mercoledì, luglio 26, 2006

Bestemmia

Matteo girava senza un cazzo da fare, ed era nervoso, ma non sapeva assolutamente come trovare i soldi. Son tanti trecentoeuro, fottuti, Marco aveva detto che li doveva portare alle 11. Era una specie di prova. Quelli di Genova non scherzavano per niente, non erano dei cazzoni. Gente dura, idee chiare. Le 11, erano le nove, ed era un casino. Erano andati là con la compagnia di Carmine. Carmine era di Catania, a quindicianni era andato a far il muratore con suo zio, erano gli unici italiani della ditta e comandavano. Carmine ce l'aveva con gli albanesi perchè erano stronzi, chiedevano meno ma poi non facevano un cazzo o non facevano un cazzo male che era pure peggio, diceva Carmine. Carmine era un bravo tomo, un terrone, ma si era rasato la testa e i suoi amici erano tutti cattivi che gli piaceva menare.
Quando erano andati a Genova li avevano aspettati in una cantina. Era un posto un pò squallido ma c'era un gran bandierone con la croce attaccato al muro e un sacco di manifesti del duce. Aveva parlato uno con un cappuccio in testa, Marco poi aveva detto che c'erano due poliziotti alla riunione, ma lui non li aveva notati. Avevano detto che servivano giovani, che erano fieri di vederli lì con loro al loro fianco.. Grand'uomo l'incapucciato.

Avevano detto che se lui e Marco volevano entrare avrebbero dovuto portare dei soldi, come iscrizione.. per far vedere che erano seri, che non erano dei ragazzini viziati in cerca di avventura. Marco aveva detto che si doveva fare, che forse una volta dentro gli avrebbero dato anche le pistole. A metà facciamo, ma Marco i soldi ce l'aveva, per lui era più facile adesso.

Matteo entrò in un bar alla cerca di ispirazione, si prese una tequila, due tequile. Si fermò e uscì fece ancora qualche metro fuori dal centro, ma prima di abbandonarlo si trovò al cospetto di un altro bar e non avendo ancora ben chiare le idee andò dentro a prendersi una birra. Con la paga da bagnino ti puoi permettere degli extra, ma non trecento euro pronta cassa, cazzo.. Nel bar c'era una signora che lo guardò immediatamente in cagnesco.
- ..sera- disse lui
- b u o n asera - disse lei con un certo scazzo, senza smettere di fissarlo con fastidio.
- una birra -
- ah una birra eh?-
- si una ceres grazie -
- in bottiglia non la posso dare, hai capito?
- come no?
- e no! e no! c'è l'ordinanza e se non ti va bene te ne puoi anche andare
- signora ho i soldi, ecco, mi dia la birra e grazie
- l'ultima volta gente come te ha fatto casino qui sotto fino alle tre! e poi il giorno vetri rotti per terra, e poi ci sono i bambini!
- ma cosa c'entrano i bambini io voglio una birra cazzo!
- fuori-
Matteo uscì con una rogna orribile. Matto. Raccolse una pietra si girò, prese la mira e si bloccò. Primo perchè stava arrivando gente. Secondo perchè gli era venuta una magnifica idea. Una rapina. Beh ecco magari un furtarello. Da trecento euro.. No in ogni caso servono dei soldi, soldi veri, che quelli di Genova non l'avrebbero mica preso un orologio o qualcosa del genere. Rubare soldi. Prese a camminare, pensando verbosamente, in uno di quei strani pensieri concetrici che alla fine non preludono a nulla di buono. In una viuzza buia scagliò la pietra contro una vetrata di un negozio sfitto. Sghignazzò e scappò sudando come una bestia. Al termine puzzava così tanto che era improponibile tornare indietro. Sbuffò e si sedette sul marciapiede con le gambe sulla strada. Guardò dall'altra parte: San Paolo, la chiesa. Facile.
Si alzò tirò fuori il coltellino e attraversò la strada con una certa circospezione in tipico stile da film, persino compiaciuto raggiunse la porta laterale della chiesa. Dava sulla canonica, facile, vedi a fare il chirichetto.. Povero don.. va beh entriamo si disse. La porta era pure aperta, troppo facile.. Troppo facile, la luce era spenta ma entrava dalle finestre il lampione dela piazza. Si mosse con accortezza, gli sembrava di essere fatto apposta per queste cose, gli sembrava proprio di essere bravo, mentre sgusciava piano dentro la navata illumintata dalle candele elettriche, poche, che restavano un pò tristi là in fondo nella solitudine totale. Si accorse in quel momento di due cose: non si ricordava da quanto tempo non accendeva una candela, e pensò che in fondo ne aveva voglia, anche senza particolari motivi. In secondo luogo adesso si chiedeva se fosse davvero necessario rubare in chiesa. O meglio dove rubare?

Si avvicinò piano all'altare, c'era un grande silenzio, non era preoccupato di nulla. Lì nella penombra gli venne persino un pò di tristezza, si fece prendere dalle paranoie e prima di salire l'altare si fece pure il segno della croce in ginocchio sul gradino. Vide la cesta delle offerte posata dietro il marmone che faceva da tabernacolo. Si fece prendere male e considerò l'ipotesi di arrancare lo sportellino del tabernacolo che era dorato. Si avvicinò e proprio di fronte al crocifisso gli venne un grande pieno di aria nella pancia che quasi lo fece piegare.
Mollo un peto a fatica anche per una sorta di imbarazzo mistico, poi un altro e un altro, finchè gli sembrò di star tranquillo. Con un pò di sudore in fronte, ma più rilassato girò di dietro cercando qualche altra porta dalla parte del coro. Trovò la stanzetta dei chirichetti, frugò ovunque ma c'erano solo tonache e un vestito da prete, di quelli da processione oppure da funerale. Uscì e sconfortato tornò in chiesa. Si avvicinò alle candele, cercò di accenderne una, ma si rese conto che bisognava pagare. Come una bibita. Allora decise di scassinare la cassa delle candele. Fece sforzo sulla porticina con il coltellino senza ottenere molto, a parte un nuovo scoreggione in canna. Mollò, ma mentre mollava si rese conto che era sciolta, che aveva bevuto troppo, che faceva caldo e che si stava cagando addosso. Stette fermo due secondi. Aveva mal di pancia, ma si era bloccato, guardò in basso e vide che le braghe non erano più utilizzabili. Fu preso dal panico.

In quattro soldi con la merda che gli si muoveva tutta addosso, si trovò dalle tonache, si spogliò completamente, estrasse tre o quattro robe bianche e rosse e ci si pulì tutto, cacciando ogni cosa per terra alla rinfusa. Ancora nudo entrò nell'armadio piangendo e ci mollò una cagata orribile. Finalmente esausto afferrò l'abito da prete e se lo cacciò addosso. Scappò di fretta e di corsa filò alla stazione tutto bagnato in faccia da sudore e lacrime. Incazzato nero e quasi ferito malediva la sfiga ad ogni passo pesante di corsa. Giunse sul binario sperando che Marco ci fosse già, quando lo vide cambiò idea.
- cazzo fai vestito così?
Cominciò a insultarlo e a scurirlo come un padre, con una durezza metallica e un tono fermo e pacato che era il tono normale di Marco.
- Io i soldi li ho. io vado.
Matteo lo guardò con occhi tristi e desolati.
- Vabbeh dai, questa me l'ha data Robbie prima. Sai che io non ne prendo di ste robe. Tieni. E queste sono le chiavi di casa mia, almeno lavati.
Fece come aveva detto. Andò, si lavò e tornò in centro che c'era ancora gente. Era solo e non c'erano amici. Niente fumo. Una serata di merda, guardò la gente passare dalla panchina e si cacciò in gola la caramellina di Robbie.

Si distese lentamente allo schienale e si lasciò cadere in un sonno devastato di incubi e illusioni o almeno così gli parve, perchè cominciò a fissarsi sui piedi che camminavano sulla passeggiata, piedi scalzi femminili e non e asfalto morbido che pareva cioccolato blu cenere e immaginò tante gambe stese tanti arti senza corpo stesi a migliaia su quell'asfalto lì davanti a lui con dietro un orizzonte diverso. Una luce orrenda che irradiava da un altro di quei maledetti lampioni a forma di palma, queste palme illuminate come nei presepi, un presepe con la neve sulle colline dietro e l'acqua che scorre di fianco alla tana dove questi due disgraziati si sono fermati a trovare rifugio e c'è questo bue che pzza di merda di brutto merda odiosa ma calda che riscalda il bambino che è nato e c'ha già la barba e sale sulla collina con chiodi piantati nel petto ed è bianco perchè dio è bianco o no invece ora che lo vede meglio è negro come il marocchino che abbiamo incontrato l'altra sera e giù botte che era finito dentro il bidone che Marco gli voleva dar fuoco perchè noi siamo immortali, noi non moriremo mai, e il negro con la barba è ferito e la ferita è leccata da tante vecchiette che ringiovaniscono a vita d'occhio e si scambiano sorrisi superflui e lui che dice:
Tu non sei se non sei nel tuo cranio tu non sei lo stomaco tu non sei il cazzo - e sta parlando a una folla di scheletri vestiti di marca che passeggiano piano piano come in una sfilata di moda di morti e sepolti da cent'anni e io non morirò mai perchè là c'è una madonna bellissima che viene a salvarmi.
- Matteo?
- ho un forte mal di testa - sgranò gli occhi, la guardò bene - quanto sei figa Barbie, come fai ad avere le tette così grosse, vedo tutto
Lei gli molla un ceffone devastante e poi lo guarda perchè lui non si è mosso di un centimetro.
- Scusa Barbie sono un po' svanito mi ero come addormentato, capisci
- sei un porco
- no è che che
Ma non finì la frase, perchè lei ora stava considerando che lui così lui in quel momento gli piaceva tantissimo e non si chiese perchè. Ma gli diede un bacio lì dove la guancia era rossa di male e quandop fu lì tirò fuori un pò la linguetta, perchè lui capisse che quello era il suo giorno fortunato.

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