lunedì, settembre 24, 2007

il freddo

Passarono i giorni, noi eravamo sempre insieme, noi tre o noi quattro. All'inizio Nora e Laura erano inseparabili. Venivano a svegliarci a mezzogiorno, fumavamo canne e mangiavamo insieme, poi guardavamo la tele, poi dormivamo, insomma eravamo una famiglia. Loro due si presentavano da me al bar ogni sera poco prima che venisse il tempo della caccia a chi gli avrebbe offerto da bere per il resto della serata. i candidati erano tuti dettati dalla possibilità e dalla comicità in effetti, solo di rado si rivolgevano a tipi carini. Andavano bene pure i vecchiacci. A fine serata o poco prima Laura faceva il suo trionfale ingresso nel locale brandendo il solito long island.
-anche stasera abbiamo fatto le cattive bambine.
-mi hai preso per un prete? per te sono un fottuto prete?
E in effetti confessava con dovizia di particolari, con noi era come se fossimo tutti maschi, Laura non aveva fratelli o rapporti simili, noi eravamo un feticcio divertente di questa cosa e allora ci cercava. tra le due era lei la dominante, ce n'è sempre una in un gruppo di donne.
- tu non potresti mai essere un prete, vecchio porco!
Laura era cattolica, da cartolina. E contemporaneamente non gliene fregava un cazzo, ma ci teneva, e lo faceva spesso, a rimarcare questa sua particolare fede.
- E allora cosa diavolo vuoi?
- è chiaro, da bere.. per premio puoi anche sgridarmi se vuoi..

Tano lo vedevamo di rado, sporadici rifornimenti di droga, eccezionali esperienze sintetiche sponsorizzate dalla casa di riposo dove lavorava, ogni tanto passava anche per vedere Maria. Quando ci vedevamo parlavamo del vecchio, lui si sentiva il più compromesso dalla vicenda. ovviamente. Era ancora all'ospedale, sempre piantonato, ma ormai aveva ripreso conoscenza ed aveva ricevuto la visita di un magistrato. Il piantone, diceva tano, era rimasto lì per le foto della bambina. Il vecchio bastardo doveva chiarire, ma Tano era preoccupato.
L'ho già detto vivevamo ai margini, vivevamo molto di droga e avevamo amici sbirri e amici delinquenti. E' normale, si deve sopravvivere in qualche maniera e le informazioni sono essenziali. La gente non capisce, se ti compri un etto di prizzo, può anche non essere per spacciare, può essere che te lo tieni perchè il rifornimento è sempre uno sbattimento rischioso, ma se ti sgamano con un pezzone nelle mutande ti violano il culo in un modo che fa male. per parecchio tempo, tra l'altro. Così diventa un gioco di pubbliche relazioni e di bilanciamenti, nel senso che passare per infame è sempre una cosa sgradevole. Comunque tano aveva paura, aveva sentito qualcosa che lo preoccupava molto a proposito del vecchio, già allora pensava che la vicenda non era affatto chiusa e che qualcosa, qualcosa sarebbe successo.

Agosto era torrido, non pioveva mai. Così era stato luglio, le riserve d'acqua erano sputtanate ovunque e a volte c'erano allarmi blackout per i condizionatori. Quando nmon lavoravo stavamo tutti al mare o prendevamo la macchina di notte e facevamo lunghi giri persi nella campagna dietro di noi. un giorno mi decisi e chiamai Anna. Presi una serata libera e andai sotto casa sua, avremmo fatto un giro, magari a cena fuori come ai vecchi tempi.
- non sono più i vecchi tempi, mi disse
- come stanno i tuoi? - sua madre era malata e suo padre era andato in depressione per la cosa, Anna sclerava a causa di questo e fuggiva appena poteva a Bologna. Non mi aveva più cercato.
- non te ne frega un cazzo dei miei come di me, Ale, lo sai anche tu
- non è che non mi frega
- cosa sei venuto a fare, Ale? sensi di colpa?
adesso non ero più sicuro. adesso le leggevo il freddo negli occhi, il colore dell'abbandono.
- allora? mi dicono che frequenti delle bellissime ragazzine. che diavolo vuoi?
la parola ragazzine indicava del disprezzo. è una cosa che ai barista capita spesso. in un bar mentre lavori non rimorchi delle avvocatesse in carriera o delle professioniste previlegiate. Se ci sai fare tiri su delle ragazzine, questo è proprio vero.
- sono amiche Anna
lei non rspose. si mise a guardarsi le scarpe che non gli avevo mai visto.
- sono nuove?
lei alzò lo sguardo, fece una smorfia per un attimo imbarazzata
- le ho comprate, si insomma le ho prese la settimana scorsa. sono di marca, ma non costano tanto, era una rivendita di merce coi difetti.
Mi guardò e si mise a piangere. Io l'abbracciai. Stette lì per una mezzora, solo a piangere e sentivo come un piccolo vapore sulla spalla. Poi se ne andò.
- deve essere così, disse, non deve essere così?
- lo sai come sono Anna. non so dirti niente
- no, disse, non lo so più. e neanche tu ale lo sai.

Pochi giorni dopo questo Laura scomparve. Nora disse che era tornata a Milano per fare delle cose, ma pensava che sarebbe potuta anche finire a Rimini. Laura era matta diceva, può fare ttto e il contrario di tutto. Dovevano avere litigato, lo credeva anche Lore, per questo era andata. Ma Isa aveva insistito perchè Nora rimanesse con lei nella villa al mare, così la piccola mi chiese aiuto per trovare un lavoretto. non fu difficile perchè Nora è bella e ci sa fare con la gente, l'atteggiamento giusto per una barista o per una cameriera e non fu affatto strano vederla a spillare birra da Umbe appena una settimana dopo. Stavamo spesso appiccicati anche se lei aveva i suoi intorti. E quella testa di cazzo ci mancava, si sentiva.

Una domenica mattina avevamo deciso di andare a fare i tuffi alla Carega grande, un grosso scoglio a puttane lungo il promontorio, fuori dalla baia. per arrivarci bisognava andare in barca o passare dal bosco. Un vecchio amico mi prestava una lancetta di vetroresina ogni tanto una cosa sfigata dello stesso valore di un pedalò in mare. però utile. Andai a prendere Nora da solo a casa, Lore quando io ero uscito stava raccontando al cesso cosa aveva mangiato la sera prima.

- Ciao, disse Isa, come stai Ale?
era tempo che non la vedevo, sulla sedia a rotelle aveva i capelli raccolti all'indietro e la faccia riposata e serena se non fosse stato per una specie di velo grigio sugli occhi che la faceva sembrare assente.
- non so, non so Isa, fa caldo, dissi
- già. Sembri stanco, sei dimagrito?
- Lavoro tanto Isa, tu invece sei raggiante questa mattina
Arrossì.
- Nora sta arrivando. ha detto di dirti che non ci metterà più di cinque minuti, ma se è come mia sorella potrebbe mettercene dieci. Ai tempi felici, mi disse, un maschio poteva aspettarmi sulla porta anche mezzora.
- E' giusto Isa, sei bellissima, anche adesso potrebbe aspettarti anche un'ora un maschio
- si, dice
- Laura che fine ha fatto?
- oh, lei è come me, non le piace legarsi, non ha un posto - rise cattiva - lei sa cosa fare..
- ma torna?
- forse. disse
sentimmo Nora uscire dal bagno e zampettare veloce con gli infradito verso di noi.
- ci potremmo vedere una di queste sere, se mi aspetti, all'uscita
- si, dice Isa, si, quando non hai di meglio da fare, io sono spesso qui, spesso, dice e guarda Nora che è magnifica ed è vestita per modo di dire.
Arenammo la lancetta su una spiaggetta vicina allo scoglio e passammo il giorno a giocare, a parlare e a guardarci negli occhi in silenzio. A ridere anche senza capire per cosa. Mi sentivo un ragazzetto, mi sentivo come lei e non pensavo a cose brutte, mi fermavo prima, poco prima del limite. A sera, quando il sole prendeva a calare alle nostre spalle ci rendemmo conto che il mare era impraticabile. Troppo casino, le sarebbe venuto il mal di mare e dovevamo lavorare dopo. Così nascosi il mezzo sotto a delle frasche e prendemmo lavia del bosco. Era questo un vecchio sentiero che partiva dal centro di l. e si arrampicava su per la collina e finiva con tante picole arterie periferiche in mare. I ragazzi che dovevano scopare o avere robe clandestine passavano di qui. Anche i tossici patentati. i primi tratti di strada erano infatti pavimentati a gondoni e siringhe e affini. Ridevamo e facevamo quelle cose che fanno una ragazza eun ragazzo insieme se stanno per affrontare il punto della questione tra loro due. Era una cosa carnale, chimica. Senza dubbio era una cosa che aveva a che fare con il cazzo, ma era soprattutto che mi piaceva da morire, come un gelato da bambino.

Quella sera dopo tutto il casino che sarebbe successo, venne a dormire da me. Aveva le mani calde e la fronte fredda quando mi disse
- Ci sono volte in cui mi sento perduta, mi sento che nessuno, nessuno.. ho il terrore di non essere importante per nessuno capisci. tu capisci? ho il terrore di non essere niente.
ed era chiaro che non capivo, perchè non potevo non pensare al bosco, e in quel momento non riuscivo che a pensare a lei. A lei che non era niente e baciai quel niente improvviso che era capitato con l'idea che l'avrei baciato anche il giorno dopo.
Nel bosco, ore prima, lei si era fermata e aveva indicato qualcosa appoggiato a un tronco di pino. Una cosa piccola e rannicchiata. Chiamammo e non rispose nessuno, ma fin dai primi passi incontro riconobbi un cappuccio di felpa tirato sulla testa. Quelle felpe grunge uscite dagli anni 90' sopravvissute a tanti rivolgimenti.
- Stai qui, stai ferma dissi
piano piano arrivai vicino all'albero, i capelli lunghi e castani uscivano dal cappuccio e si riposavano sulle spalle. Era una ragazza, le toccai la spalla e vidi lo sbocco sui jeans. Era dura. La toccai di nuovo, con più forza, il corpo cadde di lato, anche il cappuccio cadde.

Aveva la bocca sporca e i grossi occhiali da sole come incastonati in faccia, nella mano sinistra stringeva un pezzo di carta attorcigliato, sulla gamba destra i jeans erano tirati su fin quasi al ginocchio, il piede era scoperto. Era molto bella e molto diversa da come la ricordavo, non la vedevo dal funerale di jake, gli erano cresciuti i capelli, molto. Vent'anni forse, quasi. Era Giulia.



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