domenica, ottobre 22, 2006

Nella vita vera

Infine un giorno mentre camminava in centro tra una vetrina e l'altra realizzò che tra due giorni sarebbe tornata sù. Dopo un mese passato nella compagnia di Nadia, una settimana prima, di sera era successa una cosa insolita. I ragazzi avevano l'età di Nadia o poco più ed erano più grandi di lei. Daniela vedeva Nadia, Maria e le altre più belle di lei, aveva iniziato ad imitarle, piano piano, con pudore.. E a poco a poco aveva imparato, da tutte e due, anche se in fondo erano così diverse. Nadia era dolce, ma con gli altri era distante di solito, spesso si scuriva improvvisamente, a volte se ne andava persino, lasciandola lì. Era successo fin da subito. Ma allora l'aveva adottata Maria, che era semplicemente pazza, si fumava parecchie canne, era quasi sempre contenta, attiva, nevrotica, paranoica, ossessiva, tenera, volgare.

Maria ha uno stile aristopunk, si vestiva sbragata e in questo tendeva ad essere terribilmente influenzante. Maria era anche sanamente mignotta. Nel senso che, come diceva lei per spiegare la definizione di sua invenzione, aveva un sano rapporto col sesso. Era persino intrigante quando cominciava a parlare di scopate e poi ad un tratto prendeva ad utilizzare termini medici per descrivere le situazioni che si possono creare nel retro di un'utilitaria. Daniela cominciò ad interessarsi all'argomento molto presto. Maria mentre guidava e la portava in giro per i bar all'ora dell'aperitivo, girando di paese in paese, era capace di fischiare ai tipi carni che vedeva passare in motorino oppure ad esordire nel pieno di una di quelle squallide canzoncine per l'estate dalla strofa tenera tenera, con un rutto virile, frutto di anni e anni di esperienza con maschiacci.

Maria non leggeva, andava poco al cinema, studiava solo quando voleva e quello che le piaceva, ma adorava ascoltare musica per ore e ore, in camera, in macchina, sotto la doccia, mentre faceva qualunque altra cosa. Una sera erano passate a prendere Daniela con Nadia. Dopo un'ora si trovavano in autostrada ai 170 a urlare canzoni. Le canzoni erano rigidamente alternative, cattive e sostanzialmente distorte. La distorsione, spiegava Maria, era una forma d'impressione per rendere la verità.

- i violini ci sono mai? non ci sono mai. Al limite degli arpeggi sottili sottili, con i bassi che ruotano intorno, che cullano.. ma ad esempio, se scopo, no? se scopo io sento Purple Haze, sento questo..

E parte come un'uragano Hendrix, che finisce giusto dalle parti di Pisa. Non scesero dalla macchina, continuarono a correre al buio. Stranamente Maria era lucida, c'era tensione con Nadia, si sentiva, ma per una sera proprio Nadia fu esemplare, serena come raramente era. Anche lei era lucida. Daniela si addormentò piano piano mentre el altre due davanti discutevano a bassa voce di due amici che si stavano lasciando, la voce di Maria che era in quel momento bassa e dolce le fece pensare ben altri discorsi, altre immagini. Si sdraiò sul sedile dietro con la faccia in su guardava fuori i lampioni gialli, bianchi al neon e poi il buio improvviso della campagna che l'autostrada e loro violavano a una velocità frenetica. Pensò a una piccola via, che era una scorciatoia per arrivare a scuola. Una viuzza stretta tra due palazzoni, le parole sussurrate, l'attesa, il colore grigio delle nuvole che non partorivano nulla, e lei lì che si baciava per la prima volta, stretta contro una parete scomoda. Tutta una distanza particolare adesso, ricordava le scarpe che aveva quel giorno perchè le aveva guardate subito dopo aver riaperto gli occhi.

Come girano i colori ed i sapori nella vita vera?
Qui per ora è nero come angoscia e amaro come fiele
e lì?


Erano le cinque di mattina quando ascoltò questo. Il finale di una canzone. Erano dalle parti di Firenze, ma Daniela non aveva ben afferrato il giro che avevano fatto.
- Andiamo al concerto? dice Maria
- Sei mai andata ad un loro concerto? chiese Nadia
- No, le esperienze di Daniela in materia musicale si stavano consumando tutte da quando aveva conosciuto loro due. Stava subendo un'educazione forzata e molto efficace. L'unico suo concerto erano stati i Backstreetboys. Un po' si disprezzava ora.
- Andiamo con gli altri, allora.

Veramente, cominciò davvero proprio lì. Al concerto ci andarono con quella specie di compagnia che erano. Daniela non conosceva tutti. Però era caruccia e questo aiuta sempre l'inserimento. La sera che partivano si scatenò una specie di gara tra i maschietti che si contendevano le attenzioni di Daniela. Il concerto fu adrenalina pura, più canne e birra da non riuscire più a ricordare nulla. Solo uno di loro aveva la faccia tirata e ogni tanto provava a chiamare qualcuno al telefono che non rispondeva.

Stefano, per tutti Beccia, vinse il premio. Beccia sa esattamente cosa fare, ad istinto, conosce le reazioni alle parole, anche se è un po' grezzo, a tratti prepotente nel provarci è sempre il più convincente. Sa come regalare il segreto dei segreti, senza pronunciare una parola.
Tu sei unica dice con gli occhioni da cucciolo in mezzo a quella faccia da delinquente borioso. E loro cadono. Poi come una bella meteora passa, non lo vedono più. Ne' riescono a sentirlo. Lui è molto romantico però, così quando si rincontrano..

Daniela si vide con Stefano per tutta una settimana. Una notte sotto le stelle, mentre tirava dal mare un'aria fastidiosa, Lui le mise addosso una felpa per coprirla. Mentre lo faceva, la guardò in quel modo e lei capì che sarebbe stato con lui. E glielo disse nella stessa lingua, sugli occhi. Questo lo stupì.
E di più si sorprese quando scoprì che lei era vergine. L'aveva portata a casa sua, nel suo bel letto, la scusa era farle sentire un pezzo, ma quando erano entrati in camera qualcosa si era impadronito di tutti e due. Così fluirono insieme per un po' con lui che si accorgeva col passare dei minuti di adorare quel corpo morbido e la voce, la sua voce lo stregava e le sue mani il suo sguardo che gli avevano dato un compito grosso. Di solito l'avrebbe considerata una scocciatura, ma ora con lei era una cosa così intensa, si sentiva spaesato, agitato, scosso dalle immagini di movimento sotto sopra, e tutto fu un continuo avvicinarsi a strattoni e precipizi verso quella cosa che gli uomini chiamano felicità. Senza condizioni.

Si reincontrarono qualche mese dopo. Pioveva e molte cose erano successe. Lei era tornata per un ponte. A Milano aveva lasciato una mezza storia. Lui la aggiornò su cose che lei sapeva già per via di Nadia e Maria. Ma lo stette a sentire, e continuando a camminare finirono in baia con l'ombrellino maltrattato dal vento, che era l'unico riparo. Così stringendo le mani sul manico che si piegava tutto si trovarono di nuovo a specchiarsi l'uno nell'altra. E lui ancora una volta glielo disse. Ma stavolta era da due mesi che non pensava a nessun altra. Lei lo strinse e gli diede un bacio dolce di pianto e lungo, lungo come tutto il tempo che era passato. Poi si staccò e si rese conto di non amarlo più.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mi piace pensare che sia ovunque così, il volontariato.