resto ruota attorno ad una sensazione di vuoto. vuoto di sentimenti, come qualcosa da riempire.

Io so che lei lo fa. Loro lo fanno. Loro curano i dettagli e quello che faccio io è lavarmi perchè ne sento la necessità. Bisogna stare in allerta. Guardinghi. Se nulla è più vero non puoi fidarti di nulla. Questo è il nostro cinismo. E' una necessità, ma il mal di testa non passa certo per questo. Non passa il prurito per questo. soli. soli. soli.

Quello della penitenziaria che mi porta a spasso è cosciente e vede tutto. Vede dove sto andando, informerà qualcuno, avviserà, farà di tutto per evitare di nuovo il dolore. Mi farà fare un'altra figura di merda.

"Cosa stai scrivendo?" mi chiede il mio amico. E' mio amico perchè quando è entrato gli si è illuminato il viso quando mi ha visto. Ero un elemento della sua fortuna. Mi da delle preoccupazioni. Per lui tutto è semplice e duro. Vende rose di plastica. Spera di convincere i turisti umani del fine settimana. io so che non avrà una fine e se fosse diverso non sarebbe importante. Non cambierebbe nulla.

Al porto le bare sono pronte per essere caricate sulla prossima nave. Abbiamo predisposto tutto. L'equipaggio è affidabile, tutti ecuadoregni e duo o tre greci. L'armatore è un romantico e ha letto Durrell. Ci ho parlato una volta, è amico di Ferretti, dopo che si sono sciolti la deriva li ha fatti incontrare. Le grandi tenute sugli appennini non sono meno snob di Portofino. E almeno lì c'è il mare.

Il mio sbirro custode si è distratto con la storia. Ha abbassato i freni. L'arte ti fa precipitare nel cesso e dal cesso al mare, la via è breve. Poi ci si abitua anche a girare nella fogna. Ecco vedi per un secondo una luce intensa e dolcissima che ha il nome di donna. Ne senti anche il profumo, il caldo è lucido come il tavolo. UN bravissimo suonatore di chitarra mi passa di fianco, si è arreso va agli uffici di mezzanotte a firmare l'armistizio personale. Non faranno sconti.

Come un disegno sbiadito. Il giornale di domani traccia prospettive pessime per il lungo periodo e rassicura sul presente con una vasta gamma di distrazioni disponibili.

L'antartide è al centro della proggramazione della tv satellitare. Un iceberg si è sciolto e deriva verso punti cardinali immaginari. Prima o poi, lo so, verrà qui. Quel giorno non avrò paura. Sarà la mia vendetta, non ne ho paura. Bloccherà l'acqua e la farà tracimare sulla terra. La andrò a cercare nella disperazione. Per piangere e ridere insieme.

Nello specchio due condividono il possesso dello stesso gorgo umido e caldo. Nessuna religione è salvifica. Tutto è una grande dimensione di morte.

Affoga amore mio io non ne ho il coraggio. Non ne ho il coraggio. trascino i pezzi in un disordine cieco. So di inacessibile ora. Sono gonfio. Sono gonfio ora e inaccessibile.

venerdì, novembre 03, 2006

Progetti per il futuro p.te seconda

Il divanetto al secondo piano è occupato completamente. La finestra è aperta anche se è fresco, perchè è piuttosto presto, ma la stanza puzza di fumo e lo statuto della croce rossa appeso al muro si è ingiallito di tabacco. Anche adesso i ragazzi fumano. Sono tre e stanno guardando un programma idiota del mattino, formato media famiglia italiana.

- Meno male che vi ho incontrato ieri sera.. non c'avevo per il cazzo di andare all'università..
- ma scusa, a lingue non è pieno di figa?
- che vuol dire? lo sai che sono fidanzato..
- io lo so che sei fidanzato, lo sa anche la tua ragazza, lo sapeva anche Valeria?
- penso di sì..
- e quell'altra, quella che hai beccato in discoteca l'altra sera?
- vabbeh ma lì è una storia vecchia.. se la pianti di spaccarmi ne faccio sù una..

Chissà cosa spinge torme di ragazzi completamente atrofizzati dalla cultura televisiva del disimpegno a sbattere in una qualche forma di volontariato. E' qualcosa che talvolta può essere molto pesante o richiedere responsabilità, è difficile, quindi, che sia una moda.

- Giorgia me lo faresti un pompino?
- eh?
- hai presente l'altra sera..
- l'altra sera ero molto ubriaca e non voglio ricordare nulla.
- ma dite l'altra sera quando eravate in servizio, con Aldo e gli altri?
- si c'è stata una specie di festa..

Suona il telefono. E' una chiamata. Si parte. Hanno trovato uno giù da un burrone alla collina di Santa Giulia. Hanno il tempo di chiedere tutto quello che vogliono mentre fanno il tragitto nel bosco con la barella, che è una menata pazzesca, perchè quel bastardo ha avuto l'idea geniale di cacciarsi nel posto più lontano dalla strada. E quel contadino del cazzo che l'ha trovato dice che andava per funghi.

- Con un po' di fortuna se lo sarebbero mangiato le bestie magari.. sai la gente che scompare.. poi passano tanti anni e gli trovano lo scheletro..
- Sta attento.. perchè devono stare attenti, quando camminano con la barella, non come il mese scorso quando erano rovinati su una rampa di scale, fortunatamente senza vecchio a bordo.
- siamo arrivati guarda è là, e indica con la mano una figura stesa, un grosso sacco di sangue, che probabilmente è proprio scoppiato per chè s'è fatto cento metri di caduta libera tra strattoni e pietraccie. E comunque non si muove. Lo devono muovere loro quando arrivano là. Il dottore ha già detto tutto, ci sono gli sbirri. Tolgono il copertone che hanno messo sopra come un lenzuolo tipo film. Lo girano.
- E' lui? E' proprio lui? dice Ste. E comincia a sorridere con frenesia. Perchè la risposta è sì.

Giulia è andata a scuola a sbrigare le ultime pratiche per il trasferimento. In fondo voleva semplicemente vedere gli altri e salutare il professore di italiano che adorava, ricambiata. E il prof infatti non perse l'occasione per dirle con un buffetto sulla guancia,
- Cerca di essere quello che sei sempre.. De André canta continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?.. Pensaci sempre Giulia. Impari delle cose, soprattutto ciò che io insegno che hanno valore solo se ti servono per la vita.. capisci? in fondo è per questo che non va più di moda l'umanesimo, che vi vogliono tutti professionisti, ingegneri e medici puri, incoscenti della vita vera, consumatori contribuenti, eh? Pensaci sempre Giulia..
Pensaci sempre, e lei ci pensava mentre usciva dalla porta dell'istituto. Scendeva le scale e poi dato che era presto scese verso il centro. A quest'ora del mattino capitava di farlo solo quando marinava. D'altra parte è sempre bello fare le cose pensando che sia per l'ultima volta. Quando arriva nella piazza del tribunale vede Maria che le cammina incontro. Fa un cenno con la mano, come timida, la faccia è tesa e gli occhi un po' tirati. Gli occhi sono proprio stretti e rossi quando ce l'ha davanti e Giulia è quasi più occupata a guardarle gli occhi mentre Maria parla e le dice
cheluièmortoperchèsiècacciatogiùdasanta
giuliaprobailmentedrogatomahaicapitogiulia
giulialhannotrovatoquestamattinaiononsodipiu
giuliaiotigiuroiotigiuroiotigiuroiotigiuro

- Cosa? Cosa? ripete. E dato che lei scrive racconti ogni tanto, si trova sorpresa. Questa scena ovviamente se l'era già immaginata migliaia di volte. L'innamorata dolce e indifesa viene raggiunta dalla notizia della morte di lui, magari di notte, magari al buio, dalla sua amica e lei viene così sopraffatta dall'orrore-dolore che sviene lì dov'è. Il finale del racconto. Ma questo lo sta pensando adesso, è non è svenuta. Ora che ci pensa deve sembrare vagamente ebete, perchè dopo aver detto "cosa" si è fissata a guardare una gonna trendy esposta in un negozio trendissimo. Maria la guarda e Giulia ora non sta provando nulla.

- Ma sua madre ti ha dato le chiavi?
- Si.
- E' questo il posto?

I ragazzi entrano in un appartamento della periferia. Le case sono quelle del primo dopoguerra. Le prime case che le nuove fabbriche fecero crescere intorno, come ricompensa del lavoro. Un posto solido e spoglio, sporco e spaccato. Al piano di sotto abita una famiglia di ecuadoregni. Sono in sei.

- questa è camera sua, mi ha detto che da qualche parte nel comodino ci sono tutte le poesie e le canzoni..
- io non so quanto sia giusto.. alla fine è un funerale.. alla fine..
- Alla fine me l'ha chiesto sua madre e se non volevi venire non venivi..
- Senti non mi fare prediche perchè io me lo sono beccato nel bosco, scoppiato come un pallone.. mi senti? hai vagamente idea?
- Ecco, dice l'altro facendo finta di nulla, è questa roba qua.
E allora frugano un po', ma tutto è strano perchè quelle carte parlano di vita, non di questo che è successo. In tutte si leggeva il rimorso per una speranza fallita. Il verbo "precipitare" era presente quanto la parola "gioia", e dappertutto si intuiva quel fantasma.
- E io lo sapevo.. e indica in fondo al cassetto la strisciata di foto da macchinetta, le facce felici e attaccate, i baci stampati di gesso, persino un po' ridicoli.
Poco più tardi mentre ancora cercavano la poesia da leggere in chiesa, bussarono alla porta e Ste andò ad aprire. Tornò indietro insieme a Giulia, muta tirata e fredda. Lei entra, senza dire una parola fruga sotto il letto, trova qualcosa, si rialza e se ne va.
Il poster dei Velvet Underground appeso al muro sembra così idiota.

La chiesa è piena di gente. E gente continua ad entrare. Fuori ridono ma dentro è un altra cosa. Accade qualcosa che tocca la vita, quando se ne va un vecchio non è mai così. Chissà cosa avrebbe fatto nella vita? è scritto su ogni panca su ogni tegola su ogni crocifisso. Ma questa non era una malattia. Questa è stata una scelta e anche questo è scritto dappertutto. Perchè in paese tutti dicono che non è proprio stato un incidente. E se lo salvano dall'infamia e solo perchè in fondo era un bravo cristo, per i suoi. Perchè è vero che la gente sta male, sta male proprio a livello di macroorganismo. In chiesa quando passa la bara piangono tutti e tutto è dignitoso. Tra un anno dove ora c'è la bara, pensa qualcuno, ci saremo io e Chiara a sposarci. Con il mutuo, con la fatica, ecco i nostri progetti per il futuro.

Quando tutto è finito i ragazzi si disperdono. Neanche oggi è scoppiata la rivoluzione. Ma la giornata non finisce nel parcheggio squallido di una chiesa, che non è neanche un piazzale. La baia la intravedono dal vicolo da cui ci arrivi, c'è un po' di gente, ma sono solo spettri, così è facile oltrepassarli.
Ci solo Giulia e John in verità. John è il tizio grosso con gli occhiali scuri e la chitarrina, si è messo proprio al centro ed è vestito alla grande per fare un concertone. E stupra quel legno con le corde di plastica come fosse tutta la rogna della terra e urla al mare qualcosa che forse non ha senso, perchè tanto questa è la fine, è la fine capisci? è la fine e continua come una tempesta su tutto quello che c'è.. Su tutte le cazzate che rimangono e domani saranno la droga perfetta per dimenticare. Perchè è l'oblio il segreto, non il perdono, non l'amore. E tutti questi ipocriti che sanno.. E' la fine e non c'è proprio un senso, forse.
Forse no.

domenica, ottobre 22, 2006

Nella vita vera

Infine un giorno mentre camminava in centro tra una vetrina e l'altra realizzò che tra due giorni sarebbe tornata sù. Dopo un mese passato nella compagnia di Nadia, una settimana prima, di sera era successa una cosa insolita. I ragazzi avevano l'età di Nadia o poco più ed erano più grandi di lei. Daniela vedeva Nadia, Maria e le altre più belle di lei, aveva iniziato ad imitarle, piano piano, con pudore.. E a poco a poco aveva imparato, da tutte e due, anche se in fondo erano così diverse. Nadia era dolce, ma con gli altri era distante di solito, spesso si scuriva improvvisamente, a volte se ne andava persino, lasciandola lì. Era successo fin da subito. Ma allora l'aveva adottata Maria, che era semplicemente pazza, si fumava parecchie canne, era quasi sempre contenta, attiva, nevrotica, paranoica, ossessiva, tenera, volgare.

Maria ha uno stile aristopunk, si vestiva sbragata e in questo tendeva ad essere terribilmente influenzante. Maria era anche sanamente mignotta. Nel senso che, come diceva lei per spiegare la definizione di sua invenzione, aveva un sano rapporto col sesso. Era persino intrigante quando cominciava a parlare di scopate e poi ad un tratto prendeva ad utilizzare termini medici per descrivere le situazioni che si possono creare nel retro di un'utilitaria. Daniela cominciò ad interessarsi all'argomento molto presto. Maria mentre guidava e la portava in giro per i bar all'ora dell'aperitivo, girando di paese in paese, era capace di fischiare ai tipi carni che vedeva passare in motorino oppure ad esordire nel pieno di una di quelle squallide canzoncine per l'estate dalla strofa tenera tenera, con un rutto virile, frutto di anni e anni di esperienza con maschiacci.

Maria non leggeva, andava poco al cinema, studiava solo quando voleva e quello che le piaceva, ma adorava ascoltare musica per ore e ore, in camera, in macchina, sotto la doccia, mentre faceva qualunque altra cosa. Una sera erano passate a prendere Daniela con Nadia. Dopo un'ora si trovavano in autostrada ai 170 a urlare canzoni. Le canzoni erano rigidamente alternative, cattive e sostanzialmente distorte. La distorsione, spiegava Maria, era una forma d'impressione per rendere la verità.

- i violini ci sono mai? non ci sono mai. Al limite degli arpeggi sottili sottili, con i bassi che ruotano intorno, che cullano.. ma ad esempio, se scopo, no? se scopo io sento Purple Haze, sento questo..

E parte come un'uragano Hendrix, che finisce giusto dalle parti di Pisa. Non scesero dalla macchina, continuarono a correre al buio. Stranamente Maria era lucida, c'era tensione con Nadia, si sentiva, ma per una sera proprio Nadia fu esemplare, serena come raramente era. Anche lei era lucida. Daniela si addormentò piano piano mentre el altre due davanti discutevano a bassa voce di due amici che si stavano lasciando, la voce di Maria che era in quel momento bassa e dolce le fece pensare ben altri discorsi, altre immagini. Si sdraiò sul sedile dietro con la faccia in su guardava fuori i lampioni gialli, bianchi al neon e poi il buio improvviso della campagna che l'autostrada e loro violavano a una velocità frenetica. Pensò a una piccola via, che era una scorciatoia per arrivare a scuola. Una viuzza stretta tra due palazzoni, le parole sussurrate, l'attesa, il colore grigio delle nuvole che non partorivano nulla, e lei lì che si baciava per la prima volta, stretta contro una parete scomoda. Tutta una distanza particolare adesso, ricordava le scarpe che aveva quel giorno perchè le aveva guardate subito dopo aver riaperto gli occhi.

Come girano i colori ed i sapori nella vita vera?
Qui per ora è nero come angoscia e amaro come fiele
e lì?


Erano le cinque di mattina quando ascoltò questo. Il finale di una canzone. Erano dalle parti di Firenze, ma Daniela non aveva ben afferrato il giro che avevano fatto.
- Andiamo al concerto? dice Maria
- Sei mai andata ad un loro concerto? chiese Nadia
- No, le esperienze di Daniela in materia musicale si stavano consumando tutte da quando aveva conosciuto loro due. Stava subendo un'educazione forzata e molto efficace. L'unico suo concerto erano stati i Backstreetboys. Un po' si disprezzava ora.
- Andiamo con gli altri, allora.

Veramente, cominciò davvero proprio lì. Al concerto ci andarono con quella specie di compagnia che erano. Daniela non conosceva tutti. Però era caruccia e questo aiuta sempre l'inserimento. La sera che partivano si scatenò una specie di gara tra i maschietti che si contendevano le attenzioni di Daniela. Il concerto fu adrenalina pura, più canne e birra da non riuscire più a ricordare nulla. Solo uno di loro aveva la faccia tirata e ogni tanto provava a chiamare qualcuno al telefono che non rispondeva.

Stefano, per tutti Beccia, vinse il premio. Beccia sa esattamente cosa fare, ad istinto, conosce le reazioni alle parole, anche se è un po' grezzo, a tratti prepotente nel provarci è sempre il più convincente. Sa come regalare il segreto dei segreti, senza pronunciare una parola.
Tu sei unica dice con gli occhioni da cucciolo in mezzo a quella faccia da delinquente borioso. E loro cadono. Poi come una bella meteora passa, non lo vedono più. Ne' riescono a sentirlo. Lui è molto romantico però, così quando si rincontrano..

Daniela si vide con Stefano per tutta una settimana. Una notte sotto le stelle, mentre tirava dal mare un'aria fastidiosa, Lui le mise addosso una felpa per coprirla. Mentre lo faceva, la guardò in quel modo e lei capì che sarebbe stato con lui. E glielo disse nella stessa lingua, sugli occhi. Questo lo stupì.
E di più si sorprese quando scoprì che lei era vergine. L'aveva portata a casa sua, nel suo bel letto, la scusa era farle sentire un pezzo, ma quando erano entrati in camera qualcosa si era impadronito di tutti e due. Così fluirono insieme per un po' con lui che si accorgeva col passare dei minuti di adorare quel corpo morbido e la voce, la sua voce lo stregava e le sue mani il suo sguardo che gli avevano dato un compito grosso. Di solito l'avrebbe considerata una scocciatura, ma ora con lei era una cosa così intensa, si sentiva spaesato, agitato, scosso dalle immagini di movimento sotto sopra, e tutto fu un continuo avvicinarsi a strattoni e precipizi verso quella cosa che gli uomini chiamano felicità. Senza condizioni.

Si reincontrarono qualche mese dopo. Pioveva e molte cose erano successe. Lei era tornata per un ponte. A Milano aveva lasciato una mezza storia. Lui la aggiornò su cose che lei sapeva già per via di Nadia e Maria. Ma lo stette a sentire, e continuando a camminare finirono in baia con l'ombrellino maltrattato dal vento, che era l'unico riparo. Così stringendo le mani sul manico che si piegava tutto si trovarono di nuovo a specchiarsi l'uno nell'altra. E lui ancora una volta glielo disse. Ma stavolta era da due mesi che non pensava a nessun altra. Lei lo strinse e gli diede un bacio dolce di pianto e lungo, lungo come tutto il tempo che era passato. Poi si staccò e si rese conto di non amarlo più.

lunedì, ottobre 16, 2006

Come non dovessi morire mai

- Guarda che non era proprio importante, ti dico, non conta un cazzo.. non è mai contata un cazzo..
La voce della ragazza non si sentiva. Parlava con la voce più bassa. O forse non parlava affatto.
- Alla fine non posso dire sia successo nulla. Il resto sono cazzate, sono cose che ti hanno raccontato. Non c'eri..
Arriva al tavolo la cioccolata calda e fumante. Al suo tavolo c'è solo Marco. Questo non è il suo posto, ma sta aspettando una persona.
- Come posso spiegare?
Marco tira fuori nervosamente il pacchetto di siga e lo sbatte sul tavolo con le chiavi e il telefono. Nessuna chiamata.
- ti prego..
Il tipo parla sempre più piano adesso. La voce gli trema.
- E' ora devo andare.
dice lei ha la voce squillante, si direbbe preoccupata. Distaccata, volutamente.
- Mi aspettano, dice.
Il tipo anche si alza, dice di mettere via i soldi, dice che paga lui. Dice anche qualcosa che finisce con
- un'ultima volta.. cosa non puoi fare un'ultima volta?
Marco pensa che la scena è patetica, non si gira a guardare, ma sa che il tipo piange. Piangono sempre in quei contesti. A lui non era mai capitato. Fottere è solo fottere. Una volta una tipa gli aveva detto di no proprio sul più bello e aveva chiesto di essere riaccompagnata a casa. Ed era rimasta sulla strada panoramica quella sera, inseme alle altre, come lei.

- Fanno ridere eh?
Gli dice il fighetto agitandogli il giornale governativo davanti agli occhi, con fare sfacciato, come se lo spettacolo, l'irruenza dovessero riguardare tutto il bar. Il fighetto ha una trentina d'anni la testa rasata, nuda. Una faccia squadrata, neanche belloccia, gli occhiali scuri. Ha un fisico atletico, palestrato con intelligenza, è sceso da una TT sbarcata esattamente davanti al bar. E' sfacciato, ha un 88 tatuato sull'avambraccio destro. Molto gentilmente ha chiesto alla cameriera un lagavulin liscio, con acqua a parte.
- A temperatura ambiente per piacere.
- Senza ghiaccio?
- No grazie.
Il fighetto spiega, quando rimangono soli, che il ghiaccio impedisce la degustazione. Poi quando arriva se lo sorseggia piano, tirandosela in un modo talmente pacchiano da non essere nemmeno odioso.
- Allora sei un volenteroso, eh? Sei stato a Genova?
- Si ma non mi ha dato molta fiducia, dice Marco.
Marco sotto sotto è molto razzista anche nei confronti dei meridionali. Le riunioni praticamente condotte in idioma calabrese lo avevano infastidito fin da subito. E poi erano solo dei rozzi sbirri, scacciati da un qualche sindacato di destra.
- E la cara buona e vecchia madama eh? Pensa ne parlavo con mio padre e il questore di P., quest'estate in sardegna. Gli sbirri sono delle pettegole invidiose l'uno dell'altro. Divisi, divisi, ma in fondo è meglio così..
Gli fa un occhiolino. Poi gli lascia un indirizzo e un numero di telefono e gli dice:
- Domani alle 3. Ci sarà qualche amico, ma avremo occasione di parlare.

Matteo dice che non può venire. Domani deve fare delle commissioni. Domani si vede con quella troia della Barbara che se lo porterà a spasso con il miraggio della figa, e magari alla fine ce lo farà affogare dentro quello stronzo coglione. Quando pensa questo, del tutto incazzato, dopo qualche secondo si accorge di sorridere.

Il giorno dopo esce di casa in bicicletta, sa dove è la villa e la raggiunge in un tempo che lo fa sentire fiero di sé. Dopo guarda in giro, vede le macchine, vede le telecamere, vede la ricchezza. Suona ad un videocitofono. Nota che i lavori per metterlo sono stati fatti con una certa disinvoltura, non rifiniti. In compenso il modello è nuovissimo con un sacco di funzioni inutili.
Lorenzo, il proprietario lo aspetta sulla porta e lo fa entrare. Con una certa non curanza, facendo finta di non farlo, gli spiega la casa, lasciando cadere l'accento su alcuni piccoli particolari. E' vestito solo di un costume firmato, è palestrato e sorseggia amabilmente un bicchiere di vino rosso in bicchiere largo. Con un paio di giri di parole si trovano nel cortile interno con piscina. Quattro o cinque tipe con dei fili plastica addosso che sguazzavano in piscina scoccodeggiando.

- Mi fanno ridere, dice Lorenzo guardando le tipe.
- Veniamo al dunque, perfavore.
Interviene un tipo che Marco non aveva ancora visto.
- Lò hanno rovesciato della vodka sul letto quelle puttane.. io non so..
- Stai tranquillo. Poi lo dico Bali, ci pensa lei, si rivolge a Marco, sai mi sono portato da Milano la colf di mia madre. E' brava, una grande lavoratrice, eh eh.
Il suo riso non dice niente di buono. Niente di buono è intorno. Tutto è sinceramente affascinante e disgustoso.

- C'è questo gruppo di ragazzi, gente esperta.. carabinieri, diciamo, speciali..- ride - io posso metterti in contatto con loro - una tipa gli si avvicina e lo abbraccia alle spalle, è bagnata - loro si occupano di infiltrazione, sono cose importanti, cose necessarie..- la tipa ora gli è girata attorno, è strafatta di cocaina, è divertente - lo devi vedere come un passo necessario, è inutile prenderela sempre con l'ideologia.. i fatti, solo i fatti contano davvero, capisci? - entra da una porta laterale una ragazza che Marco conosce - ..se noi vogliamo delle cose, sono reali, vive, queste cose le dobbiamo realizzare..
- Anche tu sei dentro a questo? chiede Marco, mentre la ragazza lo riconosce in un occhiata.
- No, per me vedi.. io proprio non ci credo.. per me sai, dipende da mio padre, sai lui ci credeva proprio un tempo.. morte ai comunisti! colonelli bombe e ricotta.. poi tutto è cambiato nella facciata e ..- s'interrompe per baciare la ragazza - solo in certi ambienti sono rimasti ancora alcuni, fedeli alla linea..-
- Io avevo pensato a una cosa diversa. Proprio diversa, lo dice sommessamente.

Lorenzo taglia qualcosa sul tavolo, il pomeriggio parte di nuovo. Un vago senso di niente si impadronisce di lui, tanto che si caccia su di una sdraio.

Arreso non declina il saluto verboso del fighetto che porta con se quella. Lui la conosce quella, sta con uno stronzo. E' bella, cosa importa? il sole è troppo caldo, e lui non resiste più a nulla e si concede una serata libera. Và giù tutto. Ha una rabbia fredda e viscida che gli cola in gola mentre ghigna. Allora comincia ad ubriacarsi con metodo. La festa è molto molto divertente e nel giro di qualche minuto Marco si sente per circa un'ora come un bambino, ancora una volta.

Sta tornando a casa, vagamente brillo, col respiro affannoso della confusione. Arriva in piazza dalla discesa, con la bici sta andando abbastanza velocemente. Un pallone crossa improvvisamente sulla strada e subito dietro, il pakistano che di giorno vendeva vestiti proprio lì davanti. Poteva avere vent'anni sugli occhi, ma il corpo era ciccione e paffuto e l'espressione era quella di un bambino disperato. Era sporco e sicuramente se ci fosse andato vicino avrebbe senti la puzza di fritto che si portano addosso. Eppure..

Si girò a guardarlo un'altra volta all'altezza della svolta, forse un piccolo squilibrio, la bicicletta che sbanda improvvisa, c'è una macchina, la frenata è corta, ma dura a lungo nelle orecchie, sempre più a lungo. Il pallone scivolò in un tombino.

venerdì, ottobre 13, 2006

Ha solo scritto certe cose...

La luce elettrica interviene a strappi nell'abitacolo. La cintura lo costringe in una posizione dolorosa per le reni. Un formicolio sparso su tutta la faccia, la grattugia sulla barba corta, il sangue che dopo qualche divagazione stupida si rimette a lavorare a modo. Circa in questo istante percepisce la musica che dal selezionatore casuale dello stereo si sta impadronendo dei suoi pensieri. Cupo essere, dice "la morte è insopportabile per chi non riesce a vivere", perchè ascolti i cccp? si gira e lo guarda.. con quella faccia.. cupa, "la morte è insopportabile per chi non riesce a vivere" ecco qui che si insinua senza troppa fatica come una dolce nenia.

- Non so, però sto pezzo, così in questo momento, mi ricorda un giorno dell'estate scorsa..
- Adesso hai voglia di parlare?
- Senti, era un giorno.. perchè ti scazza?
Jake fa cenno con la mano, continua e scusa..
- perchè facevo proprio sta strada, era sera, mentre vado incrocio una tipa in motorino, trentenne bionda, poco truccata, però truccata! aveva un'espressione.. mi è rimasta in mente, era preoccupata, ma sono sicuro che stava pensando a qualcosa in particolare.. era la sicurezza, lei pensava a cosa sarebbe successo poi..
- poi, cioè dopo che cosa?
- non so come spiegarti, è stato un attimo, ci siamo incrociati gli sguardi, era come se chiedesse all'aria "che cazzo faccio adesso?", ma non era per un evento preciso era per la stanchezza di un periodo lungo come.. poi sai ora ricordo che quel giorno mi era venuta a trovare quella mignotta..
- si ma perchè mi stai raccontando questa storia, è un po.. strano?
- accosta la macchina.

Vorresti vomitare sempre quando veramente lo decidi tu. C'è un margine di libertà, salvo che in certi casi. I ragazzi si convincono a risalire in macchina, dopo che il più grande ha fatto più di quanto si aspettasse. Arriveranno in macchina fino alla festa di Andrea. C'è molta gente stasera. Alcune ragazze sono carine. Non serve stancarsi troppo per prendersela forte. Ai genitori di Andrea non dispiacerà certo quello che sta succedendo in bagno. Un paio di ragazze molto piccole si sono portate il padrone di casa di sopra. Sono comunque rimasti almeno altri tre posti dove chiavare, per i fortunati.

- Cazzo te lo devo dire..
- cosa?
- ieri mi è scoppiato il gondone. Non me la sono data. E' incredibile.
- lei cosa dice?
- cazzo..

Un crocicchio appena fuori dalla porta. La bottiglia di vodka è al secondo giro e soffre molto. Donnine raffinate discutono di scuola, di università, di ricordi pregevoli. L'eleganza è molto artigianale. Il rapporto con la televisione è un argomento di sottofondo in tutti i locali dove si assembrano più persone cresciute alla luce delle reti private. Con una cadenza di dieci minuti arrivano urla da dentro, bestialità gratuite.

- C'era una oggi in televisione, ti giuro, stavo mangiando.. beh sta qui ha scritto un libro.. una cazzata, una cazzata tipo muccino.. forse pure peggio, forse beautiful mi capisci?
- Muccino è un coglione.
- Ma no dai.. certe cose.. - dice Maria
- comunque, porco.. la tipa dice.. sai il protagonista, questo ragazzo maturo, incontra lei che è così vitale, e allora scatta la miccia e lui attraverso la passione riscopre l'amore della vita.. no, hai capito?
- E che cazzo ti aspettavi che dicesse?
- ma è una cosa volgare! orrenda.. cristo, ma secondo te uno riscopre la voglia di vivere con una scopata? che cazzo vuol dire? Avesse detto, il tipo, ragazzo maturo incontra una pera sulla sua strada si sposano e lui rimane attaccato alla roba per la sua breve e torturata esistenza rimanente.. indubbiamente scoprendo un nuovo e affascinante rapporto con la propria vita.
- A proposito di roba hanno beccato un paio di giovanotti..
- Ecco adesso lo so già che qualcuno mi sputtana.. è sempre così..
- sempre così?! tu sei un soggetto ansiogeno..
- chi hanno preso?

C'è un tipo che dal terrazzo sta vomitando sulle macchine di sotto. La ragazza di un suo amico è l'unica che gli fa compagnia. Il modo con cui lo guarda mentre ha i conati è perlomeno singolare. Il tipo ha preso una brutta cotta per una che lei conosce e odia geneticamente, ma con molta cortesia. Il tipo scrive poesie d'amore affascinanti, commoventi e che lei invidia. Il ragazzo di lei / amico di lui in questo momento sta giocando a poker. Gli va abbastanza bene. Ad Andrea, in camera sua, stanno accadendo cose inaudite.

Bussano alla porta di una camera, forse di un cesso o uno sgabuzzino.
- oh, guarda che c'è la tua tipa che ti cerca.
- dove?
- di sotto..
- è inutile che ridi tu..
- io te lo avevo detto..
- che cazzo mi avevi detto?
- uscite di lì io vado giù.
- non è colpa mia, mi hai provocato..
- beh, era divertente..

Il tipo del terrazzo e lei, non sono più lì. Sono andati in macchina, ora stanno solo parlando. Il ragazzo di lei sta vincendo alla grande. Non sta pensando a lei.
Andrea ha chiesto alla tipa con cui sta facendo di brutto da almeno un'ora quanti anni ha. Ed è da quando gli ha risposto che sta pensando a quanti ne possa avere l'altra che è lì insieme a loro.

- Che cazzo c'hai adesso?
- niente.
- stai pensando al gondone?
- no, non so. mi prende male.. - qualche momento di pausa, le pupille focalizzano, sfruttando l'ampio panorama dato dal terrazzo, due figure che scendono da una macchina e per un attimo si sfiorano le mani, in modo distratto. Quando le mani si sfiorano, a volte, dicono più cose, molte più cose.
- ma lei non è la ragazza di..
- si..
- siamo così uguali, troppo uguali..
- a che?
- ai nostri, a chi c'era prima.. uguali, come loro. Ma noi siamo adesso, come loro adesso.. capisci?

Il bilancio è un paio di morti nel giardino, qualche grande ustionato, uno pseudocoma etilico risolto entro la serata. Andrea ha capito di essere un pedofilo, in un senso largo. Diverse persone hanno usato il bidé per pisciare. Il ragazzo di lei ha vinto 276 euro. Tra qualche giorno si chiederà in un accesso di rabbia, che cosa ha lui più di me? cosa può aver fatto? E lui, il tipo che vomitava sul terrazzo, sarà sconvolto da una lacerante passione che cambierà il corso della sua vita per almeno tre settimane.

giovedì, ottobre 12, 2006

Street Fighter

Il sole a febbraio è talmente basso. Come un'illusione e le giornate che si riprendono a poco a poco la luce, giorno per giorno, smarriscono le persone nei giorni sereni. Febbraio al mare è un mese orrendo, è un'accozzaglia di settimane di merda. Così ci sono i giorni di sole radente che intorpidiscono tutto invece di svegliarlo. L'eccezione c'è quando non c'è vento, allora sembra proprio che sia primavera, chiudendo gli occhi e annusando la sabbia calda del tardo pomeriggio puoi anche pensare che sia estate.
- Stasera?
- Stasera.. cinema? no già fatto.. andiamo da Gio?
- Stasera ci facciamo delle canne.
- Canne?
- Oggi pomeriggio mi sento proprio contento di sta giornata di sole.. c'è pure un po' di gente in giro che ti mette allegria.. insomma stasera mi voglio strafare di hashish..

Erano in tre appollaiati sugli scoglietti al limitare della baia, dove d'estate si svolgono tutti i preliminari importanti. E' pomeriggio, non tira un filo di vento e fa caldo. Forte sensazione di spreco nell'aria, i pruriti sono soffocati dal tepore artificiale. La conversazione scivola lentamente verso pettegolezzi di dubbio gusto, intanto si alzano e tornano verso la terraferma. Qui mentre esplorano il mercato e le quotazioni del sollievo, esaminano al loro passaggio le pietre che compongono il selciato, le squadrature sporche di sabbia, gli escrementi di gatto l'erba sciupata ai bordi. Vecchie cartoline sono vendute all'angolo, da qui in poi non si vede più il mare, il borgo si impadronisce della vista, la chiesa domina in rovina la grande piazza e le palme finto liberty e i parcheggi abusivi e gli appartamenti centrali, ricchi, potenti covi per sfaccendati e ricchi maiali.

Viene la sera, il castello si accende di mille luci e ogni camera sorride e danza, ognuna di musiche e parole differenti, la principessa muove uno dopo l'altro i piedi nel corridoio, spiando di lato cosa accade oltre le porte. Tutto muta in un istante mentre lei chiude e apre gli occhi, le cose che si muovono con lei visibili e invisibili.

Robbie, Beccio e Rudy sono sotto casa di Maria. Maria è stata in diversi periodi della sua vita con tutti e tre, non escludendo in alcun modo ripescaggi, contemporaneità e condominio. Attualmente sta ufficialmente con Rudy. Maria si alza da tavola, uno squillo è il segnale. In bagno mentre fa la pipì gira una cannetta, si trucca dark e va in camera. Trova dei pantaloni sporchi e se li mette con il tanga. Maria è un tipo, ma sa come giocare le sue carte. Nella sua strategia il profumo è un fattore importante, lei crede nell'etere, nella musica in ciò che non si può vedere. A lei piace il proprio sudore, anche quando è sporco o caldo, come è a letto con qualcuno. In reggiseno esce sul terrazzo senza sentire freddo, appizza la canna e dopo qualche tiro la lancia al pubblico festante. Anche Beccio, che è il più distaccato, sotto sotto, la adora. Prima di uscire abbraccia alle spalle papà, che è ancora capace di arrossire.
- Mi ha chiamato Nadia prima di mangiare, ha scazzato con sua madre, dice Maria, e viene anche lei.
- La dobbiamo passare a prendere?
Maria dice che Nadia li raggiungerà al cimitero, è uscita con la macchina, arriverà da sola.

Il portone finalmente si apre, il re entra ed è stanco, abbandona la corazza appena mette piede nell'atrio, con un gesto della mano saluta la regina silente. La regina è scura in viso, possiede una calma naturale alla tavola del re, le quattro sedie disposte, i quattro piatti serviti e fumanti. La piccola principessa scende le scale e fa il suo ingresso timorosa, perchè sa che la regina è in collera, ella dice che delle due figlie la più grande è una strega. La principessa ha sentito la strega piangere parole avvelenate nelle sue stanze. Una sedia del tavolo rimane vuota. Il portone all'improvviso sbatte forte. Una smorfia di sofferenza attraversa la ruga più antica della regina. Il re sembra sospirare, ma era solo un boccone più pesante.

Il parcheggio che c'è sopra il cimitero ha anche la vista mare. E' molto affascinante, è molto solitario la notte, è proprio un posto da maniaci sessuali in cerca di preda. E' per questo che la gente ci viene. Perchè alla fine neanche di questo gli frega un cazzo.
- Stavo pensando che fino all'anno scorso, che non mi ero mai fatto una canna, passavo le giornate alla play o al computer.. ore e ore.. sono arrivato a piangere alla fine di un gioco.. non avevo più vita personale..
- perchè adesso ne hai una?
- beh adesso, e intanto tira giù una bella boccata, adesso ho voi e lei.. le da una carezza.
- sento dei rumori, dice Maria

Sono fuori dalla macchina, sono lì da un'ora e hanno parlato, hanno scherzato e stanno ancora aspettando Nadia. Nadia non sta bene, è un po' che non sta troppo bene. Così stasera ha pensato di farsi una serata con gli amici, con Maria, che di sera non la vedeva da un po'. Ma prima, ha una tentazione. Va al bar di Gio, prima, entra dentro che c'è quel tipo con cui ha passato la serata un mese fa. La chiama sempre, messaggi, squilli. Una tentazione, chissà che dopo non stai meglio, si dice, e poi vado da Maria. Il tipo c'è e ha anche un amico carino, Nadia dice :"stasera voglio ridere, ce la faremo?", pensa stasera non vorrei più pensare, almeno fino a domani.

- Pensa che film mi sono fatto: vedi sti morti qui davanti, ognuno per lucina che si alzano, spaccano tutto, giù tutti i marmi si tirano su che puzzano di marcio, tipo lanottedeimortiviventi e allora escono e vanno per le strade e assalgono la città. Quindi esce fuori la gente che non fa altro che giocare ai giochini che ammazzi tutto, no? con ascie coltelli da cucina, seghe elettriche, e piuttosto che niente andrebbero in giro a segare dei morti finchè i morti non se li pappano, così mica per vincere, ma per vedere chi fa più punti..
- Io personalmente, farei razzia. - il livello di volgarità è giustamente condito da esclamazioni di carattere vagamente blasfemo - Entro nelle case, sfruttando la situazione di caos e rubo tutto quello che posso, anzi, se ce ne fosse la possibilità studierei anche un'alleanza con i morti.. Ad esempio li potrei portare in giro. Li porto nei posti dove possono colpire più agevolmente, fomento lo stato di paura.
- Prevedi stupri? chiede Maria, divertita.
- Chiaramente, se la città è sotto attacco non ci si può formalizzare.
- Il centro storico deve essere presidiato da squadroni di scheletri ammuffiti, meglio sarebbe se vestiti in modo elegante, potrebbero ordinare tanti drink gratis..
- Si è questa la soluzione: i ragazzi e i morti, insieme.

La notte cala splendida e le luci si spengono tutto ad un tratto. Prima di ritirarsi per dormire la principessa vede il re come sciolto sul grande divano, mentre una donna bellissima sorride nello specchio luminoso. Le coperte calde proteggono la principessa dagli spiriti maligni. Lei non vuole diventare una strega, perchè ha capito che fa male. Uno squillo la sveglia, quanto tempo è passato? Sente la regina che saluta il re che dorme. Il portone si chiude. Il buio ora è più cupo. La principessa ha paura di un sogno strano che a volte fa. Sogna del re che finge di dormire, del portone che si chiude e gli occhi grigi del re che si accendono improvvisi, scuri e decisi. Il buio come un fumo che innonda la luce stellata. Il re apre la porta ed entra silenzioso nella stanza, un'altra volta

- Pronto?
Era Nadia, un incidente con la macchina, ora sta aspettando sua madre che la viene a prendere, sta piangendo ed è disperata. Nadia non ce la fa più.
Maria è dispiaciuta e gonfia, quindi molto sensibile. A un tratto mentre tra loro è calato il silenzio gravido e pensoso della marijuana le pare di sentire delle grida lontane, ma forse è solo suggestione e non dice niente. Quando torna a casa, Maria è inquieta. Dopo un brutto incubo si svegliò quella notte, piangendo, ma senza ricordare nulla.

mercoledì, ottobre 04, 2006

Distrazioni

- Quindi c'era questo carciofino qui, mi capisci? un carciofino, uno stronzetto, dio.. mi si para davanti e incomincia a parlarmi della moto che si è presa, che è lì fuori, che ieri c'ha portato una ragazzina a farci un giro, che se l'è scopata su un prato davanti alla moto.. io lo guardo, ma, ti giuro non riesco a capire, non capisco che cazzo ci fa sto stronzo tra me e il banco del bar, madonna...

A quest'ora del pomeriggio si è appena svegliato, anche se lavora da stamattina, quando si sveglia ha sempre bisogno di sentirsi allegro. Così al primo che incontra appioppa sta scenetta idiota. E non fa manco finta di ricordare se è lo stesso a cui l'ha raccontata il giorno prima. Però paga da bere.

- E Gio dietro il banco mi deride come come una donna! C'avevo voglia di qualcosa di rilassante per distendermi, in tutto il giorno non mi ero fatto manco una canna. Dieci quindici caffè, due pacchi di marlboro che avevo ancora i morti in tasca. Sto coglione mi dice, ma cos'è? ti do fastidio? E io l'ho preso di spalle e l'ho cacciato fuori. Non ho detto una parola e mi son seduto. Un bel bianco Gio, di cuore..

Sorseggia una birretta, si sparpaglia un po' i capelli al passaggio di una bella topina e insomma lascia rosolare l'altro, perchè il piatto forte lo deve ancora portare. Ma ripeto, il tipo che sta davanti sa esattamente almeno tre versioni della storia e del finale.

- Così mi sento bussare alle spalle, penso che sia il carciofino che è tornato a farsi ripassare definitivamente. Cosìper fargli capire come stanno le cose do una manata da basso per prendergli i coglioni. E lì che mi rendo conto che c'è una gonna.. Mi giro e c'è sta Deborah, questa silurona, una gran bella storia. Mi chiede da accendere e io che in fondo ero piuttosto lucido, sono svelto con le parole e incomincio cioè mi metto a splendere e lei è proprio contenta. Lei si siede, trentanni, una favola, divorziata, possibile ninfomane. Le cose vanno proprio alla grande. Esco un secondo a fumarmi una siga. Come metto piede fuori mi vedo Carlo davanti alla porta con gli occhi a terra. Sembrava andiccapato, fuori, fuori.
Mi dice che è morta sua madre. Gli ha preso un colpo secco. Me lo dice, che c'è pure un po' di gente in giro, perchè era quasi pasqua, come adesso. Sto ragazzone coi capelli lunghi, un uomo maturo, ha sempre lavorato dico, beh mentre mi dice ste cose comincia a piangere. E si mette le mani in faccia come per proteggersela, e trema tutto come una foglia. Io ricordo solo che ho bestemmiato ad alta voce. La tipa è uscita ed è rimasta a bocca aperta. Io le dico - aspettami un attimo che son subito da te, il tempo di risolvere un problema - E allora me lo carico addosso, entro e dico a Gio che andiamo un secondo in bagno, come siam chiusi Carlo ha sboccato tutto quello che aveva in corpo, e ti assicuro che aveva bevuto un bel po'.. Appena è riuscito a tirarsi su l'ho fatto tirare su io con una bella sberla - e fa segno con la mano, per far vedere che la sberla era proprio lunga - è un lusso avere degli amici non lo sai?-
- E la tipa ti ha aspettato?-
- No - risponde abbastanza scuro, ma poi col ghigno aggiunge - è uscita con uno che poi non ha più trovato la sua macchina - dice e ride.

Finito di bere, si alzano, Draghi fa per pagare, ma il suo amico chiacchierone lo ferma, offre lui. Non c'è pace neanche adesso fra la gente. Le strade spente, assolate, come in un costante pomeriggio senza vento. Arrivano nella piazzetta della torre, ci sono due ragazzi seduti sulla panca. Lei sta sopra a lui di fianco, sono abbracciati, le teste immerse uno nell'altra e silenzio.
- Quella lì vedi, fa Draghi, è la nipote di Pietro. E' bellina eh?
L'altro annuisce piano, maliziosamente. Chiede chi è il ragazzo fortunato. E' uno che suona gli risponde Draghi, la sera in baia è sempre lì con la chitarrina e qualche amico.

Mentre camminano continuano a passarsi la boccia di rosso che hanno dietro. La distillano placidamente da un paio d'ore con molta parsimonia. E rintuzzano gli effeti con brevi e significative soste ai bar. L'alcool è molle, è stanco e li trascina intorno, e ogni nuovo giro è una cosa nuova. Quando gli capita di pensarci si chiede se questa è vita. Se è così semplice, se sia come galleggiare sopra la noia, la delusione, l'effettiva disperazione. Non è un malanno si risponde Draghi quando ci pensa, non è come una dipendenza. La vera dipendenza è svegliarsi, pensa, il vino a litri come le fontane è solo un modo.

Mohammed che abita vicino a Carlo, li sorprende mentre pisciano contro la chiesa, riparati da un bel pertugio. E comincia scassare. Mohammed è un piccolo delinquente, capisce solo le sberle, come quelle che gli danno a scola perchè non sa parlare, o i calci nelle gambe perchè e piccolo e negro. Quelle di suo padre sono l'ultima cosa che sente prima di dormire. E lì dietro a due dei peggio tossici ubriaconi non fa altro che ridere e prendere per il culo. Così loro che sanno, loro che hanno pure un po' capito come funziona questo porcile, loro non gli fanno un cazzo e ridono pure loro e va a finire che quando dormiranno stasera saranno le uniche risa vere della giornata. Senza un senso.

Col fare dei malandrini quando comincia a calare il sole, si portano stancamente in baia, nella diffidenza dei pochi turisti rintronati.
- Che fine ha fatto poi Carlo? non lo vedo quasi mai in giro..
- Eh.. da quando è successa quella cosa s'è fatto prendere male, in due anni ha perso un sacco di capelli. Non è stato bene. S'è fatto licenziare, ha bruciato un sacco di soldi con la bamba..
- Io sapevo che spacciava qualcosa..
- Come tutti. All'inizio... Ha fatto anche qualche lavoretto per quelli del canile, sai.. giusto per ingranare un po'.. Adesso, adesso.. mah, dice l'uomo stanco, ognuno fa quello che vuole.

Una turista inglese trentenne, camminava dall'altra parte della strada, con un fare terribilmente distratto. Si stava perdendo nei colori delle case, dei portoni, della gente. Negli odori pure, perchè tutte le cose affascinanti hanno una qualche puzza.
Loro la guardano passare in silenzio, pensosi. Poi si lanciano uno sguardo d'intesa, quando lei è passata, uno indica con la mano davanti all'edicola.
- E' della finanza, dice e subito cambiano strada.

Un altro bar. Ed è già un po' più tardi.
- Potremmo prendere la macchina.. potremmo andare anche a Milano.. troviamo qualche bel locale..
L'altro ride e annuisce. La rogna non scende a nessuno dei due finchè bevono. Sono amici da tempo, molte notti hanno passato insieme. Quando si alzano nessuno dei due dovrebbe guidare. Vanno alla macchina, Draghi saluta Pietro che sta entrando ora da Gio.
- E Carlo, gli chiede, adesso, voglio dire, adesso cosa fa? lavora?
- E' un casino..

Sono già sulla macchina quando passano per andare all'autostrada, davanti alla fermata della corriera. Ci sono quei due, i due ragazzi di prima. Sono lì seduti, sdraiati al muro, hanno le teste appoggiate, i capelli di lei coprono le spalle di lui. Sono così tristi e così felici insieme, il sonno alcolico fa da lente, lì accasciati contro la città sono l'immagine dell'arrivo, non della partenza.

domenica, ottobre 01, 2006

Picio's BAr

Questo è il testo dell'ultimo pezzo. Un periodo molto fecondo, dovuto a strani incontri, esseri che non esistono, sogni, bellissimi succubi, fottuti demoni maledetti, gente che dovrebbe morire, gente inopportuna, politici disonesti, madonne con il gusto dell'iconoclastia e varie morti alcoliche. A tutte queste cose è dedicato questo pezzo.


HEI guarda quel biondino lì nella fila!
questa sera succhio la sua saliva
colo un po' di vuoto tutt'intorno
in questo immenso orrendo girotondo!

Barca a vela bamba e qualche gesto
una pastiglia e basta che vola presto
questa notte stanca con un coglione
crede davvero di essere il mio pappone!

Quando ha visto il ferro non tremava
aveva la faccia quasi compiaciuta
non gli era mai capitata
una nottata così così sbagliata!

Mentre danzo sola si riaccende
l'ardente desiderio del tuo sangue
brucia brucia brucia tutto il resto
brucia brucia brucia tutto questo!

martedì, settembre 26, 2006

Narciso e Boccadoro

Spesso mi capita di
sognare il paese
che esplode con me
in un fuoco
di paglia
di rabbia
di noia
e io non mi sveglierò

A volte vorrei
ancora
un pezzo di noi
da inchiodare
al letto per non perderlo mai
nei finti entusiasmi
pensarti un po' mia

Tu
non
esisti
e hai preso la parte più buona
mentre leccavo
di te
il sapore che c'era
è la cosa più vera
che io sento in me.

che io sento in me.

venerdì, settembre 22, 2006

F.

Ora, nell'ora che scorre
eguale a se
dove si sono persi i fremiti
i bagliori di luce
tra le foglie
come le risposte, i motivi
che mi son dato allora
e tu li conosci
tu che sai tutto e niente
e non hai bisogno
di torturarti la carne
per fluire con tutti gli altri
ora, se fossi io il malato
cosa ci sarebbe di vero?
me lo sai dire tu?
grazie di tutto mi potresti
rispondere, il bar sta
per chiudere e l'unica cosa vera
è che non ho bisogno di te.
Neanche io, sai ho bisogno di me,
solo a volte
vorrei respirare
ancora un po'.

martedì, settembre 19, 2006

Pater noster

Era una sera di luglio, mi ricordo
il Padre venne e mi disse
che sarebbe stato con me sempre
che non sarei mai stato solo.
Ma venne l'autunno
e lei morì di qualcosa che non potevo capire
e io piansi mentre toccavo quel legno vuoto
scivolando lentamente
sui gradini della chiesa
mi trovai nella mia vita
immobile
così passarono gli anni
e ogni volta che vedevo le stelle
cadere
pensavo a quel suo viso meraviglioso
a quei suoi occhi di vita
che non c'erano più
e le lamette incidevano il suo nome
sulla mia pelle
fino a scriverla tutta
finchè non ci fosse più pelle
perchè il vento che mi fischiava addosso
riversasse su di me
tutta la pena del mondo
e nonostante questo sapevo ancora ridere.
Poi una notte il silenzio
mi piombò sopra
come litri di un vino che era sangue
le mie colpe innocenti
mi fecero urlare il suo nome:
Perchè mi hai abbandonato - dissi - perchè
sono così solo?
Ma lui non rispose una parola
e le nubi gravide cominciarono
a pisciare sopra di me
acqua sporca e tutto il prezzo che potevo pagare
pensare di non pensare più:
lui che non c'era
lui cambiò la mia vita.

lunedì, settembre 18, 2006

una canzone disperata

Il sole cede la sua stretta
non ho bisogno di lui per illuminarmi
i tuoi sospiri in quella notte
si facevano liquidi
come ogni tuo odore
che conosco sulle dita
e che non riesco più a ricordare
è così breve la gioia
è così distante il perdono.
Non basterebbe una preghiera
a lacerare il sonno
solo questo è vero
si può ridere a crepapelle
anche mentre si vola
come solo gli uomini sanno volare
cadendo lentamente
come tutto il tempo del mondo.

domenica, settembre 10, 2006

Poi venne settembre

- Vuoi che non ci vediamo più?
- no.
- perchè?
- perchè ti amo. Dice lei e non è importante se è vero o no.
- Mi amavi anche ieri sera, eh? quando sapevi che ero solo, quando sapevi, lo sapevi benissimo che stavo male? dice lui e la guarda negli occhi anche se non può.
- Ti amavo di più ieri sera, perchè sapevo che eri solo e che stavi male. dice lei ed è tranquilla. Sembra che nulla sia importante, perchè c'è lei lì ora e questo è vero anche per la ragazza.
- Perchè? dice lui e dentro la domanda c'è tutto il vuoto che si può accumulare in quegli spazi infiniti delle notti insonni. Quegli incubi cupi e interminabili che riprendono improvvisamente come crisi di tosse, come singhiozzi, come il pianto.
- Perchè sei tu. rispose lei.

Ecco tutto questo succede dopo che loro hanno fatto l'amore. E voi non potete capire cosa è veramente successo, perchè nessuno nella storia lo ha mai fatto se non loro due, prima, di là, nella camera. Pensate a qualcosa che scuota il vostro essere animale che in tutto vi acceca e vi coinvolga, qualcosa che sia piacere intenso, forse riuscite anche a pensare che questo sia perchè siete in due. Perchè è facile, è immediato e rasenta da vicino il concetto che avete di sublime. Ma non è così, sapete? è qualcosa che ha molto a che vedere con l'oblio. Quando loro due erano di là, in camera, non erano più in questa terra. Non ci sarebbero stati neppure se fosse scoppiata una guerra, se fosse venuto un terremoto, nemmeno se fosse caduto il sole. E quando tutto fosse collassato e ridotto ad un punto solo che di nuovo fosse nato e tutto, tutto fosse ricominciato per dare una nuova memoria alla vita. Quando fosse finalmente tornato il tempo alla fine del cerchio, loro sarebbero stati lì dove erano, di là nella stanza, in un altro luogo, in un altro tempo.

- Perchè continui a dirlo? lui le chiede ridendo cattivo e vorrebbe piangere, Perchè se puoi esserci e non esserci tutte le volte che ho bisogno che tu ci sia? Quando smetterà, sarà come è adesso, come è adesso continuerò a sognarti mia, solo a sognarti e questo sarà tutto?
- No, dice lei tranquilla, carezzandogli la guancia, no, ma tu sai che devo andarmene.
Lui ora non parla. Guarda il soffitto in silenzio. Niente è importante. Niente è veramente importante, questo è il vero messaggio di quasi tutto. La comunicazone verte essenzialmente su questo. Una cosa è vera e ha tutte le sue belle o brutte conseguenze solo ora e qui. Non domani, non il giorno dopo, mai più. Lui guarda le righe del soffitto e sa che è stupido è stupidissimo quello che sta pensando. Sa perfettamente che passato un mese tutte le cose saranno diverse. Sa benissimo che tra un anno nulla avrà più un collegamento con questo, se è così che deve andare. Ma il ragazzo adesso si sente perduto. E la cosa buffa è che ora niente è importante quanto quello che prova. Perchè è in astinenza da felicità, un male terribile, un mare di sensi di colpa, un gigantesco processo alla libertà di scelta.

Lei deve andarsene. Se ne andrà presto. E' scaduto l'affitto. Sua madre non ha più un lavoro. Suo zio sta morendo e si è deciso a far la grande rivelazione solo la settimana prima. Lei deve andarsene anche se non può o non vuole. In fondo tutti questi sogni erano solo fuoco, fuoco bellissimo, ma solo fuoco. Piacenza è lontana, è fredda, fottuta e lontana. Lei lo sa, a tratti vorrebbe mentirsi, dire che l'ha sempre saputo. Vorrebbe dirgli - doveva andare così non capisci? sto solo spegnendo il fuoco. E così tutto muore nella cucina dove sono seduti ai lati opposti del tavolo. L'orologio va piano e non c'è senso in come vanno le cose.

Lui adesso è in strada, l'ora è quella di confine tra la notte e la mattina, nessuno in giro. Nessuno se non si sa dove andare. Sta ridendo mentre cammina, sulla moto mentre arriva ha un ghigno proprio divertito.
- Com'è ? chiede Robbie curioso della visita inaspettata.
- Di merda - risponde ghignando - ho bisogno di un favore.
Robbie lo ascolta. Interessato, preoccupato, molto preoccupato, canna, situazione sotto controllo.
- Ok, adesso ricominciamo da capo, e smetti di dirmi delle cazzate, ok?
- Le cose sono così, sono così come te le ho dette
- E' colpa di quella troietta? e per questo? non dirmi che è per questo.. sei tutto meno che coglione.
- Mi devi un favore Robbie.
Robbie come tutti i consumatori di marijuana ha un senso profondo e religioso della droga. Certo è stato un percorso irto di difficoltà per raggiungere questo stato di equilibrio, un percorso di distrazioni, di tentazioni. Senza dimenticare il brivido della scoperta, dell'estremo limite. Robbie era un viaggiatore sacerdote, o almeno interpretava questo ruolo. Solo in serate specifiche che coincidevano con le serate che ricavava per sé. Perciò le cose diverse dall'erba lui le considerava eretiche. Era capitato di avere delle pastiglie, ma lui le aveva sempre rifilate a persone odiose e che considerava imbecilli. A volte le aveva pure regalate, e non avrebbe mai regalato un grammo di gangia, lei non la regali, la fumi insieme. Il suo amico lì davanti era a pezzi, si vedeva che dormiva poco, e puzzava di amaro. Robbie conosce la situazione, il suo amico è cascato nel magico mondo dell'autolesionismo.
- Dai prendi il legno e suonami un pezzo, intanto ne faccio una
- NO Robbie
Si alza e va verso la porta. Robbie cerca di calmarlo, ma non c'è verso, sembra che niente sia importante. E' a pezzi, pensa, è a pezzi. Per quanto la paranoia stia per prendere il sopravvento c'è una risata da 5 del mattino che gli bussa sulla nuca. Esplode e il suo amico apre la porta e fa per andarsene.
- Prova da Carmine, gli dice, l'amico di Matte, ma è una cazzata, gli dice, è proprio una cazzata pensa. Chiude la porta e ripiomba nella sua solitudine dorata.

E' finita, pensa, un paio di giri ancora. Fila in saletta, prende la chitarra e torna in centro. Matte era lì con Carmine, avevano la faccia tirata. Era un bene stare sul cazzo a tutti e due. Lui diede i soldi, rise di nuovo un po' sbruffone.
- Vattene, gli disse Carmine con stizza. Infilò la roba dentro la custodia della chitarra e salì sulla vespa blu.
Il giorno dopo si svegliò. Poi si riaddormentò e fece in modo che niente potesse svegliarlo per motivi stupidi. Si alzò verso le sei, prese la vespa e si diresse senza una direzione a vuoto. L'unica cosa sicura era che da giorni non faceva che condire ogni suo pensiero con lei. E adesso, invece, non stava pensando a nulla. E' finita pensa, guarda le macchine, guarda le mamme coi bambini, guarda il deserto. Gli venne in testa il posto più squallido del mondo. Un fabbrica abbandonata ai piedi di una collina dove da piccolo andava, per salire e salire nel bosco e finire a vedere il mare. Quando arrivò la trovò così, odiosa e pietosa come tutto il resto. E niente era più importante. Poi entrò e fece quello che fece.

sabato, settembre 09, 2006

millenovecentottantanove

C'è questa stanza, in questa casa distante, solo la strada è rumore, poco tuttosommato. La casa è distante da tutto, troppo lontana e così vicina a qualunque cosa di meraviglioso si possa nascondere nella vita. La stanza ha le persiane chiuse, è giorno, ma la luce è accesa. In casa, a parte il bambino seduto davanti al tavolo dei compiti, non c'è nessuno. I genitori lavorano. I compiti sono sufficentemente facili da essere ritenuti idioti, inutili. Se una cosa la sai fare, la sai fare e quando hai voglia solo di scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che neanche conosci hai solo voglia di uscire, di andare via.
Il tempo è lentissimo, è scandito dai gatti che calpestano il corridoio. Sono un ottimo diversivo di solito. Ad esempio un gatto è molto più divertente da pestare perchè per chissà quale motivo danno sempre la maledetta impressione che ti disprezzino proprio quando anche tu ti disprezzi. I gatti così naturalmente, i gatti che conosce il bambino s'intende, sono docili e liberi allo stesso tempo, e sembravano rinfacciarglielo sempre.

Il bambino, non farà più che le elementari, decide che è ora di fare una merenda. Va in cucina e con un pò di ingengno si prepara un té. Poi si risiede sullo stesso tavolo dei compiti e comincia a ingozzarsi di biscotti. Mentre mangia così tanto, mentre sente tutta la spazzatura che sta mangiando sotto i denti, si sente soddisfatto, è una sensazione piacevole. Accende la televisione, rete pubblica lasciata da ieri sera, il telegiornale. Il telegiornale gli ricorda un pomeriggio di qualche anno prima, quando era morto Pertini, il presidente. Doveva essere domenica perchè i suoi erano a casa tutti e due e lui voleva uscire anche se era pioggia. E li aveva quasi convinti, quando improvvisamente era morto il presidente e allora avevano attaccato quel cazzo di telegiornale e si erano messi a vederlo per tutto il pomeriggio. Lui col tempo, anche dopo, associò la noia a quel pomeriggio, anche quando lui stesso fece cose analoghe.

Cambia canale immediatamente e in sequenza molto veloce si sbrodola tutto quello che sta ancora masticando addosso afferra un gatto passante e lo usa come una salvietta sulla maglietta con lancio finale tipo bomba molotov. Si sente pieno e si sente pure un po' in colpa e allora va al cesso e sbocca tutto o quasi. Poi si mette a cercare il gatto-salvietta per tutta la casa con l'intenzione di pulirlo e di fargli le coccole, ma quel bastardo c'ha quell'aria da nobilotto scozzese incazzato e sfugge ad ogni tentativo di cattura; così il bambino quando riesce a raggiungerlo gli sferra un calcio potentissimo, il gatto sfrutta sapientemente la spinta e si caccia fuori dalla finestra. La casa è a due piani, la finestra in questione è al secondo piano. Dieci metri non sono uno scherzo neanche per un gatto. Il bambino si sporge e guarda sotto il gatto non c'è. Il gatto si sta leccando la coda con una certa classe abbarbicato su un albero, proprio lì di fronte alla finestra. Il bambino sale sul cornicione, guarda il gatto poi guarda sotto riguarda il gatto e maledice la distanza. Aggrappato agli stipiti della finestra si sporge leggermente. In questo momento ovviamente raggiungere il gatto non è più la cosa importante. La cosa importante è.. Qual'è? si chiede. Improvvisamente, in equilibrio precario sul cornicione della finestra al secondo piano di una casa di campagna piuttosto isolata viene investito dall'idea che di importante non c'è proprio niente. Che fin da ora sa tutto della sua vita, sa che si laureerà, sa che si sposerà, sa che farà dei figli, sa che forse si divorzierà. Ha intuito dai telefilm che esiste una cosa chiamata amore che un giorno gli toccherà, ha intuito dai giornaletti che hanno trovato sul tetto della palestra che esiste una cosa molto divertente e "proibita", "scopare", anche se non gli è ancora del tutto chiara la dinamica. Tutto sazio di tutte le cose che dovrà prima o poi fare nella vita ripiomba di nuovo nell'unica cosa vera che c'è in quel momento lì sul cornicione. C'è che lui è solo e ora capisce ora sa che sarà solo anche quando mentre lo sta pensando allunga una gamba nel vuoto e non si aggrappa più a niente. Perchè sei solo sempre. E' una giornata calda di giugno e il bambino sta perdendo sangue stravaccato sul terreno di sotto, ma apre gli occhi e non ha paura. Non sa bene come, ma si rialza e rientra in casa. Nessuno, ma ora ha voglia di compagnia mentre si pulisce e accende la televisione. Non c'è un cazzo manco sulle private gira sul primo e c'è il telegiornale, è la cina. C'è un bordello di sti cinesi radunati davanti a una specie di castello. Le bandiere del castello le conosce, riconosce la falce e martello perchè i suoi sono comunisti tutta la famiglia e nonno partigiano. Gli hanno spiegato che i comunisti sono per la libertà, per la giustizia e per l'uguaglianza. E nessuno come un bambino sfigato delle elementari che vive lontano kilometri dal primo compagno di classe ha un'esigenza così assoluta di queste cose. Lui, il bambino, ha infatti deciso di essere comunista. Ma adesso vede una cosa strana.. Le immagini non sono più della gente, adesso c'è solo un tipo piantato lì in mezzo alla strada e davanti a lui c'è una fila di carri armati che stanno arrivando e il tipo sventola un sacchetto giallo e li fa fermare. I carri armati che sono enormi, si vede che vorrebbero continuare ad andare avanti, ma lui si mette in mezzo e non li fa passare. Il bambino è commosso, quella è una cosa vera, quello sta accadendo e il tipo è la cosa più simile ad un eroe che lui abbia mai visto.

Era il 1989, l'anno in cui crollò il comunismo, il socialismo reale e con esso bruciarono tutte le idee, magari non necessariamente legate, tutti i sogni, tutte le speranze di un mondo diverso. Era il 1989 le illusioni svanivano pensò il bambino quando divenne grande, era il 1989 e nacque una stella che per il finire di un'estate gli avrebbe infiammato il cuore.

mercoledì, agosto 09, 2006

Sogno di una rapina

- E' stato con William, in crociera, è stato bellissimo.
- Chi cazzo è William?
- Tu eri sempre a fare il coglione al bar o al casinò, noi stavamo sul ponte..
- Chi cazzo è William?
- Lo abbiamo fatto in camera sua, una delle più amplie, mica quello spogliatoio che hai preso tu tirchio bastardo.
Si versò da bere nervosamente, la guardò in cagnesco un'altra volta, spolverò senza pensarci, il tono e l'espressione di quando negava le ferie ai dipendenti, prima di montare sulla spider e partire.
Calmo disse
- ho chiesto chi cazzo è William..
- Non ha importanza lo capisci? cosa lo vuoi andare a pestare? non capisci? ho goduto e lo farò ogni cazzo di volta mi pare, come fai tu..
Il tono con cui aveva detto le ultime tre parole nascondeva un sentimento diverso dall'arroganza rancorosa di tutto il resto, c'era dell'altro, lui sapeva benissimo che c'era dell'altro.
- Aspetta, ma tu mi stai parlando di quel negro di merda? hai scopato con quel negro bastardo con la collana hawaiana?
- Si.
- No, non è vero..- e rise nervoso - un negro coglione, ma a parte questo era visibilmente brutto e deficente.. le troie che scopo io sono buone almeno, hai capito?
- Mamma..
- Un momento.. si vede che si accontentano di quanto le paghi, non si divertono di sicuro..
E andò verso il corridoio, tirando su la lampo sulla schiena, mettendo bene apposto le tte nelle coppe.
- Stai buono Luca, ora mamma e papà vanno a cena con alcuni signori di Torino.. ti ricordi l'altro giorno sulla spiaggia? i signori che sono scesi da quella grossa barcona? si.. ecco andiamo a cena là e non possiamo portarti. Non sono riuscita a trovare Pamela per cui starai solo un paio di ore, ma vedrai che torniamo presto. Ecco qui c'è il telefonino con il mio numero già sopra, devi solo premere il verde. Premi il verde e chiama per qualunque motivo, come a scuola ok?
Il bimbo sulla sedia a rotelle annuì. Abbozzò un ciao quando li sentì partire con il macchinone di mamma, che occupava per intero la strada che portava alla villetta.

Luca rimase solo. Accese la televisione in cerca di cartoni o belle signorine. Poi si mise a giocare con il regalo del suo decimo compleanno, un piccolo videogioco con televisione incorporata, che faceva un casino infernale quando voleva. E anzi c'erano pure delle volte che lo accendeva solo perchè facesse casino. Come spesso accade ai bambini, nel casino si addormentò.

Sognò il solito sogno. La scuola aperta, la ricreazione, lui che tira sberloni ai suoi compagni più piccoli in particolare Alberto Pica, un grasso nano, una palla oleosa con quei capelli radi e sottilissimi. Lui è lì e dà dei fortissimi coppini ad Alberto che piange ed urla. Lui ride. Alberto a un tratto alza la testa e gli tira un violentissimo pugno sul mento. Lui ride ma il pugno gli fa male. Chiude gli occhi. Alberto sta scappando, scappa come una lepre, scappa dalla scuola. Lui sente la sua paura e lo insegue. Alberto si sente spacciato e fa una cosa che Luca non si aspetta, si lancia a capofitto in mezzo alla strada. Dopo c'è una grande frastuono e un lunghissimo prato verde e tante donne bellissime vestite come principesse che danzano leggere e magnifiche. A questo punto del sogno sente shpejt,shpejt e un grande frastuono.

- NON URLATE!- ringhiò Carmine. Ma quelli erano agitati, avevano tirato bamba, e se ci fossero state donne in casa sarebbe stato un grosso problema. Il ferro tanto lo aveva lui ed era anche piuttosto pronto. In tre si sparpagliarono per la bella e spaziosa villetta. Carmine giunse in camera da letto frugò senza troppo garbo dappertutto. Un po' di soldi li trovi sempre. Si accese il monitor del computer, sotto c'era un programma, Carmine lesse i file scaricati, dai titoli bizzarri. Schiacciò un tasto e partì un filmato con una bambina che entrava in un bagno e si metteva a pisciare. Co dio, pensò Carmine.
- tu sei un bandito? - al primo suono Carmine si era girato con la pistola puntata davanti a sé. Ma non c'era nessuno. Poi guardò in basso e vide questo babanetto sulla sedia a rotelle con l'aria un po' addormentata.
- Una pistola, disse il nanetto, allora sei un bandito?
- Beh, disse Carmine ripigliandosi, in un certo senso.. comunque stai tranquillo, non ti faremo male..
- Mi fai vedere la pistola?

Carmine ha 19 anni, si trova lì più per scommessa che per credo, questa cosa non l'aveva calcolata. Non si sentiva pronto ad ammazzare nessuno, ma il bambino sulla sedia a rotelle aveva visto. Mentre pensava a tutto questo con una preoccupazione crescente diede in mano meccanicamente la pistola al bambino.

- E' pesante!
- E' di ferro..
- Come si usa?
Riprese la pistola che il bambino gli passava e glielo fece vedere.
- Mi ucciderai?
- Non ti faremo del male, disse, stai tranquillo. E' una cazzata questa.. un furtarello.. ma ce ne andiamo subito..
- No dai, stai ancora un po', disse il bambino, io, disse, io non vedo mai nessuno..
- Come, beh come mai sei così?
- Mi ha messo sotto una macchina. Stavo inseguendo uno stronzo per picchiarlo.
Carmine rise. Poi si fece un po' triste, il pischello gli stava simpatico, poteva avere l'età di suo fratello piccolo. Suo fratello non avrebbe mai fatto il muratore, lui non lo avrebbe permesso perdio.
Shpejt, Shpejt!!! urlavano da sotto, CarminacarminaShpejt!
- Devo andare..
- Portami con te, potrei, potrei.. potrei pulirti la pistola..
- Non sai pulire la pistola
- Me lo insegni tu..
- Non posso, non posso..
E scese le scale, poi si fermò si girò e gli disse
- Ma era proprio stronzo quello?
- No, disse il bambino triste, mi sa che ero più stronzo io.
- Stai tranquillo.. Tutti ci prendono per il culo prima o poi. Ma poi tu diventi più cattivo e puoi sempre vendicarti.. che cazzo dico.. vuoi veramente venire con me?
- Si, vorrei avere una pistola come te.
- Una pistola e cosa ci faresti?
- Ucciderei mio padre, proteggerei la mamma. Mi capisci?
- Si, disse Carmine mentre scendeva le scale, si amico mio, disse.

lunedì, agosto 07, 2006

Il re e il suo regno

Si mise sopra quel piccolo piano, lungo la salita, che un giorno qualche frate aveva usato come cacatoio, proprio lì di fianco alla panchina. Non ebbe troppa pietà per i due tredicienni che stavano amoreggiando lì sopra. Non gli interessava. Stava lavorando. Bisogna scattare una fotografia, bisogna inventarsi una splendida cartolina. Piantò il trepiedi per terra, montò la macchina con una certa accuratezza, starnutì, si schiarì la voce e si soffiò il naso. Guardò la posizione del sole, calcolò la luce, la prospettiva, il volume di fuoco e mirò. Si incazzò terribilmente quandò contò nello specchietto di mare, in cui consisteva la baia, un numero intorno ai quarantacinque yacht da imbarco puttanoni. Quelli proprio sfacciati, quelli che non hanno altro scopo che sbattere in faccia agli altri il proprio successo. Si incazzò e questo scatenò in lui un sentimento strano, una cosa che non gli succedeva dalle elementari, l'indignazione.

La baia vive di anarchia, un'anarchia spietata che vive ogni giorno l'eterna battaglia tra luce e buio. Verso le otto di mattina comincia ad accogliere i primi anziani che vanno a bagnare le zampe timidamente sulla battigia, in un'acqua che non è pulita, ma almeno sembra salubre. Poi arrivano i primi ragazzetti, quelli che la sera prima non han potuto andare a dormire tardi, con le famiglie le piccole tenere e stronze famigliuole borghesi italiane, che non hanno una vera e propria età, una vera origine. In essa i singoli si disperdono in tanti ombrelloni, veri funghi estivi, vero frutto del deserto sabbioso. Eppure sono loro il Bene e infatti bagnati dalla luce dominano il giorno per intero, trasformando la bella cartolina in un carnaio. Il carnaio, il brulicare fitto di queste varie umanità si riempe poi nel pomeriggio di figa e coglioni. Ai programmi familiari insomma si aggiunge un po' di moda, a tratti volgare si, ma nelle regole in fondo. Tutto questo dura fin quasi al vespro quando crudeli e magnifici cominciano ad arrivare i primi ubriachi molesti, i marcioni, i tossici. Ecco con la notte quell'anarchia posticcia e molto commerciale si trasforma e diventa un luogo di libertà, anche troppa. Ma questo luogo ha delle gerarchie, ha un re. Il re della Baia non lo divenne in un giorno solo, ci si trasformò e pagò un prezzo pure.

Un'estate non troppo lontana, i bagnini secolari, gli scioperati camerieri dei locali per vip con terrazza sul mare e qualche suonatore si trovavano su una barchetta turistica praticamente abbandonata a se stessa. La loro funzione, dopo le sette di sera, era quella dei gabbiani. Ma i discorsi che potevi sentire andando molto vicino non erano mai banali, seppure volgari o depravati. Era più questo che il resto a innervosire il carnaio. La moda dei bagnini rincoglioniti e palestrati si era già insinuata, ma sembrava essere lontana dall'attecchire. Insomma stiamo parlando di una specie di estate mitica. Quel giorno Ettore stava parlando con tono ispirato di un amico scomparso, che nessuno lo trovava più..

Un bravo cristo insomma che aveva un po' esagerato e chissa perchè poi? di famiglia stava bene, un tipo divertente, poteva avere non dico tutte, ma insomma, anche a donne se la cavava. E non era mica la prima volta che spariva. Magari ecco quello un giorno si svegliava che doveva andare a scuola, prendeva il treno e mica si fermava andava dritto. Poi arriva il controllore e scende tipo a Pavia, poi ripiglia sale su un treno pendolari e giunge a Milano. Poi da Milano a Venezia passando il viaggio in compagnia di una punkabbestia che se lo beccia e gli frega il portafoglio. E così senza documenti sto bastardo arriva a Vienna. C'è stato un po', lo hanno raccolto degli zingari, secondo me ha pure dato via il culo qualche volta. Poi un giorno arriva alla frontiera slovacca e si mette a litigare con i doganieri slovacchi perchè pensava che lo stessero pigliando per il culo, lui parlava in inglese e loro non capivano e rispondevano con una roba che era tutto sputi e madonnen. -Ma che cazzo è?, cominciò ad urlare, state alla dogana e non sapete manco l'inglese-. Ma lui non aveva documenti ed ebbe la peggio, anche se ci volle del bello e del buono per fargli sputare il nome e ancora di più per ricacciarlo a casa che lui non voleva tornarci. Suo padre fa l'avvocato e se l'è andato a pigliare. Quando è arrivato alla polizia di frontiera stava scrivendo sui muri della cella le declinazioni in inglese, con due secondini che lo guardavano interessati..

In quella passò un coglione, occhiali da sole e passerona a carico, che con il moscone, fece del gran casino di onde facendo cadere in acqua una delle chitarre. Ettore si alzò in piedi, e dato che il coglione era pure imbranato e incapace di virare il più lontano possibile saltò al balzo sopra la barca e prese a pestarlo selvaggiamente tra gli incitamenti della folla e ululando come un cane lo prese di peso e lo cacciò in mare. Quindi ridendo come un pirata, si mise a pisciare sul retro del moscone. Col tipo che madonnava, ma incapace di risalire anche a causa delle zaffate d'acqua che gli arrivavano addosso dalla barchetta. Ettore prese le chiavi del moscone e le cacciò in mare, poi con perfetto stile si lancia di testa e a tutta velocità ritorna a riva. Gli amici lo raggiunsero allo scoglio piatto dopo cinque minuti, lui stava fumando una canna rilassatissimo, come nulla fosse successo.

Per tutta l'estate il coglione cercò quel tipo che lo aveva trattato così, lo voleva morto. Ma non riusciva mai a beccarlo e la cosa era singolare perchè Ettore era sempre in Baia da qualche parte. A settembre, la sera prima di partire si fumava una sigaretta da solo, perchè la tipa lo aveva mollato dato che era proprio un coglione, e continuava a sentire risate e gorgoglii. Ettore era a tre metri di distanza che faceva l'amore con una tipa di Londra in vacanza. La cosa divertente è che Ettore non sapeva una fava di inglese.

Il fotografo giunse davanti al comune. Il palazzotto tragico in perenne ristrutturazione. Intravide il vicesindaco. Era costui un vecchio dirigente democristiano abile a parlare in pubblico ed esperto nelle faccende diplomatiche, uso al compromesso più di ogni altra cosa.
- Mi scusi, disse il fotografo
- ah è lei, volevo giusto parlarle del calendario, ci sarebbero alcune richieste su scorci particolari, villette da includere nel campo visivo, diciamo, ma, mi scusi mi dica..
Il fotografo cominciò ad arrossarsi. Era una persona timida, grigia e con occhiali spessi e butterati. Ma il suo mestiere lo sapeva fare bene e questo col tempo gli aveva regalato del senso civico. Ora il senso civico stava bollendo, con grandi difficoltà per il resto del cranio.
- La prego venga con me.. andiamo un secondo in baia, disse
- Uhm, va bene, così parleremo delle foto meglio
Giunti in spiaggia il fotografo allargò le braccia verso le innumerevoli barche schierate in pochi metri quadri.
- E' uno schifo, disse
- Eh lo so, ma sono dei begli introiti sa?
- Ma io come faccio a fare le foto? questi restano sempre qui lo sa?
- E lei faccia le foto alle barche.
- Ma io sono stato pagato per fare le foto alla baia non alle barche Gesugesu!
- Guardi non possiamo farci niente..
- E' uno schifo, disse Ettore spuntando all'improvviso. La sua apparizione, con quella faccia da ramingo cattivo, inquietò istantaneamente il vicesindaco poveruomo che soffriva di cuore e si era appena risposato, lui sessantenne, con una giovane rumena che già ci pensava da sola a farlo inquietare.
- Sti bastardi cagano in mare diretto, porcaputtana, guardi là c'è un bambino che sta giocando con uno stronzo galeggiante - disse Ettore
- ma.. abbozzò il vicesindaco
- Paolinoo, gridò la nonna a Paolino, che era il bambino con lo stronzo, Paolinoo cosa hai trovato?
- Ha trovato uno stronzo signora lo faccia venire a riva..
- Silenzio.. sussurrò il vicesindaco, che pubblicità.. ma cosa siete voi, pazzi? ne va della reputazione della città insomma!
- Ma sto mare è una latrina! disse il fotografo

Il vicesindaco era democristiano, tuttora, nel suo cuore loo era proprio, non era un animale da scontro. Fu in quell'occasione animale da fuga. Lasciando cadere il discorso in modo perlomeno buffo, alzò i tacchi senza manco salutare..
- Giunta! giunta! bofonchiò andandosene.
- E se non spegnete quei cazzo di fari là sopra li spengo io! hai capito? gli urlò dietro Ettore.
Ma quello se ne andò e alla fine con fare rassegnato se ne andò pure il fotografo, Come al solito dopo un po' se ne andarono tutti. I fari, che avevano messo apposta perchè i milanesi con le case in baia si erano lamentati dei molesti serali, si accesero al solito alle 21 in punto, come sbirri al penitenziario.

Ettore giunse a casa di suo nonno verso le 22. Entrò dentro e chiese una cosa in prestito al poveruomo. Quello gli disse di si pensando che gli avesse chiesto di andare al cesso. Ettore arrivò in baia alle 22 e 20 puntò la balestra e come un Dio oscuro, in quattro colpi regalò al popolo della notte il suo amato buio.

domenica, agosto 06, 2006

la parola "amore"

Si svegliò con un gran mal di testa. La bocca sapeva di vomito e vuoto ed era tutto dire. Tanto oggi niente scuola, già. Fece una lunga doccia gelata, mentre fuori cominciavano gli schiamazzi del mercato rionale. In casa non c'era nessuno, zompettò in giro per casa nuda, abbastanza addormentata ancora da trovare la cosa divertente e infine si fece un caffè.
La mamma aveva lasciato la caffettiera pronta sul fornello. Una caffettiera che aveva comprato lo stesso giorno che erano andate a vivere lì dopo che Luigi, suo padre, era morto. Non era proprio morto, ma una cosa così, almeno per lei. Si vestì alla leggera e intanto pensava a come avrebbe raccontato la serata prima ad Angela e alla Lory.
Uscì e col motorino arrivò in centro dove lavorava sua madre. Era quasi l'una e di solito d'estate la andava a prendere, così nell'ora mangiavano insieme come vecchie amiche. Questo succedeva ininterrottamente da sei anni, che lei andava ancora alle medie, pure col brutto tempo, pure se erano reciprocamente incazzate, pure se non si aveva proprio voglia. Era un rito, con la forza di un rito. Ma certe volte era proprio bello, a lei piaceva vedere la mamma felice, vederla sorridere la faceva sentire, non contenta, tranquilla. La mamma era buona ma non invincibile. Era una delle prime lezioni che aveva imparato.
Ricordò, mentre percorreva il viale di palme fino ai palazzoni nobili dove mamma lavorava, ricordò l'unica volta che l'aveva picchiata. Avrà avuto quindici o sedici anni, da giorni chiedeva se poteva farsi un terzo orecchino, che le piaceva, che tutte già avevano, e alla sera era tornata a casa col buco fatto e un'infiammazione. Sua madre le aveva detto di non farlo. Quando la vide, la vide scura chinata sul tavolo della cucina a pulire i fagiolini ad uno ad uno, con la faccia tirata dalle bollette dell'acqua. La mamma si alzò, le sfiorò con una carezza i capelli per vedere meglio l'orecchio, poi le mollò una mina sulla guancia opposta che la sbattè per terra e se ne andò in bagno. Quando si tirò su la sentì piangere dietro la porta, di quei pianti costanti e monotoni, ma silenziosi e appenna scanditi dal respiro che si faceva piano tutto ad un tratto.
Entrò nel portone, quei bei portoni barocchi, perchè i ricchi ci sono sempre stati, e vide il culone familiare di sua mamma dondolare avanti e indietro con una certa allegria mentre saliva strofinando le scale.
- ciao ma - disse e mentre questa si girava, vide Anna scendere le scale in quel momento, con un nuovo vestito, un nuovo costume, e quella faccia succhiacazzi impunita che aveva sempre tutte le volte che non c'era l'uomo ufficiale in giro.
- Ciao Giulia, vieni al mare con me? hai da fare?- le disse mentre scendeva senza degnare neanche di uno sguardo la donna delle pulizie.
- Non penso Anna, sono venuta a trovare mia mamma- e la indicò lì in terra, con un cenno.
- ah - fece Anna - peccato c'erano anche gli altri sai? c'era anche Tommy e Robbie..
- beh - quali sono le cose che pensava? probabilmente solo a non essere lì, di fronte a quel vestito nuovo e alla sua affascinante "amica dell'estate".
- e Simone, sai? oggi c'è anche Simone. Se hai tempo, dopo possiamo vederci alla boa, davanti ai bagni, come al solito-
La mamma stava zitta e continuava a lavorare, ma aveva fatto un occhiolino a Giulia di nascosto, girandosi per poco. Giulia sapeva che l'avrebbe fatta andare subito. Faceva sempre così, e lei si mise a contare meccanicamente i secondi che sarebbero passati da lì al momento in cui Anna se ne sarebbe andata. Si mise a fissare il pavimento dove era posato lo straccio di sua madre, e lo continuò a guardare nelle sue intersezioni mentre ci passava sopra il nuovissimo sandalo Gucci di Anna. Non siamo tutti uguali, pensò. E sorrise, mentre Anna la salutava, con gli occhi altrove, gli occhi spenti.

Entrò in casa di corsa mettendosi addosso il più spietato scazzo, Jake non aveva pietà per sua madre o suo padre, c'aveva fretta oggi, mangiare, dormire un'oretta e partire. Non si girò nemmeno quando suo padre gli urlò qualcosa sul lavoro. Dormì poco, non dormì quasi, sconvolto e infastidito da tutti quei rumori che si sovrapponevano alla quiete, al riposo. La tuona era drastica, era senza coscienza. In quel momento e proprio in quel modo si rese conto di essere innamorato. perchè proprio lì ed ora, si metteva a pensare a lei e al suo viso, e successivamente alle sue tette al suo corpo come una linea ondulato e scoppiante vita, esuberante vita. Ciò di cui aveva bisogno, perchè la routine quotidiana e frenetica non aveva peso, ma aveva ragione pratica. Fedeltà. Lealtà e senso del dovere si presentavano improvvisi ai suoi occhi con una violenza estemporanea. Da qualche mese ormai. Eppure aveva imparato la grande lezione.. Non c'è male che ti perseguiti per sempre sai? chi glielo aveva detto il nonno?. o un amico fidato che si occupava di lui proprio in quell'ora desolata.. e quante ore desolate c'erano state oramai? e il dubbio fino, insinuante allo stremo dell'animo, la domanda più ovvia, se era davvero quello il dolore? o un plastificato romanticismo irreale come il resto? Come il resto, l'incubo, violento e nella velocità immobile.

Fu la bava a colargli nella gola, e un improvviso bisogno di cesso, a svegliarlo. L'orologio e la fretta arrivarono dopo. A poco a poco, subentrarono anche loro con la razionalità. Meno di cinque minuti e poi lei sarebbe andata a lavorare. Lei per cui fare qualunque cosa. Lei che non era niente se non un'immagine. Una madonna.. Madre, madre abbracciami, pensò lavandosi addosso litri d'acqua da finire per terra. Eppure, nulla la bomba in testa non passava e anzi, nel fragile comporsi di sonno ed ebrezza, si moltiplicava nello specchio lucente degli occhietti rossi.

Fare la cagna tutto sommato è semplice. Basta chiudere gli occhi e sorridere, pensò. Si disse, quante volte è successo? Quante volte ho lasciato che fosse il sangue a decidere e non io. Le occhiate di Simone e del suo migliore amico l'abbronzavano più del sole. Ma loro erano innocenti sapete, Giulia era bellissima. Era piccola come una piccola bambolina cicciotta e liscia, liscia che pareva colare quel colore bruno della pelle, per scintillare odore di sensi. Vestita di un fragile rumore di niente, esplodeva a tratti il suo essere donna, il suo piccolo e privato essere donna. Che chi non avesse capito, chi avesse desiderato troppo o chi avesse ben pensato avrebbe giudicato osceno. Come dar fuoco a una croce, tanto era pagano il suo seno, il suo sorriso compiaciuto. E lei li guardava e leggeva nei loro occhi tutto questo.. e più in fondo dove tutto questo non esiste più, dove il sesso diventa vecchio, lì vedeva senza saperlo se stessa, distesa tra cumuli di neve azzurra.
Simone o chiunque altro. Nient'altro. Nulla che potesse durare più di domani, lei questo pensava mentre quei poveri imbecilli la immaginavano stesa sotto di loro, come un letto o un motorino.

Correva senza senso, senza speranza, nella più profonda sua età. Correva perchè senza pensare aveva deciso che lei era una giustificazione al Rischio, tanto bastava. Nient'altro serviva. In un momento di forte vento laterale sulla vespa, blu come il mare che schiamazzava di fianco, pensò, si chiese, perchè? perchè non combattere invece? perchè se tutto questo non era che un riscatto, perchè perdersi dietro una che mai avrebbe capito. E capito cosa? - si disse, maledicendo con la bocca un imbecille pieno di soldi e fortuna che gli aveva suonata, capito cosa di me? cosa sto facendo? - si disse e intanto la velocità era più ripida del mondo infame, in questo aiutata dalla tuona maestosa che gli scorreva. Lui la ringraziava, in realtà, adorava quella tranquillità placida, plumbea che lo permeava dal frastuono, dalla normalità.

Giulia si era fatta osservare abbastanza. Doveva lavorare. Il dovere era una cosa, era sua madre, e lei lo amava quel "dovere", lei amava quella donna cocciuta e indifesa. Fecero i galanti come in un film con Boldi. Perchè questo era il meglio del meglio. Perchè il meglio del meglio fa schifo. Lei sorrise tutto il tempo, quasi muta fino a che non se ne liberò. Poi volò al porto, al ristorante, attaccava alle sette, fino alle due, in nero nero, tipo black out. Quando scese al posteggio del porto, pensando a ste cose, disse tra sè un pò stupidamente, la prossima volta voto i comunisti.. poi vide arrivare una vespa blu. Il tipo lo vedeva sempre a quest'ora, lavorava lì vicino. Non l'aveva mai salutata, pensava di non piacergli. Ma poi si era resa conto che ogni tanto la guardava. Lei sorrise, lui la vide di lontano, la macchina non vide lui, lui planò molto, molto lentamente sull'asfalto, del tutto casualmente di fronte a lei.

Lui nel volo pensò, che figata, adesso le cricco vicino, vaffanculo diaccio, se finisce così son felice, maledetto donami la pace. Prese un colpaccio secco, sentì il sangue sulle gengive, sentì il suo profumo e aprì gli occhi e la vide lì davanti.
- Sei bellissima, disse
- Stai bene?, disse lei in un sorriso

Si misero insieme due mesi dopo, quando lui uscì dll'ospedale. Lei era sempre bellissima.

- Resti ancora qui con me? le rispose e lei quel giorno al porto capì tutto, proprio tutto.